La lunga pausa imposta dalla pandemia, se, da una parte, ci ha fatto riscoprire il valore sociale e terapeutico della attività sportiva non agonistica, dall’altra ha messo in luce la intrinseca debolezza del sistema, che non ha trovato il modo ed il soggetto giusto per far valere le proprie necessità e rivendicare gli adeguati ristori.
Le palestre sono rimaste chiuse per oltre 14 mesi e le piscine, per l’attività non agonistica, potranno riaprire solo il primo luglio.
Tutto ciò ha dato vita a non poche problematiche, anche di carattere psico-sociale, che evidentemente non sono state esaminate con la necessaria attenzione al momento delle scelte. Inoltre, come ricordato in precedenza, non si è valutato, come sarebbe stato necessario, il profilo economico e la ricaduta negativa sulle attività sportive non agonistiche di questa lunghissima e forzata chiusura.
Totalmente assente, rispetto a questi temi, è stato il mondo della scuola che pure dovrebbe considerare l’attività fisica con la massima attenzione, sia per gli aspetti educativi, che per quelli sociali di essa.
Alla luce di queste considerazioni va operata una approfondita analisi finalizzata ad individuare le cause di questo stato di cose ed a dettare alcune possibili soluzioni.
Partendo dalla considerazione che l’ennesimo rinvio (alla fine del 2023) dell’entrata in vigore dei decreti legislativi, delegati dalla legge n. 86 del 2019, ha sancito il definitivo fallimento di tale iniziativa e considerando che gli incerti confini di operatività tra il Comitato Olimpico e la società pubblica “Sport e Salute” hanno prodotto solo un rilevante e pericoloso indebolimento dell’intero settore dello sport (agonistico e non), è necessario offrire delle soluzioni alternative a quelle contenute nei cinque decreti legislativi pubblicati il 28 febbraio 2021.
Invero, la mancata coltivazione della delega relativa alla struttura del sistema sport, che avrebbe dovuto regolare i confini operativi di CONI e di Sport e Salute, costituiva un segnale, sufficientemente eloquente, del fallimento della riforma auspicata dalla legge n. 86 del 2019 (ultimo atto voluto dal “primo governo Conte”).
Quali, dunque, i possibili rimedi a questo stato di cose?
La soluzione più logica appare, però, la meno attuabile al momento. Essa, infatti, presuppone la istituzione di un ministero per lo Sport, dotato di portafoglio, in grado di divenire l’interlocutore naturale, nell’esecutivo, per tutto ciò che riguarda lo sport il cui ruolo, sia sotto il profilo agonistico, che economico-sociale, è notevolmente cresciuto nei 73 anni dell’entrata in vigore della Carta costituzionale (nella quale lo sport non era neppure ricordato).
Nelle more di questa auspicata realizzazione, unica in grado di risolvere, in via definitiva, le questioni relative al mondo dello sport, è ipotizzabile la convocazione degli “stati generali dello sport”, che possano far sedere ad un unico tavolo tutti protagonisti del sistema (CONI, Sport e Salute, Istituto di credito sportivo, Federazioni sportive, Comitato sportivo paraolimpico, Università del Foro Italico di
Roma, Discipline associate ed Enti di promozione sportiva) ed in quella sede affrontare e risolvere le principali questioni relative allo sport, anche in ottica di programmazione e spesa dei fondi del P.N.R.R., nel quale il ruolo dello sport, proprio per la lamentata mancanza di coordinamento e di autorevolezza nell’operare, è stato considerato solo marginalmente, senza esaminare le effettive esigenze di un settore che produce (rectius: produceva) circa 1,8% del prodotto interno lordo del Paese.
Si dice che il presidente degli Stati Uniti nel suo ultimo mandato governi per passare alla storia (mentre in quello precedente operava per farsi rieleggere): alla luce di ciò è auspicabile che il presidente del CONI, giunto al suo ultimo mandato, voglia lasciare un segno rilevante, sulla riforma dello sport in Italia, recependo l’idea nata dal Master di Diritto sportivo dell’Università “La Sapienza” di Roma, dando così corpo alla convocazione degli “Stati generali” dello sport, per riprendere la discussione del tema relativo al riordino del sistema sport. Il tutto, dopo il fallimento di quanto previsto dalla legge n. 86, del 2019 ed in virtù della riscontrata latitanza, sui temi dello sport non agonistico, della società “Sport e salute”, nonché della perdurante inadeguatezza dell’istituto di credito sportivo, che non riesce a finanziare adeguatamente le operazioni di edificazione e manutenzione degli impianti. In tale contesto deve essere, necessariamente, coinvolto il mondo dell’Università e della scuola, iniziando dall’unica Università pubblica monotematica sullo sport quella del Foro Italico, che ha al suo interno le competenze necessarie per disegnare il nuovo ruolo dello sport nel Paese. Poi sarà necessario che la presidenza del Consiglio faccia attuare le valutazioni emerse ed elaborate dagli Stati generali.
Solo nel suo interno il sistema sportivo può trovare la formula per risolvere i non pochi problemi che la pandemia ha determinato, come si è visto le soluzioni piovute dall’alto e non condivise sono prive di futuro e di ogni efficacia.