La scorsa settimana, mentre Times Square a Londra si riempiva di giovani in festa, a la Grand Place di Bruxelles l’atmosfera era spettrale. Il cuore pulsante dell’Unione Europea fino a qualche giorno fa era sotto la morsa delle misure contro il COVID-19, solo ora la città respira aria di (volatile) normalità.
Nonostante la riapertura delle attività ed una campagna vaccinale tra le migliori del continente, in Belgio le sale rianimazione sono ancora piene ed il tasso di mortalità legato al COVID-19 resta elevato. Lo stesso accade in vari paesi d’Europa dove la vaccinazione della popolazione sta aumentando sempre più rapidamente. Si parla di un aumento della distribuzione delle dosi nell’ultimo mese del 60% in Francia, 90% in Italia ed addirittura del 145% in Germania. Tuttavia, a sorprendere non è solo l’incremento esponenziale della campagna vaccinale ma anche un incremento dell’invio di lotti vaccinali al di fuori dell’Europa.
L’Unione Europea ha infatti varato un apposito strumento di Diplomazia sanitaria, il Team Europe, che permette di spedire equipaggiamenti e vaccini dove sono più necessari. Grazie a questa piattaforma decisionale gestita prevalentemente dal Servizio per l’Azione Esterna (SEAE o EEAS) e dal Direttorato per la cooperazione umanitaria (DG ECHO), è stato possibile finanziare l’iniziativa internazionale COVAX e recapitare vaccini, respiratori e svariati lotti di mascherine a svariati paesi. Si pensi che alla fine di aprile solo nei Balcani sono state inviate 651.000 dosi del vaccino Pfizer.
Molti si potrebbero chiedere perché inviare le dosi in altri paesi quando fino ad un mese fa Bruxelles autorizzava il governo Draghi a sequestrare i lotti di Astrazeneca diretti in Australia per sopperire alle lacunose scorte in Italia. La risposta è che l’Europa non può richiudersi in se stessa. Semplicemente non se lo può permettere, sia dal punto di vista politico che da quello economico.
L’UE basa il suo benessere interno, così come buona parte della sua politica estera, sull’apertura del mercato internazionale. In questo senso, un significativo incremento delle esportazioni europee può avvenire solamente se tutti i paesi collegati alla sua economia escono a ruota dalla fase pandemica per dedicarsi interamente ad una ripresa che favorisca i consumi, compresi quindi quelli di beni europei. Per l’Unione risulta particolarmente importante accelerare la campagna vaccinale in quei paesi legati al nostro mercato da un’intelaiatura di accordi istituzionali e commerciali. Sostanzialmente in questa categoria troviamo il Regno Unito, i paesi EFTA e i paesi adiacenti alle nostre frontiere facenti parte della Neighbourhood policy (politica di vicinato) situati in Nord-africa ed Europa orientale. Una seconda categoria riguarda invece quei paesi che, per via del loro peso demografico, rappresentano un naturale bacino di consumatori di prodotti europei. Si pensi all’India attualmente colpita da una ondata pandemica senza precedenti. Ovviamente i benefici di una vaccinazione su larga scala non si fermano al solo commercio internazionale, ma incidono su altri settori economici come il turismo, linfa vitale per molti paesi europei tra i quali Grecia, Italia, Spagna e Francia.
Non ci dobbiamo però fermare ai meri dati economici quando in gioco vi è la credibilità stessa dell’Europa. Bisogna pensare ad investimenti a lungo termine per rafforzare il nostro “capitale politico”. Infatti, i rapporti diplomatici sono lenti da costruire, sono un continuo “work in progress”, ma basta poco per provocare profonde lacerazioni. L’approccio alla base del Team Europe favorisce quindi l’accumulo di capitale politico spendibile in futuro ma anche la dimostrazione che l’Unione Europea, nonostante i suoi errori nella gestione pandemica e le lungaggini burocratiche, è capace di azioni concrete che aiutano le popolazioni in difficoltà.
Ora non ci resta che guardare oltre la situazione pandemica che ci ha attanagliato per quasi due anni. Sicuramente le recenti affermazioni di Biden riguardo la possibilità di sospendere l’applicazione dei brevetti sui vaccini delle case farmaceutiche operanti in America fa ben sperare. Un altro segno che la ripresa può avvenire solo se si evita il protezionismo vaccinale e si procede tutti allo stesso passo.