Milano, Roma, Napoli. Musica a tutto volume, urla, schiamazzi notturni. Di solito una pattuglia della polizia o dei carabinieri arriva dopo una telefonata irata di un vicino che non riesce a dormire. Di solito è una festa tra giovani amici universitari a casa del festeggiato, o una bisboccia in un bar e in un ristorante con le porte serrate.
Alcune volte gira della droga, ma nella stragrande maggioranza dei casi spadroneggiano solo piatti di spaghetti e bicchieri di vino. La gastronomia è il tema dominante delle serate festaiole come ha testimoniato un caso estremo a Bologna: nove persone si sono rinserrate in una salumeria per cenare a colpi di fette di prosciutto, lonza e salsicce. Di solito tutto si conclude con multe di 400 euro per violazione delle norme della sicurezza anti Covid-19.
Dopo un anno di mascherine, di distanziamento sociale, di coprifuoco, di quarantene in casa è esplosa da dicembre a marzo la fame di libertà. Una fame di libertà crescita dal 15 marzo, da quando quasi tutta l’Italia è stata di nuovo “chiusa”. Pesa dolorosamente l’impossibilità di fare una carezza alla vecchia madre confinata a casa, di intraprendere un nuovo amore, di abbracciare un amico, di realizzare una vacanza spensierata.
La paura è di contagiare o di essere contagiati. Di finire in ospedale, del ricovero in rianimazione, di morire o di causare la morte di qualcuno. È il conflitto tra diritto alla libertà e alla salute. Il momento più buio c’è stato la scorsa primavera quando, tra marzo e maggio, il governo Conte due decise una chiusura nazionale di quasi tre mesi per contenere la pandemia. Ma anche adesso la situazione è pesante. L’Italia piange oltre 100.000 morti. È tutta “zona rossa” e “arancione”. Solo la Sardegna ha pochi contagi, perciò è una “regione bianca”.
Il virus ha prodotto tante pericolose “varianti” (inglese, brasiliana, sudafricana, nigeriana, newyorkese, californiana) che hanno fatto schizzare in alto le infezioni. Si contrappongono due scuole di pensiero: chi (come il ministro Speranza) ha insistito sulla priorità di salvaguardare la salute e chi invece (come il segretario leghista Salvini) ha ribadito la necessità di riaprire tutte le attività con prudenza e in sicurezza per evitare “una morte per fame”.
Libertà, lavoro e salute sono tre diritti garantiti dalla nostra Costituzione Repubblicana. Il diritto alla libertà è stato compresso, ristretto per non compromettere il diritto alla salute, alla vita. Anche il diritto al lavoro è stato limitato per non ledere il diritto alla salute. La soluzione, anche se molto complicata, c’è: contemperare salute, libertà e lavoro, tre diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione democratica. Un analogo problema c’è stato negli anni ’70 con il terrorismo politico, allora la contrapposizione fu tra libertà e diritto alla sicurezza pubblica. Certo le restrizioni della libertà di movimento e di comunicazione devono finire come all’epoca del terrorismo, non possono essere a tempo illimitato.
Occorrono azioni efficaci: grandissima disponibilità di vaccini, somministrazioni capillari e di massa per arrivare all’immunità di gregge, ospedali e sanità territoriale con gambe forti per correre e battere il Covid. Occorre soprattutto una grande fiducia popolare sulla sicurezza per la salute dei vaccini, fiducia incrinata dallo stop momentaneo al vaccino AstraZeneca. “TUTTI europa ventitrenta” ha approfondito questi temi con analisi e proposte al centro di una seconda puntata dell’inchiesta dedicata alla sanità. Il virus va sconfitto, altrimenti può infettare anche la libertà e l’economia. Mario Draghi l’ha capito perciò ha posto la lotta al Coronavirus come la priorità centrale del suo governo di unità nazionale.
Il presidente del Consiglio ha indicato «un peggioramento dell’emergenza sanitaria» ma «con l’accelerazione del piano vaccini una via di uscita non è lontana». Sono molteplici i problemi bollenti: acquisti di dosi, brevetti (il dilemma è tra acquisizioni forzose o accordi con le multinazionali farmaceutiche), produzione nella Ue e in Italia (il ministro Giorgetti ha aperto un confronto con la Federfarma), taglio alle esportazioni extra mercato comune in chiave di sovranismo europeo (Draghi ha spinto Bruxelles su questa posizione), somministrazioni rapide alla popolazione. È in gioco la credibilità di tutti: dalla commissione europea al nuovo governo tecnico-politico presieduto da Draghi.
Lo scontro è senza confini, tra le multinazionali farmaceutiche e tra le superpotenze. La lotta tra i vaccini americani, britannici, russi e cinesi è per i profitti e per la supremazia globale tra Washington, Mosca e Pechino. Una volta l’arma decisiva era la bomba atomica, adesso sono i vaccini.