Il tiro al piccione avente come bersaglio l’Europa comunitaria è sport che vede l’entusiastica adesione dei partecipanti più disparati: si va infatti dai rozzi sovranisti agli ultimi intellettuali engagé rimasti. Quanti invece si spendono per sottolineare importanza e valore dell’UE pare siano tutt’al più spinti dal dovere d’ufficio, dando a volte l’impressione di vergognarsene pure un po’. In effetti… Oggi come oggi sciogliere peana per Bruxelles e Strasburgo fa, oggettivamente, poco uomini di mondo.
Ora, è ipotizzabile che neanche un euroburocrate ben avviticchiato ai suoi privilegi potrebbe mostrarsi tanto partigiano da difendere l’istituto comunitario senza se e senza ma. Così come non c’è bisogno di rievocare Aristide Briand in una seduta spiritica per scoprire che certo pensava a qualcosa di diverso quando nel 1929 vagheggiava gli Stati Uniti d’Europa. E va bene, ammettiamolo pure: le cose non sono andate proprio come sperato. Però, bisognerebbe lo stesso smetterla una buona volta di guardare al sogno del socialista francese e degli altri padri fondatori manco fosse diventato un incubo. Che si potesse fare molto meglio e di più è una banalità, a ben vedere applicabile a qualsiasi costruzione umana, materiale o del pensiero. Non sarebbe piuttosto l’ora e il caso di smetterla di mitragliare questa sbilenca casa comune, per cominciare a soffermarsi su quanto di buono ci siamo assicurati negli anni grazie ad essa?
Partiamo dalla conquista più importante e paradossalmente più misconosciuta: cioè dal consolidamento di accordi e dalla comunione di intenti tra i vari stati europei. Stiamo parlando della pace e della collaborazione tra popoli che, in passato, si sono sempre e solo fatti la guerra. Passa incredibilmente sotto silenzio, sembra non ci si renda conto che stiamo vivendo, da questo punto di vista, una vera Età dell’Oro. Un’Europa per 80 anni senza guerre, nella sua lunga esistenza, non s’era mai vista. Basta seguire un qualche documentario televisivo: mica occorre essere storici di professione per scoprire che praticamente non abbiamo fatto altro che azzuffarsi da 40 mila anni a questa parte, da quando, appena arrivato sul continente, l’homo sapiens sapiens spazzò via i Neanderthaliani.
Non è assolutamente meraviglioso che le cancellerie europee, dopo aver passato secoli a ragionare solo in termini di “Concerto delle potenze” e di eserciti da scagliare gli uni contro gli altri, adesso tutt’al più bisticcino sulla lunghezza delle carote o per un maggior o minor rigore in materia economica? Come altro definirlo se non come un fantastico progresso il fatto che i ministeri della Guerra di un tempo siano oggi sostituiti da quelli per le Politiche Comunitarie?
Poi, c’è questa faccenda dell’euro. Sarebbe bello che quando ogni tanto, specie nei momenti di crisi, si alza il deficiente di turno a dire che bisognerebbe abbandonare la moneta unica e tornare a quella nazionale, ruggisse un vento popolare capace di seppellirlo, al grido di “Scemo, scemo!”, sotto una valanga di ridicolo. Allo stesso modo, ci starebbe bene che periodicamente il presidente Mattarella e i suoi omologhi facessero, ognuno nel proprio paese, un entusiastico intervento a difesa dell’euro ricordando i benefici che è stato capace di apportare. E, visto che ci si trovano, potrebbero anche sottolineare l’inestimabile valore (chè se ne stanno già accorgendo gli inglesi di quale incredibile minchiata abbiano fatto con la Brexit…) di Schengen, della mancanza di dazi doganali e compagnia cantando.
Infine, c’è la risposta collettiva, che stiamo vivendo in tempo reale, data alla pandemia dal punto di vista sanitario e soprattutto economico. Sarà blasfemo, ma come non vedere un benevolo intervento divino, il segno che il Padreterno ha deciso di metterci una mano sulla testa, nel fatto che Salvini e la Lega siano stati sbattuti fuori dal governo? Mette i brividi solo pensare dove saremmo oggi, con il virus che ancora infuria e l’economia in vacca da un anno, se avessimo seguito la Lega autarchica. Invece, grazie a mamma Europa, tutto quello che ci tocca fare è comportarci da bravi scolaretti e mettere per iscritto come vorremmo spendere la valanga di quattrini che l’Unione ha messo a nostra disposizione (è vero che ci stiamo parecchio impegnando per non riuscire neanche in questo elementare compito, ma è probabile che nonostante tutto alla fine ce la faremo a consegnarlo).
In conclusione, si ha facile gioco a dire che non viviamo nella migliore delle Europe possibili. Ma metterla in questi termini ha più da spartire con il regno di Bengodi che con una costruzione politico-economica com’è l’UE. Che, in quanto tale, deve rispondere piuttosto a un principio di realtà quale quello che sottende a un incontro-scontro tra cugini, che apparterranno pure alla stessa famiglia ma, sarà il caso ribadirlo ancora una volta, fino all’altro ieri avevano saputo “dialogare” solo dandosi mazzate da orbi.
Dunque, tutti al lavoro per migliorare la costruzione europea, ci mancherebbe, che tanto ancora c’è da fare. Però nel frattempo, invece di denigrarla, sarebbe quantomeno un esercizio di sano realismo fare mostra di apprezzarne i lussi e i comfort che ci garantisce.
Foto di apertura: Foto di Gerd Altmann da Pixabay