Certamente è solo una coincidenza.
Ma credo non si possa non restare colpiti dal fatto che, nell’arco di venti giorni, il sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo esita, attraverso la sua Corte, due decisioni che, pur ineccepibili da un punto di vista giuridico formale, lasciano l’amaro in bocca, perché riguardano il diritto alla vita di due bambini.
Con la decisione Parfitt contro Regno Unito (ricorso n. 18533/21) del 21 aprile scorso, è stato dichiarato irricevibile il ricorso di una madre che si opponeva alla decisione dei medici di sospendere ogni trattamento sanitario sulla sua figlia di cinque anni, affetta da un male incurabile. Sostanzialmente approvando così la decisione dei tribunali nazionali che avevano ritenuto la prosecuzione dei trattamenti, per vero invasivi e dolorosi, contraria all’interesse superiore della minore.
La Corte europea ha così affermato che la decisione di sospendere le cure non era contraria al diritto alla vita protetto dall’articolo 2 della Convenzione.
E, qualche giorno dopo, per l’esattezza l’11 maggio, è stata pubblicata l’attesissima decisione nel caso Penati contro Repubblica Italiana (ricorso n. 44166/15) nella quale la Corte ha ritenuto che nemmeno l’Italia abbia violato il diritto alla vita del minore Federico, di otto anni, ucciso dal padre, violento e tossicodipendente, nel corso di un colloquio che avrebbe dovuto svolgersi in ambiente protetto ed evidentemente non lo fu.
Anche qui la Corte ha deciso in maniera tecnicamente ineccepibile.
Ma lo scopo di questa rubrica non è quello di annotare la giurisprudenza di Strasburgo con dotte argomentazioni tecniche. Quanto piuttosto quello di mostrare, anche a un pubblico di non giuristi, i limiti del tecnicismo giuridico anche a livello internazionale, esaltandone i pregi, peraltro, quando ve ne siano (e certamente ve ne sono). E di ribadire, ed anche sul piano tecnico-giuridico questa volta, che il sistema della Corte europea è perfettibile. E che va migliorato nella direzione di un accrescimento dei suoi poteri di controllo e di riesame delle decisioni nazionali.
Ma questa, come si dice, è un’altra storia. O forse no.