Abbiamo sempre pensato che il bilanciamento fra la vita professionale e la vita privata fosse difficile da attuare, la famosa work-life balance che ha interessato la vita di tutti noi e che, oggi sembra superata da un concetto diverso. Emerge una nuova modalità di concepire il lavoro che porta nuovi valori e fa assumere comportamenti sempre più in linea con le esigenze, il
benessere e le priorità delle persone. La work-life integration nasce infatti dalla certezza che la persona è unica e non esiste una persona pubblica e una persona privata ma caratteristiche, comportamenti e risorse possono tranquillamente essere traslate e possono essere utili nell’uno e nell’altro caso. Il concetto va, però, oltre questa dimensione e ci spiega che vita e lavoro sono strettamente interconnessi e far finta di niente genera fatica, abbassa la nostra produttività e rende infelici. Vita e lavoro generano sinergie, si ricaricano a vicenda e si trasmettono trucchi, esperienze e competenze. Le esperienze di vita sono uniche e sono una palestra disponibile da usare anche sul lavoro. Facciamo un esempio concreto, essere genitori fa bene all’azienda?
La maternità viene definita da esperti di neuroscienze come una vera e propria “finestra di sviluppo” non solo perché ha effetti fisici sul nostro cervello ma allena e favorisce anche molte competenze soft. Tra gli effetti fisici documentati ci sono: l’aumento di volume della materia grigia, l’aumento delle spine dendritiche, piccole antenne che mettono le informazioni in collegamento fra di loro e rendono più veloce il ragionamento, l’aumento di alcuni dosaggi ormonali (dopamina, ossitocina, prolattina) che facilitano la capacità di cogliere al volo lo stato emotivo delle persone, che aiutano a resistere alla fatica e stimolano la capacità di assumersi rischi alimentando il coraggio. A valle di tutto questo, la maternità allena soft skills molto utili all’azienda. Le divido, per brevità, in gruppi: abbiamo quelle relazionali, (empatia, ascolto, comunicazione, creazione di alleanze) quelle organizzative (saper prendere decisioni, gestione del tempo e delle priorità, delega, gestione del cambiamento) e le competenze di innovazione (agilità mentale, problem solving, creatività, visione ed efficacia).
Ma non solo maternità anche la paternità provoca dei cambiamenti e rende più empatici i papà che si occupano dei figli. In un recente Workshop a cui ho partecipato alcuni Dirigenti e Manager di alto livello portavano la loro testimonianza di come la paternità avesse sviluppato in loro capacità e comportamenti utili e assolutamente efficaci nelle aziende in cui lavorano. Primo fra tutti l’abitudine all’attenzione e alla scoperta dell’altro, la capacità di ricercare il potenziale e la consapevolezza di avere grosse responsabilità unita, però, all’umiltà di capire i propri limiti e debolezze.
La paternità aiuta a mettersi a disposizione e a non vergognarsi delle proprie emozioni, prima la figura paterna era lontana e direttiva, oggi bisogna saper comunicare e condividere e la casa e i figli sono un importante campo di allenamento. Chi ha paura di cambiare e di sbagliare nuoce a sé stesso e all’azienda in cui lavora. Ecco che la genitorialità non è più un momento privato ma diventa una formazione importante che riportata in azienda aiuta ed è utile allo sviluppo della performance a alla costruzione di valori ed obiettivi. E voi quali esperienze personali portate nel mondo del lavoro?