Pandemia e mondo nuovo.
Disperazione e speranza, con un tempismo sorprendente, sembrano viaggiare appaiate nelle dichiarazioni ufficiali.
La pandemia rappresenterebbe il limite che una volta valicato dovrebbe portarci al mondo nuovo.
Il dolore aveva solo iniziato ad attraversare la Terra e già, nel maggio 2020, il direttore del World Economic Forum Klaus Schwab e il principe Carlo d’Inghilterra lanciavano il Great Reset, iniziativa per la ripresa economica e la direzione futura delle relazioni, delle economie e delle priorità globali in un’ottica di sostenibilità, come si può leggere sul sito del WEF.
Chiave dello sviluppo un capitalismo responsabile e inclusivo, che cerca anche, e sembra trovare, la collaborazione della Chiesa cattolica, impegnata anche in un parallelo dialogo con la Cina.
I grandi gruppi economici e finanziari dell’Occidente sono particolarmente attivi, e non da oggi, nelle organizzazioni internazionali e negli Stati nazionali, e di recente hanno abbracciato le grandi cause, dalla sostenibilità ai nuovi diritti umani alla lotta alla povertà, dalla green economy all’ambientalismo.
Dallo shareholder capitalism, il capitalismo di investimento a esclusivo interesse dell’azionista, dovremmo oggi arrivare, secondo Schwab, allo stakeholder capitalism, il modello basato sulla responsabilità sociale d’impresa, già a suo tempo avversato da economisti come Milton Friedman come incapace di una vera promozione economica e sociale.
Può infatti il grande capitalismo – quello sparuto 10% di detentori dell’85% delle risorse mondiali o 1% di persone che possiedono ricchezze superiori a quelle del restante 99% della popolazione mondiale (dati ASviS), cambiando l’ordine dei fattori la sostanza non cambia – sempre più onnipresente nell’organizzazione politico-sociale, economica e sanitaria, concorrere ad assicurare un ordinato sviluppo della società futura?
In un panorama che vede sempre più spesso organizzazioni internazionali e Stati in un ruolo secondario – data l’ingombrante partecipazione alla governance di potenze economiche (multinazionali) e politiche autoritarie (Cina in primis) -, piuttosto che soggetti capaci di assicurare, assolvendo allo spirito fondativo o alla funzione propria della democrazia rappresentativa, diritti, libertà e progresso economico.
Mentre un’Unione Europea sempre più verticista è sembrata spesso negare quella vocazione federalista che dovrebbe promuovere un sistema politico e uno sviluppo solidale degli Stati.
Cercheremo di comprendere – con un’analisi obiettiva e dati riscontrabili – la genesi dell’attuale situazione a partire dal grande disordine mondiale rappresentato dalla caduta del muro di Berlino.