La furbissima polemica del furbissimo Fedez ha focalizzato la discussione sulla parola “censura”. Nascondendo altri significati reconditi: la pochezza delle sue canzoni, l’obsolescenza del concerto del 1° maggio se racchiuso in una bolla senza pubblico e a compartimento stagno, la
marginalità dei sindacati non più graziati dal consociativismo, l’ipocrisia dei politici che hanno plaudito al suo intervento. Ci soffermiamo su quest’ultimo punto facendo osservare il curioso e contraddittorio ossimoro scaturito da queste approvazioni. Letta, Conte e chi per loro hanno criticato la “presunta censura” e, ovviamente “i presunti censori” senza considerare che sono proprio i loro partiti di riferimento che hanno insediato al vertice quei responsabili. Dunque hanno rivolto un’accusa che è stato come un boomerang per chi ha saputo correttamente interpretare quelle improvvide uscite. Perché tutti i vertici dell’azienda mediatica di Stato fanno riferimento a una fazione ed è a lei che devono relazionarsi per politica aziendale e gestione del personale.
Quando Bruno Vespa evocava nella DC il suo editore riferimento citava il partito che gli ha permesso di consolidarsi a Saxa Rubra per un quarantennio. Un’affermazione che faceva scandalo ma rispecchiava realisticamente la realtà. Lo stesso Movimento Cinque Stelle (oggi nei fatti un partito vero e proprio) al momento delle nomine non ha perso l’occasione per infilare nei posti di comando i propri uomini (esempio, Carboni). La corsa alla tessera o all’iscrizione ha riguardato anche professionisti sessantenni che c’hanno messo un minuto a cambiare bandiera.
Beato il tempo in cui i giochi erano più chiari: Rai uno alla DC, Rai due ai socialisti, Rai tre al Partito Comunista. Oggi la situazione è più
sfrangiata e dialettica, omogenea all’inesistenza reale del vincolo di mandato, fattore destabilizzante che ha consentito a circa 140 eletti di cambiare schieramento nel corso della legislatura determinando una maggioranza labile quanto schizofrenica. Dunque lo slogan: “Fuori i partiti dalla Rai” contiene una falsità demagogica evidente. Se la RAI non è la BBC i motivi sono evidenti. La politica ha interesse a lottizzare la Rai e a mantenere precisi steccati di forza. E dato che la politica non è capace di auto-emendarsi, neanche la Rai auto-contaminata ne sarà mai, per definizione, capace. I Marzullo, i Di Mare, le Capitani sono tutti in quota con una dipendenza che è figlia di una constatazione che vale anche per la carta stampata: in Italia non esistono editori puri.
O vogliamo sostenere che i Caltagirone, i Cairo, gli Elkann si battono per la libertà di stampa quando hanno costituito dei resistenti e coriacei oligopoli?