Sono al terzo appuntamento dedicato alle interviste agli artigiani storici d’eccellenza e, anche stavolta, varcando la bottega storica del maestro orafo Claudio Franchi, capisco subito che sarà un’esperienza unica, da trasmettere e condividere.
Già la via dove si trova la bottega, Via di Tor di Nona, ti fa entrare nel vivo della storia della città di Roma, ci troviamo proprio ai margini del Tevere. Il nome deriva dalla Torre medioevale di proprietà degli Orsini dove venivano conservate le derrate alimentari che giungevano dal Tevere, da qui “Nona” abbreviazione di “Annona”.
Il maestro mi accoglie con molta cordialità e professionalità e iniziamo a parlare delle origini della famiglia e della sua tradizione. Mi racconta che appartengono alla IV generazione di un mondo radicato nel territorio chiamato “scuola orafa romana”. La prima bottega settecentesca sorge nella linea di discendenza diretta del celebre Luigi Valadier dal quale, nel secolo successivo, la famiglia degli Spagna rilevò la bottega. Sarà poi Giovanni Pocaterra, allievo degli Spagna, a trasferire questa eredità ai Vitali e successivamente alla famiglia Franchi. La bottega continua la sua produzione nel solco di questa tradizione e ciò che è particolare e difficile da trasmettere, e che sottolinea con enfasi il maestro, «… è che nell’era dell’innovazione ci pregiamo del concetto di innovare conservando. La conservazione dei sistemi, dei gessi, dei modi, dello stile è l’unico modo per innovare perché quando si conoscono i percorsi di conoscenza del passato puoi innovare i linguaggi seguendo una linea di continuità».
Tra le varie discipline artistiche l’argenteria e l’oreficeria hanno un ruolo di preminenza anche se la Storia dell’arte ha scoperto e riconosciuto queste discipline in tempi recenti. La bottega Franchi rappresenta questa tradizione che nel passato era fortemente legata alle grandi arti, basti pensare ai precedenti romani come i tesori di Boscoreale o quelli dell’area pompeiana del I sec. e ancora ai grandi artisti del Barocco, come Bernini, Algardi, Pietro da Cortona, che lavoravano a stretto contatto con argentieri e orafi.
Continuo la mia intervista chiedendo a Claudio di raccontarmi la storia dei lavori eseguiti per il Vaticano. Ci racconta che questi incarichi nascono come una sorta di casualità, i loro committenti, infatti, sono sempre stati famiglie aristocratiche, collezionisti e privati.
Nel 2005 Claudio curò una bellissima mostra a Palazzo Venezia dal titolo “I tesori della steppa di Astrakhan”. Proprio in quei giorni veniva a mancare papa Giovanni Paolo II e il maestro delle Celebrazioni Liturgiche dell’epoca, Mons. Marini, venne a conoscenza della mostra e si soffermò sulla figura di Claudio, curatore, docente universitario, vicepresidente dell’Associazione degli Orefici romani. Al maestro la sua figura di carattere culturale, artigianale e al contempo di rappresentanza nel mondo della cultura orafa sembrò perfetta per affidare alla bottega la realizzazione dell’anello del pescatore per papa Benedetto XVI.
In seguito, fu sempre Mons. Marini, colpito dalle sofisticate capacità tecniche e manuali e dalla grande conoscenza della storia dell’arte della bottega Franchi, a dare loro l’incarico di realizzare la nuova Icona Acherotipa, l’originale dell’VIII secolo è conservato in San Giovanni in Laterano, da utilizzare per la celebrazione della liturgia pasquale che nel 2006 cadeva nello stesso anno della Pasqua ortodossa. Per il maestro questo fu un lavoro di grande fascino e di scoperta delle letture sacre e della loro interpretazione.
Per Claudio, il concetto di tutela e salvaguardia del mondo delle botteghe storiche è un concetto irrecuperabile in questo nostro tempo: innanzitutto per la totale mancanza di comprensione da parte della politica nei confronti dell’artigianato d’eccellenza, si pensa solo all’economia e non alla tecnica, l’artigianato viene visto come un soggetto economico poco interessante, non se ne comprende il forte valore di traino e d’interesse che invece è presente da parte di un certo tipo di pubblico, la cosiddetta classe dei nuovi ricchi che cercano prodotti distintivi, di eccellenza e che, non trovando il corrispettivo, si rivolgono al mercato, omologato, del lusso.
Durante il Gran tour le città d’arte italiane erano luoghi di attrazione di quel viaggio affascinante alla riscoperta delle vestigia dell’antico e gli artigiani di quell’epoca s’inventano, soprattutto a Roma, il mosaico minuto, l’oreficeria archeologica creando così un rapporto diretto tra l’oggetto del dono, l’oggetto del lusso e la storia dell’arte: oggi questo rapporto è totalmente scisso, il concetto di rappresentazione della bellezza diventa un valore culturale troppo profondo su cui la gente non si sofferma più. I prodotti di eccellenza sono ormai richiesti da un ristretto mercato di nicchia.
La bottega Franchi continua a garantire con la propria presenza e la propria passione quel mondo di cultura artigianale che non si può escludere o eliminare, tentano nel loro piccolo di stimolare, anche attraverso i nuovi canali social, un’attenzione sul loro lavoro artigianale per attrarre quei clienti interessati al quel prodotto del sogno che è il gioiello che ha sempre fatto sognare l’uomo e che sempre lo farà sognare.
Fortunatamente nel mercato di scuola romana ci sono molti giovani artigiani progettisti con grande voglia di sperimentare che sono la nuova frontiera della ricerca del gioiello contemporaneo.
Ciò che Claudio mi vuole e ci vuole trasmettere è che l’artigianato ha bisogno di evolversi ma non di innovare secondo il concetto tecnologico bensì fare continue ricerche del prodotto, essere sempre attrattivi per il cliente e al contempo trasferire nell’oggetto che si realizza il dna dell’autore e quella tradizione antica dove il gioiello rappresenta un elemento imprescindibile nella vita di un uomo, è proprio infatti tramite i ritrovamenti di gioielli che gli archeologi hanno stabilito l’organizzazione delle società antiche. Cito: “Il concetto di decorarsi e rappresentarsi attraverso il monile è sempre appartenuto alla storia dell’uomo ed è questo il ruolo fondamentale del nostro magnifico mestiere”.