In questo periodo di forzata chiusura culturale, con i musei, le mostre, i teatri, i cinema inaccessibili, sono venute in aiuto, ai direttori, ai critici d’arte, ai registi e direttori, le tecnologie digitali che hanno permesso loro di tenere aperti i canali comunicativi con il pubblico. Che questa modalità immersiva virtuale sia piaciuta, lo sottolineano le massicce presenze di click e i sold out che quasi tutte le proposte hanno registrato.
La passeggiata tra i quadri di Van Gogh nella mostra padovana “I colori della vita”, che continua, tra chiusure, aperture e chiusure forzate, resa possibile nel web, ha riscosso un successo oltre ogni ottimistica previsione: ed era a pagamento! Cosa ha fatto la differenza? La possibilità di scoprire e vedere i quadri insieme al critico e organizzatore della mostra, Marco Goldin. Per questo, il pubblico si è prenotato “costi quel che costi”! (www.lineadombra.it)
I racconti che i musei, le fondazioni sono stati in grado di fare, in questo difficile periodo, grazie anche alla bontà delle guide o dei volontari che portavano “a spasso” il visitatore tra un’opera e l’altra, hanno sempre o quasi, raggiunto un gradimento straordinario: una dimostrazione che a fronte di una valida proposta, formale e di contenuto, il pubblico italiano c’è.
Una prima considerazione da fare è che la gente è più intelligente di quel che si dice e che non si fa scappare quanto concorre alla formazione della cultura personale. Inoltre, una “gita” culturale sul web è anche un modo per continuare a fare socialità: dopo la passeggiata virtuale, non sono pochi quelli che si mettono al cellulare per condividere con gli amici quanto seguito sul PC. Dunque, girare per mostre e musei e eventi, online, è una modalità che si è rivelata vincente perché fa crescere la curiosità, l’impegno, la formazione.
Da tenere presente per il dopo pandemia: i musei possono affermarsi sempre più come centri polifunzionali che sfornano proposte a 360° per un pubblico a 360°. Non lasciamoci sfuggire questa opportunità: è il tempo giusto per produrre contenuti, fare riprese e documentari che in tempi non Covid non saranno più possibili. Risultato: se si crea un valido storytelling, il pubblico ci sarà sempre, anche se non in presenza. Si prevedono infatti flussi strepitosi di persone che invaderanno le città d’arte e i musei: che i centri culturali si tengano pronti all’assalto! Il flusso straordinario di visitatori virtuali dimostra che se si crea una proposta culturalmente solida, non si perde l’audience, anzi.
È il momento di creare le opportunità per i giovani, capaci di “inventarsi” attraverso il sistema informatico, nuove piattaforme e nuovi format culturali. Sarebbe un grosso errore perdere la quotidianità del virtuale che così tanto ha fatto compagnia alle persone desiderose, ora più che mai, di conoscere, vedere, essere presente: “costi quel che costi!”. Quanti luoghi lontani, musei, balletti, opere teatrali, musica abbiamo scoperto in questo lungo anno di chiusure. Chi avrebbe mai detto di tener duro, sei ore, per visitare l’Ermitage di San Pietroburgo! O di “farsi” balletti e opere liriche senza battere ciglio!
Iniziate da pochi giorni le celebrazioni dei 700 anni di Dante, in Italia e nel mondo, che si chiuderanno il 14 settembre, data della morte del Sommo Poeta, l’Italia si è scoperta “dantesca”: quanti libri scritti, quanti documentari prodotti, quanti programmi televisivi organizzati, quante mostre presentate. Mai come ora, l’amore tra Paolo e Francesca è stato così celebrato, con i suoi celebri versi! Chiediamoci la reale portata di questo evento: a quanti la costanza di leggere la Divina Commedia, la Vita Nova, il Convivio? Credo molto pochi ma in questo periodo è un rimbalzarsi tra “ho letto, ho visto, non sapevo che…” su Dante. Se la pandemia ha portato gli italiani, finalmente, a concentrarsi sul poeta che “inventò l’Italia”, lascerà almeno un ricordo di sé: di aver costretto il mondo, l’Italia in primis, ad aprire i libri, a seguire un percorso culturale, a inventarsi una giornata piena di idee, riflessioni, parole, contenuti.
Laura Minici Zotti fondatrice del Museo de Precinema – Fondazione Minici Zotti (info@minicizotti.it): «Noi, continuiamo il nostro lavoro, anche ora che siamo chiusi: domani lo faremo con un omaggio a Dante; poi, con un omaggio a Venezia; oggi purtroppo, non c’è la stessa aria che c’è quando il museo è aperto ma l’interesse del pubblico si è adeguato e online, abbiamo allargato la platea che è diventata internazionale anche se in questo museo, unico al mondo, in genere sono più gli stranieri che entrano degli italiani e soprattutto, dei padovani. Cosa si è perso? Il rapporto stretto con la gente e vuoi mettere l’ambientazione? Online si perde l’atmosfera del museo e del palazzo Angeli, che colpisce chi entra, già nelle scale; si perde la piacevolezza di vedere gli oggetti, da vicino e le visioni delle lanterne magiche. Ma se non si può fare diversamente, va bene così. Peccato che ci sia sempre poco spazio per il nostro materiale. Non so più dove metterlo! Quando abbiamo riaperto a febbraio, abbiamo avuto subito molti visitatori soprattutto stranieri e tanti giovani. Con questi strumenti tecnologici, abbiamo imparato a mantenere continuità con pubblici diversi dal solito e a mantenere il dialogo con quelli consueti». Andrea Nante, direttore del Museo Diocesano di Padova concorda: il virtuale non deve essere abbandonato perché la platea di visitatori si è allargata: «Faremo di tutto per incrementare i nostri strumenti digitali».
In definitiva, la pandemia ha insegnato che, grazie ad una buona informazione, si possono attirare e fidelizzare pubblici impensati sia come numero che geograficamente: molti si collegano anche dal Giappone, dal Canada, dagli Stati Uniti e viceversa. Un auspicio che, quando la pandemia sarà passata, il flusso turistico, a fronte di una maggiore consuetudine e conoscenza delle nostre offerte, potrà far visita di persona anche alle nostre bellissime città ma sarebbe un’occasione sprecata non continuare a “giocare” online con la platea di tutto il mondo.
Foto di apertura di