Il “pieno d’acqua” per partire a tutto gas con la macchina. E nessun inquinamento: con il motore a idrogeno lo scarico sarebbe innocuo, di vapore acqueo. Il sogno degli automobilisti per ora resterà tale, ma in futuro tutto potrebbe accadere. Comunque già oggi alcune case giapponesi, coreane e tedesche vendono delle auto a idrogeno, ma i prezzi sono molto elevati e le stazioni di rifornimento sono rare.
Da anni sono intense le ricerche sull’uso dell’idrogeno come combustibile alternativo per far marciare treni, navi, aerei, autobus. Oppure come prodotto per alimentare le industrie ad alto consumo di energia: siderurgia, chimica, cemento. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania già corrono i primi treni a idrogeno.
L’idrogeno, però, è un gas assente in natura e va ricavato scomponendo le molecole dell’acqua o degli idrocarburi. I processi sono complessi, costosi, pericolosi (nella memoria collettiva ci sono ancora le immagini della strage causata dal dirigibile Hindenburg quando andò a fuoco nel 1937).
Con procedimenti diversi si ottengono tre tipi di prodotti: idrogeno verde ricavato dall’acqua (energia pulita), idrogeno blu prodotto dal metano (parzialmente inquinante), idrogeno marrone estratto dal petrolio (altamente inquinante).
Il sogno dei cittadini e dei governi è l’idrogeno verde, prodotto dall’elettrolisi dell’acqua utilizzando le energie rinnovabili (eoliche o solari) ma i costi sono tre volte superiori ai “cugini inquinanti” ricavati dal metano e dal petrolio. Non a caso la pochissima energia da idrogeno prodotta in Europa (il 2% del totale) per il 90% è targata metano.
Gli studi e le ricerche però continuano. L’Enea in Italia sta lavorando al Progetto Prometeo per trovare una soluzione ai problemi. L’Unione europea ha deciso di scommettere sull’idrogeno verde: l’obiettivo è di coprire il 13-14% dei fabbisogni di energia entro il 2030 per abbattere le emissioni inquinanti. La commissione europea ha mobilitato le risorse del Recovery Fund (il piano di ricostruzione post Covid-19) e una serie di finanziamenti specifici per sostenere la transizione ecologica e combattere i cambiamenti climatici.
È una rivoluzione tecnologica con enormi effetti: sulla difesa dell’ambiente, sull’innovazione produttiva, sulla creazione di nuovi profili professionali con una forte crescita dell’occupazione.
Passato e futuro sono strettamente legati. La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen si è molto impegnata sulla riconversione verde dell’economia e sulla rivoluzione dell’idrogeno. Il vice presidente Frans Timmermans ha messo a disposizione i fondi europei per riconvertire l’ex Ilva di Taranto e produrre l’acciaio con l’idrogeno verde. Da anni il centro siderurgico di Taranto, un tempo il più grande dell’Europa, rischia la chiusura per i mancati o insufficienti investimenti di bonifica ambientale. La multinazionale ArcelorMittal si stava sganciando dall’impianto ed è dovuto intervenire il governo italiano per impedire lo smantellamento con la decisione di entrare nel capitale azionario.
L’ex Ilva produce acciaio utilizzando il carbone per far marciare gli altoforni, un materiale altamente inquinante al centro di roventi accuse come causa di tumori tra i lavoratori e la popolazione di Taranto. Di qui il terribile contrasto apertosi tra diritto al lavoro e alla salute, un conflitto sanabile con l’idrogeno verde.
Il governo Draghi dovrà presentare entro il 30 aprile il programma di investimenti (Piano nazionale di ripresa e resilienza) perché l’Italia possa usufruire dei 200 miliardi di euro stanziati dalla Ue. Il presidente del Consiglio punta molto sulla transizione ecologica a tutela dell’ambiente: così «produrremo occupazione e crescita». Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha indicato specificamente «la produzione e distribuzione di idrogeno» da inserire nel piano del governo.
È una scommessa difficile ma possibile. Charles Bronson nel film C’era una volta il West indica le strade di una polverosa e turbolenta cittadina della Frontiera americana e dice: «Diventerà una bella città».