I diritti civili in Italia sono offuscati o accantonati in attesa di epoche migliori. È un po’ la sorte di molte statue antiche e di tante opere d’arte: giacciono dimenticate negli scantinati dei musei invece di essere godute dai visitatori.
Il diritto alla cittadinanza per gli immigrati e il diritto al voto ai ragazzi sedicenni per anni sono questioni discusse ma sempre accantonate. Anche in questa legislatura ci sono delle proposte di legge all’esame del Parlamento, ma restano insabbiate nei meandri delle commissioni della Camera o del Senato.
Il cosiddetto “ius soli” (il diritto alla cittadinanza per la nascita in una nazione) e il voto a 16 anni sono fortemente divisivi. La Lega di Salvini, ad esempio, è fortemente contraria ad estendere il diritto alla cittadinanza italiana agli immigrati ma anche nel M5S e nel Pd non mancano le resistenze.
Così è esplosa come una bomba sui giornali e sulle televisioni la proposta di Enrico Letta di affrontare il problema dello “ius soli” (è una «norma di civiltà») e del voto ai sedicenni («dobbiamo allargare il peso dei giovani nella società»). La proposta del neo segretario del Pd, come ha riconosciuto lui stesso, è divisiva e rischia di lacerare il governo di unità nazionale di Mario Draghi. Non a caso Matteo Salvini ha immediatamente bocciato l’iniziativa di Letta.
Eppure l’Italia è indietro anche su questi diritti civili. Qualcosa si è fatto quasi 30 anni fa in favore del diritto di cittadinanza agli stranieri e, quindi, agli immigrati. Fu approvata una legge nel lontano 1992, nella Prima Repubblica; successivamente fu modificata nel 2009. Nel lontano 1975, siamo sempre nella Prima Repubblica, si allargò il diritto di voto da chi aveva 21 anni a chi ne aveva 18.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. È cambiata radicalmente la società e sono mutati i costumi. L’Italia, come gli altri paesi europei, è stata investita dall’immigrazione di massa proveniente dall’Africa e dall’Asia. I giovani sono maturati grazie ai maggiori stimoli culturali e tecnologici.
Gli immigrati in molti casi sono diventati un asset indispensabile del sistema produttivo nazionale, in parte per la crisi demografica e in parte per i molti lavori rifiutati dai giovani italiani. Gli immigrati in stragrande maggioranza lavorano, pagano le tasse e i contributi previdenziali ma non sono cittadini italiani e così pure i loro figli, molte volte nati in Italia. Non essendo cittadini italiani molti diritti civili sono negati e, in più, non possono votare.
Il voto è anche negato ai sedicenni: molti pronunciano un secco no perché questi ragazzi sarebbero troppo giovani, quindi immaturi. Ma anche questa motivazione è contestabile: è possibile trovare un sedicenne più maturo di un diciottenne o anche di un trentenne. Dipende dai percorsi personali di vita, dall’educazione, dalle sollecitazioni sociali e da mille altri fattori. Comunque mediamente i sedicenni del 2021 hanno un percorso di maturazione estremamente veloce rispetto ai loro coetanei di 40 anni fa: allora c’era solo il telefono fisso di casa, adesso ci sono i cellulari che sono dei minicomputer con la capacità perfino di fare acquisti in Borsa; allora per informarsi c’erano solo i giornali e le televisioni, adesso le informazioni volano su Internet e sulle mille chat collettive-personali. Anche le difficoltà fanno maturare: e i sedicenni, come tutti, da un anno devono fare i conti con le severe misure di sicurezza per combattere il doloroso dramma del Covid-19.