Pochi sanno che nel suo De aqua et terra nel 1320 Dante poetava dicendo che occorre far «amoroso uso di sapienza» degli elementi naturali. Messaggio molto attuale ai nostri giorni in cui un’economia “amorosa”, circolare, è tema molto serio che si pone obiettivi ambiziosi nella cui realizzazione sono coinvolti operatori economici, tecnici, politici, professionisti.
Un esempio di economia circolare in armonia con il territorio viene attuato da anni alla periferia sud di Milano, sullo sfondo della campagna la magnifica Abbazia di Chiaravalle, dall’impianto di depurazione di Nosedo gestito da Metropolitana Milanese spa.
L’acqua proveniente dagli scarichi civili di Milano, una volta depurata, viene restituita alla terra e confluisce pulita nelle numerose rogge per essere distribuita nei campi attraverso il sapiente uso di canali e paratie, in linea con l’antichissima vocazione agricola di quella parte di inaspettata campagna milanese chiamata Valle dei Monaci.
L’acqua in uscita dal depuratore rispetta i parametri stabiliti da un decreto ministeriale del 2003, garantendo una corretta tutela dell’ambiente, virtuoso e concreto esempio di circular economy.
Lo scenario cambierà completamente dal 26 giugno del 2023 per i paesi UE: da quella data entrerà in vigore il Regolamento della Commissione Europea n. 741 del 25 maggio 2020, che stabilisce nuove regole per il riutilizzo in agricoltura delle acque trattate dai depuratori.
Vi saranno quattro classi di qualità dell’acqua a seconda del tipo di coltivazione alimentare interessata dall’irrigazione con l’acqua trattata: differenti saranno le acque che si potranno utilizzare per irrigare cibo da consumare crudo o cotto, ovvero sottoposto a trasformazione. Altre differenze dipenderanno dal fatto che l’acqua venga o meno in contatto diretto con le colture ovvero, ancora, se l’irrigazione sarà a goccia.
I gestori dei depuratori (tutti, senza distinzioni) dovranno garantire che l’acqua depurata e riutilizzata in agricoltura, rispetti i parametri stabiliti per le quattro classi di qualità e predisporre un «piano di gestione dei rischi» che potrebbero derivare dal suo uso. Il piano dovrà essere preparato confrontandosi con le «altre parti responsabili» e con «gli utilizzatori finali». Gli utilizzatori finali sono le persone o le aziende, private o pubbliche, che utilizzino le acque per irrigare i campi: potrebbe trattarsi, quindi, del singolo contadino, come di società o associazioni di categoria. Per parti responsabili, invece, la Commissione intende chiunque abbia un ruolo nel sistema di riutilizzo dell’acqua, oltre al gestore dell’impianto.
La gamma dei soggetti coinvolti è vastissima e ci sembrano evidenti i rischi di confusione di ruoli e possibili contenziosi o conflitti sociali. Ogni Stato membro della Comunità Europea dovrà designare un’autorità competente che assicuri il rispetto del Regolamento anche sanzionando il gestore che non rispetti il Regolamento o i permessi per il riuso dell’acqua in agricoltura, che la stessa autorità dovrà rilasciare.
Le intenzioni della Commissione sono nobilissime e alte: ma tutto fa pensare ad un aggravio inutile di ulteriore burocrazia con pesanti oneri per le aziende, economici e organizzativi, senza che ne derivi un effettivo vantaggio per i consumatori finali del cibo coltivato utilizzando acque depurate.
L’Italia e gli altri paesi europei hanno due anni e mezzo di tempo per adeguarsi, dopo di che il Regolamento sarà direttamente applicabile.
Cosa succederà?