Parlare di sostenibilità in agricoltura potrebbe sembrare una contraddizione in termini, una sconfitta dell’uomo come la guerra e le malattie.

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Eppure è proprio questo lo scenario che il mondo attuale ha disegnato: una terra malata, apparentemente senza le condizioni favorevoli che 10.000 anni or sono avevano permesso la nascita dell’agricoltura in Medio Oriente e che nel XVII e XIX secolo diedero origine in Europa alle prime due rivoluzioni agricole moderne. Ma il vero punto di svolta, che ha determinato successo e crisi dell’agricoltura contemporanea è stato la «rivoluzione verde» (un nome promettente, una realtà inquietante!) del secondo dopoguerra, con lo sviluppo dell’agricoltura intensiva, nata dall’interazione tra tecnologia, meccanizzazione, ingegneria genetica, fertilizzanti e fitofarmaci per ottenere una produzione capace di rispondere al crescente fabbisogno alimentare mondiale. Le pratiche colturali tradizionali venivano così abbandonate e molte varietà agricole sacrificate sull’altare dell’iperproduzione, mentre l’agricoltura stessa diventava rapidamente un potente fattore di inquinamento e di dissesto ecologico. Sfruttamento indiscriminato delle risorse, effetto serra e cambiamento climatico, determinando una crisi dell’ecosistema inconciliabile con l’aumento del fabbisogno di una popolazione in crescita hanno quindi generato una crescente consapevolezza, nelle istituzioni e negli attori economici, governi e aziende, della necessità di un’agricoltura sostenibile, quel rapporto equilibrato tra uomo, ambiente e risorse produttive che costituisce la sola possibile via di uno sviluppo equo e solidale.

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Una prima risposta, a fronte di evidenti problemi di sostenibilità, si è avuta con la nascita dell’agricoltura biologica, della lotta integrata agli animali infestanti con la drastica riduzione dei fitofarmaci e l’uso di prodotti di bassa o nulla tossicità, con la ricerca sugli organismi geneticamente modificati, con l’agricoltura di precisione. Come si vede, si tratta comunque di soluzioni non univoche e ancora incapaci di generare un volume produttivo determinante. Le coltivazioni biologiche nell’Unione Europea non superano ad esempio l’8% della superficie agricola complessiva ma soprattutto generano una resa del 70% in meno rispetto all’agricoltura convenzionale.

Tra le organizzazioni internazionali, la FAO (Food and Agriculture Organization, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha definito cinque obiettivi prioritari per un’agricoltura sostenibile: aumentare la produttività, l’occupazione e il valore aggiunto nei sistemi alimentari; proteggere e valorizzare le risorse naturali; migliorare i mezzi di sussistenza e promuovere una crescita economica inclusiva; accrescere la resilienza delle persone, delle comunità e degli ecosistemi; adattare la governance alle nuove sfide. Obiettivi che la FAO ha ripreso nel 2018 con il documento Transforming Food and Agriculture to Achieve the SDGs [N.d.R.: Sustainable Development Goals], identificandoli in 20 azioni – tra le quali conservazione e accrescimento della biodiversità, sviluppo economico e promozione sociale – per favorire un approccio integrato alla sostenibilità in agricoltura in riferimento agli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite.

L’Unione Europea ha da tempo avviato politiche di sostegno dell’agricoltura fondate sulla sostenibilità e, nel quadro della politica agricola comunitaria (PAC), agricoltori, imprese agroalimentari e comunità rurali sono chiamati a svolgere un ruolo essenziale e armonico in diversi settori chiave: nel sistema alimentare, nella produzione e distribuzione con la strategia della filiera corta, dal produttore al consumatore; nella biodiversità con la salvaguardia e l’incremento della varietà di piante e animali dell’ecosistema rurale; nell’azione per il clima con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette nell’UE entro il 2050; nella conservazione della ricchezza forestale; nella lotta all’inquinamento con la difesa delle risorse naturali quali l’acqua, l’aria e il suolo. In un’agricoltura armonica non verrà quindi assegnato un punteggio maggiore ad un particolare fattore dello sviluppo, ma la difesa del paesaggio rurale con la sua architettura tipica delle varie regioni europee avrà la stessa importanza delle coltivazioni e degli allevamenti che insistono su quel luogo, costituendone parte inevitabile ed essenziale.

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E l’Italia? Ha molto da dire in fatto di sostenibilità: Paese con la maggiore biodiversità in Europa, con 307 indicazioni geografiche per i prodotti alimentari, 525 per i vini e 34 per i liquori (2020); sicurezza alimentare al vertice; unico Paese con sistema certificato dei prodotti fitosanitari; primo Paese UE per superficie agricola destinata a biologico e con 80.643 imprese certificate bio (2019); primo Paese in Europa per aziende condotte da giovani; primo Paese in Europa e secondo Paese al mondo dopo gli USA per l’esportazione di prodotti biologici.

 

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