La firma, il 10 marzo, di una “Dichiarazione Comune sulla Conferenza sul Futuro dell’Europa” da parte di Parlamento, Consiglio e Commissione inaugura ufficialmente questo importante esercizio di democrazia sovrannazionale, definito come «spazio di discussione con i cittadini per affrontare le sfide e le priorità dell’Europa».
Non si sa ancora quando partirà la Conferenza (probabilmente il 9 maggio, 71 anni dopo la Dichiarazione Schuman), sappiamo però quando si concluderà (nella primavera del 2022, in tempo per le prossime Presidenziali francesi). Già su questo dato si dividono i pareri: per i pessimisti, non ci sarà tempo a disposizione per preparare niente di nuovo, solo la solita litania di buoni propositi (a sostegno della rielezione di Macron, quale diga contro populisti e sovranisti); per gli ottimisti, la contrazione del calendario diventa invece paradossalmente un’opportunità, con l’avvio di un processo, ben più ambizioso e proiettato in avanti, per uscire dalle “sabbie mobili” del confederalismo intergovernativo, dare sostanza e forma al c.d. “momento hamiltoniano” dell’Europa ed arrivare ad elaborare nel prossimo Parlamento Europeo una vera Carta Costituzionale dell’Unione Europea.
Dovrà essere, come chiarisce la Dichiarazione Comune, «un processo dal basso verso l’alto, incentrato sui cittadini» e con una cospicua partecipazione giovanile, ritenuta «essenziale per garantire un impatto duraturo della conferenza». Dopo anni di incalzante retorica del “riprendere in mano il proprio destino”, ora si riscopre il lato buono e solidale del processo d’integrazione e tutti -o quasi- siamo tornati ad esserne ferventi sostenitori.
Ai tanti “europeisti dell’ultima ora” vorremmo però sommessamente ricordare le parole del Vangelo di Matteo (7, 21): «Non chiunque dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli». L’ultima crisi di governo docet!
Siamo infatti per il momento compagni di strada anche di un “europeismo da Bancomat”, che durerà giusto il tempo delle erogazioni del “Recovery Plan”, ma sul quale sarà difficile costruire un progetto all’altezza delle sfide dei nostri tempi (transizione verde e digitale, contratto sociale, resilienza, equità intergenerazionale) e dei metodi rigorosi che si dovranno applicare. Servirà quindi lavorare nella Conferenza per distinguere scelte congiunturali opportunistiche da una visione di fondo improntata al federalismo ed allo sviluppo sostenibile.
Come Rete Tutti Europa 2030, vorremmo proprio esserci e dare un contributo, modesto ma appassionato, al fronte di coloro che sinceramente credono in quella visione di fondo. Qualcosa, del resto, avevamo già fatto negli ultimi dodici mesi.
Prima, partecipando nella primavera 2020 al lancio, sotto l’egida dell’associazione “New Europeans” dell’ex deputato laburista Roger Casale, di un appello per una riflessione sulle lezioni apprese dalla pandemia (sanità, economia, sussidiarietà, istruzione, cittadinanza e relazioni esterne), volta a portare ad una “Unione Europea della Salute” (nel frattempo divenuta uno dei “cavalli di battaglia” di Ursula Van der Leyen).
Poi, nella seconda metà dell’anno, organizzando, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2020 ed in collaborazione con Consiglio Nazionale dei Giovani ed Università di Padova, un evento online, denominato “Rendersi doppiamente utili”, per lanciare la formula dei “due piccioni con una fava” (poi molto più autorevolmente ripresa dal presidente Draghi nel suo discorso programmatico: «La strategia per i progetti del Next Generation EU non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori in maniera coordinata»).
Ora, con la nascita del sito web e dell’Associazione ”Tutti Europa 2030”, la sfida diventa il pensare a come, nei limiti delle nostre forze, potremmo farci sentire nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa.
Da un lato, scendendo in campo con altre reti/piattaforme/alleanze di specchiata fede europeista, per campagne che veicolino dal basso istanze ed aspettative della società civile, che – grazie anche al meccanismo di feed back citato nella Dichiarazione Comune – trovino poi eco nelle raccomandazioni che la Conferenza dovrà formulare alle Istituzioni Europee.
Dall’altro, avvalendosi in modo coordinato e strategico della preannunciata piattaforma digitale multilingue interattiva, che dovrebbe permettere mirati contributi online ai lavori della Conferenza. In attesa della quale, ci si potrebbe già allenare con altri strumenti già disponibili per un coinvolgimento partecipativo nella vita dell’Unione Europea (European Citizens’ Initiative/ECI ; EU Petitions Web Portal ; Consultazioni pubbliche della Commissione Europea).
Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici, se sapremo galvanizzare e motivare la passione europeista che caratterizza la rete Tutti. Non e’ un caso che, per lanciare subito un messaggio, la neonata Associazione “Tutti Europa ventitrenta” ha scelto, come suo primo atto pubblico, di condividere l’appello dell’Unione dei Federalisti Europei e del Gruppo Spinelli (https://www.eunews.it/2021/03/12/la-nostra-europa-federale-sovrana-democratica/144385) sulla Conferenza sul Futuro dell’Europa.
Proviamo a proporre qualcosa anche noi ?
Foto di apertura