Lo scorso mese, forse qualcuno ricorderà, lo abbiamo sommessamente fatto notare: se il ministro della Salute Roberto Speranza per scegliere i primi da vaccinare, invece di scomodare supercomitati di supersaggi, avesse interpellato i ragazzini di una scuola elementare, di sicuro si sarebbe sentito rispondere di cominciare dagli anziani.
Ad essere egoriferiti, verrebbe fatto di pensare che il presidente del Consiglio e il Commissario straordinario al Covid abbiano sbirciato “Tutti Europa 2030”. E che dunque abbiano fatto tesoro, almeno loro due, del nostro suggerimento. In realtà, temiamo che Draghi e il generale Figliuolo tengano cose più urgenti da fare. E quindi, sebbene dispiaccia ammetterlo, è ragionevole sospettare che abbiano preso in maniera autonoma la decisione di dare la precedenza agli over 60 nella vaccinazione anticovid. Del resto, diciamolo, non è che nel caso specifico occorresse la genialità di un Leonardo per capire il da farsi: bastava e avanzava del modesto buonsenso. Bisognerà infatti pur rammemorarlo il marchio di fabbrica di questa pandemia, il dato di fondo tante volte ribadito nell’ultimo anno e mezzo da medici e statistica: il Covid è sì contagioso, ma mentre a quelli sotto i 60 anni praticamente non scuce un baffo, rischia di fare seri danni agli anziani e di ammazzare un bel po’ di persone rese fragili da gravi malattie.
È alla luce di ciò che, scrivevamo appunto un mese fa, anche un bambino di sette anni avrebbe saputo indicare la strada da prendere. Viene perciò da chiedersi: perché, invece di partire fin dall’inizio con il piede giusto, si è perso tempo, disperdendo in tanti rivoli risorse e dosi di vaccino? Proviamo a riavvolgere la pellicola. Era il 27 dicembre del 2020 quando, con grande fanfara mediatica e tanto di apertura sui tg nazionali, l’infermiera dello Spallanzani di Roma Claudia Alivernini è diventata la prima persona ad essere vaccinata in Italia. Una scelta, come simbolo dell’avvio della campagna, incontestabilmente giusta. «Salviamo innanzitutto i soldati Ryan impegnati a combattere la pandemia giorno per giorno al fronte» era il messaggio impossibile da non condividere.
Poi però è successo quello che purtroppo troppo spesso capita nella terra di Azzeccagarbugli: ci siamo incartati. Facendo una gran confusione sulle priorità, a medici e infermieri in prima linea contro il virus sono stati assimilati medici, personale sanitario e amministrativo che i malati di covid li vedono tutt’al più al telegiornale. E che dunque con l’emergenza non c’entrano un tubo.
Per poi aggiungere farmacisti, insegnanti, professori universitari… Senza contare che davanti a una torta tanto golosa come quella del vaccino, era prevedibile che in un paese organizzato per feudi come l’Italia, si scatenassero i lanzichenecchi delle varie fazioni. Tra ordini professionali e caste varie è stata tutta una corsa a far vaccinare per primi i propri adepti. Spettacolo deprimente assai, come ha avuto modo di far notare lo stesso presidente del Consiglio quando alla fine si è trovato a districare la matassa che gli avevano rifilato.
Già, ma chi lo ha permesso questo spettacolo? Chi ha consentito che si creassero le premesse perché ciò potesse accadere? Insomma, di chi è la colpa primigenia dell’ennesimo pateracchio italico? C’è da scommettere, con una di quelle scommesse che non sarebbe bancata manco a uno tanto il risultato è scontato, che il colpevole non verrà mai scoperto. Non per buttarla sempre sull’antropologico, ma pare essere ascrivibile ancora una volta al carattere nazionale la difficoltà, sfociante spesso nell’impossibilità, di ricostruire la catena di comando e dunque di poter attribuire a qualcuno la responsabilità dell’accaduto.
In questa faccenda dei vaccini distribuiti alla “Viva il parroco”, l’imputato numero uno sembrerebbe essere, a naso, il ministro della Salute. È o non è lui che coordina le politiche sanitarie? Sennonchè, una volta scoppiato il caso anziani e a seguito dell’indecoroso arraffa arraffa delle dosi, il fin lì silente Speranza ha pensato bene di proteggersi le terga affermando a più riprese che lui non c’entrava nulla: l’autonomia delle regioni in campo sanitario è statuita per legge. Che poteva fare?
In effetti gli eventi, spesso da ridere non ci fossero tanti lutti a dover piangere, sembrerebbero star lì ad assolvere il ministro: dai pasticci della Lombardia, non paga evidentemente dello sterminio di vecchietti nei primi mesi covid; al tentato accordo del Tex Willer della Campania Vincenzo De Luca per avere il vaccino Sputnik scavalcando addirittura la UE; ai casini combinati dalla Toscana, dove non sapevano più a chi fare il vaccino pur di non inocularlo agli anziani.
Però, però… Non dimentichiamoci che trovare il colpevole nelle cose nostrane è impresa più difficile che individuarlo nei Gialli di Agatha Christie. Qui abbiamo a che fare con anguille che manco a Comacchio se ne trovano di così sguscianti. Infatti, chiamati in causa, i presidenti di regione si sono dimostrati maestri nello scaricare il barile a loro volta. Prendiamo Eugenio Giani. Il presidente toscano ha rilasciato al Corriere della sera un’intervista surreale, di quelle che non sai se è lui o Crozza che ne fa l’imitazione. Dunque, il nostro avrebbe potuto intanto chiedere scusa, visto quello che sono riusciti a fare lui e i suoi sodali. Invece, ha cominciato l’intervista all’attacco dando ovviamente ragione a Draghi, ma precisando che il presidente del Consiglio non ce l’aveva con lui. Da dove tanta sicumera? Dal fatto che si sente, come ti sbagli? La coscienza a posto. Per poi aggiungere, velatamente si capisce, che la colpa è di Speranza. La regione Toscana, come da indicazione ministeriale, si è solo limitata a dare la preferenza al personale sanitario in cui loro sono stati tanto bravi da comprendere anche la sanità privata, tipo fisioterapisti e odontoiatri. E, aggiungiamo noi essendo lui probabilmente troppo schivo per farsene un vanto, anche avvocati e personale giudiziario. Probabilmente soddisfatto dell’autodifesa d’ufficio, Giani in fine di intervista ha concesso che, sì, la vaccinazione dei vecchi non è andata granchè e che, con il senno di poi, avrebbe privilegiato i vecchi.
Eh, il senno… Merce rara. Basta vedere tutta questa faccenda: tra quanti dovevano prendere le decisioni giuste chi ce ne ha messo anche solo un po’?
Foto di apertura