Bravo in Italia chi si inventa un lavoro, una start up, contribuendo a ridurre quel tendenziale indice di disoccupazione al 10% che ci affligge da tempo e che sembra da montagne russe come l’indice di crescita. Una delle grandi invenzioni del nostro Paese, zeppo di scrittori e scarso di lettori, è la scuola di scrittura, inevitabilmente creativa.
Come se un seme pattuito di ispirazione e di mestiere letterario potesse essere inoculato per studio e per decreto. Il più raffinato demagogo di questa deriva è senza dubbio Alessandro Baricco. Scrittore raffinato che ben si sa vendere, delizioso affabulatore ma, in questo caso, soprattutto pioniere di un nuovo genere di affarismo. Salinger non gli ha chiesto diritti per l’invenzione della Scuola Holden a Torino, diventata dal ceppo di una piccola idea un Ministero se non addirittura un falansterio, un’idea di futuro.
A fine febbraio 2019 Baricco ha venduto le quote di maggioranza a Feltrinelli per 2,6 milioni rivelando al mondo la dimensione economica dell’affare. Una nuova Sparta o una nuova Atene? La macchina da guerra è viva e ben presente. La Scuola Holden ogni anno accoglie circa 300 studenti nel corso triennale con quote d’iscrizione vicine ai 10.000 euro annui, esborso capace di far impallidire le rette della Luiss di Roma. Siamo in un campus di estenuato lobbysmo dove i romanzieri dialogano con gli sceneggiatori, gli autori di programmi televisivi, i registi, i creatori di storytelling, un melting pot da cui alla fine qualcosa esce: una collaborazione, una proposta di lavoro, una raccomandazione, un fidanzamento. Un intreccio che fa apparire superato il Dams di Bologna.
La Scuola Holden è una multinazionale dell’informazione creativa che come tutte le invenzioni cresciute troppo in fretta rischia di provocare il rigetto di chi, molto semplicemente, confida in un posto di lavoro, coronando il probabile sacrificio fatto dalla famiglia per iscriverlo a questa università virtuale di Torino. Il marchio attuale della Feltrinelli certifica la dimensione ormai industriale dell’invenzione. Di sacrale rimane solo l’inavvicinabile ufficio di Alessandro Baricco che quando vuole risvegliare la pubblicità indotta per la sua creatura propone un articolo per ‘Repubblica’ con un’idea naturalmente innovativa. Che fa dibattito e tendenza. Che siano i barbari o il contrasto tra popolo ed élite.
Cosa mi invento oggi? Ci auguriamo che i fuoriusciti dalla Holden non siano come quei giovani a cui se domandi: «Che lavoro fai?» rispondono: «Scrivo su un blog». «Ma ti pagano?» «Ancora no!» E allora che lavoro è? Karl Marx sapeva distinguere bene un lavoro da un hobby o da una passione. Quello che è più singolare di Baricco è l’essere alla moda, come si dice “sul pezzo”. Piace alla gente che piace. Un bel contrasto rispetto alla ritrosia di Salinger, uno che non amava essere fotografato e che aveva fatto un mistero della sua vita, ritenendo che i suoi scritti parlassero da soli e non avessero bisogno di alcun sostegno pubblicitario. Salinger non sarebbe stato contento dell’intitolazione di una scuola legata al nome del suo libro più famoso. E non si sarebbe mai compromesso come Baricco, vestendo la divisa dell’uomo d’affari.
Foto in evidenza di Gerhard G. da Pixabay