Ogni giorno tornavo al mio albergo di bungalow nella piccola città di Tataouine nel Sud della Tunisia, all’inizio del grande deserto. Passando con l’auto nella stradina che porta all’albergo (del quale, fra l’altro, ero l’unico cliente) notavo un uomo in piedi vicino a un gregge di capre.
Stava sempre in piedi, appoggiato al lungo bastone che usano i pastori e che ha la cima ricurva come il manico di un ombrello, con la sua tunica bianca, il viso cotto dal sole e il mento appoggiato al manico del bastone. Dopo qualche giorno chiedo all’autista di fermarsi e scendo dalla macchina. Gli sorrido perché, da quell’intellettuale arrogante che sono, non penso che mi possa parlare in francese. Lui mi sorride. Ha capito cosa ho pensato e, sempre sorridendo, mi dice in un francese perfetto: «Buonasera Signore, cosa la conduce in questo deserto?»
Gli rispondo spiegandogli che sono li proprio per un progetto che riguarda l’allevamento. «Sono tue quelle capre? Quante sono?» «Sono una cinquantina…» Poi chiama un nome femminile: «Huda!» ed una grossa capra nera si stacca dal gruppo, gli si avvicina e lo guarda come per chiedergli ‘cosa vuoi? ’. Allunga la rugosa mano fra le sue corna e poi mi dice «Si, ho un bel gregge e sono tutte mie. Ho deciso di tornare a fare il pastore, come faceva mio padre, quando sono tornato dalla Francia, dove facevo il meccanico.
Il pastore ha moltissimo tempo per pensare ed io ho avuto molto tempo per capire che anche se le capre sono mie non sono loro al mio servizio, ma io al loro.»
Avevo pubblicato questa, storia qualche anno fa. E l’avevo intitolata ‘ la politica’, per le ragioni che tutti potranno capire. Non so se al mio amico Claudio potrà piacere di ricominciare il giornale che avevamo fondato da ragazzi con una storia di capre. Però Agitu Ideo Gudeta una piccola ragazza etiope ha riportato le capre sui giornali. È morta per mano di un uomo cui cercava di ridare una vita e una dignità. Ma il suo messaggio, anzi suoi messaggi, sono straordinari perché non vengono dalle chiacchiere, ma dall’esempio di una vita.
E suoi messaggi sono talmente tanti che si fa fatica a riassumerli. Nel suo paese ha combattuto l’accaparramento della terra dei piccoli agricoltori da parte delle grandi multinazionali. In Italia si è fatta amare dalla comunità di quella valle, mostrando a tutti che non conta il nostro colore, Ma quello che riusciamo a fare. Ha costruito la sua casa in una delle più belle valli delle nostre Alpi, per ricordarci quanto è bello il nostro paese ed il nostro pianeta. E che si può fare un cibo formidabile dal latte di una capra. Le aveva chiamate le ‘capre felici’ perché sapeva che questi incredibili animali, forti e testardi, hanno saputo vivere, come noi uomini, nei più diversi angoli della terra. Dalle verdi valli delle montagne alle rocce delle isole greche, fino ai deserti più aridi ed inospitali. Questi umili animali ci hanno nutrito e vestito dalla notte dei tempi.
Poca cosa forse, ma per tutti coloro che vogliono ascoltare, il fantastico messaggio di una donna e delle sue capre.
Foto di apertura di Richard Duijnstee da Pixabay