L’opera qui recensita: I cambiamenti nel mondo tra XX e XXI secolo, attraverso una linea di sviluppo analizza i cambiamenti sociali, geopolitici e geoeconomici del mondo, dalla fine del Secondo conflitto mondiale fino agli ultimi eventi della pandemia globale da Covid-19 che ha coinvolto e condizionato gli stili di vita delle nazioni e dei popoli.
Come è noto i cambiamenti di cui parla l’autore si riferiscono ad una profonda ristrutturazione delle relazioni internazionali, che hanno contribuito alla creazione di grandi innovazioni nei sistemi produttivi e rilevanti trasformazioni nei rapporti tra uomini e donne del mondo.
L’autore dell’opera sottolinea che nel lungo periodo degli ultimi settantacinque anni e nell’individuare quattro fasi storiche, sempre più rileva come lo Stato, entità istituzionale deputata alla gestione della res publica, ha ridotto le proprie competenze e la propria presenza nei settori dell’economia di mercato a favore di una liberalizzazione dell’iniziativa privata, in sfavore di una legittima presenza del cittadino nelle scelte di politica pubblica.
Nel primo periodo, che si sviluppa dal 1945 ai primi anni Settanta, è il tempo del mondo suddiviso in due sfere d’influenza USA e URSS, dello sviluppo industriale dell’Occidente e del Giappone, della decolonizzazione, nel mentre in Europa Occidentale si afferma l’economia mista e lo Stato Sociale. Proprio in tale fase l’autore sottolinea come l’età dell’oro dello sviluppo capitalistico mondiale inizia con un compromesso tra politica ed economia. La regola dei cambi fissi, stabilita a Bretton Woods, lascia agli Stati nazionali il potere di determinare il valore delle monete e quindi le relazioni degli scambi, tale da garantire la libera circolazione nel mondo di individui, merci e capitali. L’età dell’oro democratizzò il mercato ed i capitali provenienti dalle attività produttive multinazionali fuggirono dal controllo degli Stati per costituire nuovi “paradisi fiscali”, impoverendo le casse nazionali.
Nella seconda fase, dalla metà degli anni Settanta al 1991, l’autore analizza il dominio della finanza e della rivoluzione industriale, destinate ad affermare l’economia transnazionale, che col sistema dei cambi flessibili, i governi perdevano sempre più il controllo dei capitali. Il potere dell’alta finanza tornava a prevalere su quello degli Stati, tanto che il Rapporto Brandt, il rapporto prodotto nel 1980 da una commissione indipendente avviata dall’ex cancelliere socialdemocratico tedesco Willy Brandt, per studiare le questioni inerenti il sottosviluppo e la povertà nel mondo, richiesto dalla Banca Mondiale, si sottolineava che per superare le differenze tra Nord e Sud del mondo occorreva: il trasferimento di capitali, di tecnologie e di risorse dai Paesi industrializzati ai Paesi emergenti, una strategia energetica internazionale, un programma alimentare globale e una nuova interdipendenza tra i Paesi del Nord e del Sud al fine di consentire una migliore distensione mondiale, la pace, il disarmo e condizioni essenziali per lo sviluppo.
Nel frattempo il mercato si espandeva a Oriente, i capitali fuggivano al controllo dei governi, che contraevano le misure assistenziali, mentre l’Occidente soffriva la crisi della politica e della democrazia, esplodeva la seconda guerra fredda tra USA e URSS grazie anche alla corsa agli armamenti dei sovietici ed il proprio espansionismo d’influenza nel Terzo mondo, culminando successivamente con la fine del sistema bipolare.
Nella terza fase, che inizia con l’unificazione del mercato mondiale e la crisi della sovranità dello Stato nazionale, l’autore osserva l’affermarsi del processo di globalizzazione integrale del mondo, resa possibile con il crollo dell’Unione Sovietica, dall’apertura al mercato della Cina e dalla grande espansione dell’Asia orientale. Nel mondo globalizzato sono state incrementate le circolazioni di individui, merci, servizi grazie anche all’evoluzione tecnologica e la massiccia azione delle multinazionali in Paesi come Cina, India e Brasile e poi molti altri già in condizioni di sottosviluppo, mentre i Paesi avanzati soffrono tale tendenza alla ricerca di nuovi mercati, subendo forti contraccolpi. Emerge anche l’Unione Europea, attore rilevante sul panorama geopolitico occidentale. Gli USA unipolari si assumono l’incarico di vigilantes in questioni quali i conflitti nei Balcani e in Oriente, la lotta contro il terrorismo islamico. Inoltre tali cambiamenti del mondo determinano la fuga di popoli migranti dalle periferie del mondo povero ai Paesi più ricchi, nonché la forte liberalizzazione degli scambi e dei capitali favoriscono le attività della criminalità internazionale. È il periodo storico anche dei maggiori sviluppi tecnologici che semplificano i rapporti tra le genti, tanto che tra l’ultimo ventennio del XX secolo e il primo ventennio del XXI la Cina diventa una grande potenza e si affianca agli USA nei settori dell’economia e finanza, nelle relazioni internazionali, assumendo un importante ruolo negli equilibri geostrategici del mondo. La Cina di tale momento storico si fonda su bassi salari, forte produttività, diffusione dell’istruzione, alta qualità della ricerca scientifica.
Nel quarto ed ultimo capitolo l’autore dell’opera qui recensita delinea la quarta fase, che si sviluppa nel secondo decennio del XXI secolo, ma inizia con la crisi delle politiche neo-liberiste che avevano dominato un trentennio, i cui eventi sono riscontrabili nella crisi economica mondiale del 2008 cominciata negli USA. L’insolvenza diffusa nel settore dei mutui immobiliari americani concessi senza garanzie (subprime) fece esplodere il sistema finanziario americano, al punto che il governo degli USA avviò un piano di salvataggio delle banche e imprese più influenti e successivamente i contraccolpi della crisi si sentirono anche in Paesi europei quali la Grecia e l’Italia ed in parte in Asia ed America latina. Lo Stato e le istituzioni ritornavano ad intervenire nel mercato. In Europa, ad esempio, si attuò una politica di austerity e rigore finanziario finalizzata alla contrazione della spesa pubblica, ma al blocco delle prospettive di crescita dei Paesi. L’autore ritiene che profondi cambiamenti, anche derivanti dal repentino sviluppo di nuove tecnologie quali l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things e il 5 G, trasformino il mondo digitale. Di tale periodo si sottolinea come il forte intervento delle banche centrali nell’introduzione di liquidità nel mercato abbia evitato l’aggravarsi delle crisi economiche degli Stati, sussiste ancora un crollo del lavoro umano, la crescita delle diseguaglianze e del malessere diffuso dovuto ad una maggiore fuga di capitali, comporta l’affermarsi di nuove questioni che le democrazie devono affrontare come la ridotta influenza dei cittadini nella vita politica dei propri Stati e la tutela degli stessi dalla miseria. Sono infatti le classi medie inferiori del mondo occidentale a ricevere i colpi più pesanti dell’economia globale, per la costante riduzione dei posti di lavoro, delle retribuzioni e delle forme di protezione sociale. Il nuovo capitalismo finanziario e digitale del XXI secolo acuisce la disuguaglianza tra il mondo politico ed economico e i cittadini.
Pertanto l’autore esamina analiticamente fenomeni come il web, che attraverso i motori di ricerca e le piattaforme social sempre più influenzano i popoli e gli Stati , nonché l’attuale contesto globale coinvolto nella lotta contro il virus Covid-19, cui rileva come gli Stati abbiano finanziato la spesa pubblica per tutelare gli individui dal contagio, osservando che dinanzi agli effetti della pandemia mondiale riprende quota il modello Stato sociale capace di erogare servizi pubblici efficienti e cresce il bisogno di rinsaldare i rapporti umani e di solidarietà in un mondo che va sottratto alla mera logica del profitto.
In virtù di questa conclusione, l’opera appare affascinante e degna di essere segnalata all’attenzione degli studiosi di storia, economia e relazioni internazionali.
Foto iniziale di Pete Linforth da Pixabay