Riprendo brevemente alcuni concetti già espressi precedentemente, spesso per andare avanti si deve fare prima un passo indietro.
La felicità oltre ad essere un’emozione positiva è una competenza che si può sviluppare ed allenare, il welfare aziendale lascia il posto ad un concetto più ampio che si coniuga bene con la sostenibilità e la capacità di investire nel futuro. Il termine wellbeing raccoglie dentro di sé il welfare e lo amplifica
cercando di includere il termine benessere non solo da un punto di vista economico ma anche psicologico e mentale. Il capitale umano è sempre più centrale nelle organizzazioni. Ecco, allora, che si sta facendo strada una nuova figura di Manager capace di gestire il wellbeing aziendale, capace di portare l’organizzazione oltre i confini della sua mission, adottando tutti i principi economici, sociali, ambientali e tecnologici che sono un impegno senza se e senza ma del momento storico che stiamo vivendo. Nasce il Chief Happiness Officer, non dobbiamo farci deviare dalla traduzione italiana, non è un dispensatore di sorrisi, pacche sulle spalle e cioccolatini, ma una figura fondamentale e strategica dell’Azienda che ha bisogno di un appoggio da parte del Top Management potente ed illuminato. A riprova di quanto sia in fieri ed importante questo trend, sono nate scuole di certificazione di questa nuova figura professionale in tutta Europa, negli States ed anche in Italia dove, comunque, si è sempre più restii di altri Paesi ad accettare cambiamenti e a modificare stereotipi consolidati.
Ma cosa fa un CHO?
Il suo principale lavoro è essere un tramite tra le conoscenze vecchie e nuove e le pratiche di un nuovo sviluppo, un tramite tra le persone che lavorano nell’organizzazione e l’organizzazione stessa, essere di aiuto nello sviluppo di un nuovo concetto di leadership in modo che i leader e l’Azienda siano principali esempi di un cambiamento culturale e di una diversa modalità di comportamento. Portatore di nuove tecnologie con occhio attento alla sostenibilità e allo sviluppo di finalità collettive per instaurare un valore forte di impatto sociale ed ecologico. Negli scenari futuri la padronanza delle competenze sarà sempre più importante e la formazione sarà continua, personalizzabile, incentrata sulla capacità di formare persone autonome, capaci di capire il contesto, muoversi con facilità sapendo prendere decisioni con senso di responsabilità personale e collettiva.
Questo è lo scenario che ci aspettiamo, e questa è una delle figure professionali emergenti insieme ad altre che, come ho sentito dire in un interessante workshop sull’intelligenza artificiale «il 65% dei bambini di oggi farà un lavoro che ancora non conosciamo».
Benvenuto futuro!