L’Europa ha alle spalle un passato non facile da decodificare. Le molte difficoltà incontrate e le non poche reazioni negative – talora, di dissociazione – di parti di società insoddisfatte, se non deluse, ne sono una chiara testimonianza. Per superarle, è saggio recuperare e rilanciare i valori incorporati negli atti fondamentali dell’UE, che attendono azioni concrete, con essi coerenti. Penso all’ambiente, ad esempio. Ma anche all’istruzione e alla cultura.
Tuttavia, mi chiedo se ciò basti. Se sia in linea con i tempi – quelli creati da Covid 19, che hanno disorientato le menti meno salde, preda di un caramelloso ottimismo – riproporre il déja vu, senza chiedersi se non sia indispensabile ripensare quei valori e ripensarsi. Per evitare di additare obiettivi non realizzabili, perché mancano le risorse umane e materiali.
Soprattutto, pesano le disuguaglianze. Molti di noi ne sono consapevoli. Tuttavia, questa è una semplice premessa. Che cosa significa essere diseguali in concreto? Quali le conseguenze di carattere psicologico, prima ancora che fattuali? Quali rischi si corrono continuando a promettere, senza mantenere? Che fine possono fare, all’interno di questo tremendo contesto, le attese di moltitudini di infelici, che non solo non sperano più, ma diffidano?
Che cosa deve rappresentare e comunicare l’UE nell’anno di grazia 2021? Che cosa si può considerare, sotto questo profilo, nuovo e, soprattutto, adeguato?
Al minatore che sopravvive a stento vogliamo parlare di ambiente, senza se e senza ma?
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