Il titolo-slogan del film di Bellocchio che, all’esordio del ’68, riprendendo l’omonimo titolo del libro scritto nel 1957 da Enrico Emanuelli, evocava i timori che il comunismo maoista suscitava nella borghesia, è diventato oggi realtà?
La lunga marcia della potenza cinese inizia con Deng Xiaoping e prosegue oggi con Xi Jinping, sfruttando progressivamente, soprattutto negli ultimi due decenni, la delocalizzazione dell’industria occidentale alla ricerca di manodopera a basso costo per assorbire know-how dalle maggiori aziende degli Stati Uniti e dell’Europa.
Oggi la Cina è una potenza industriale autonoma in molte produzioni ad alta tecnologia come l’elettronica, l’aerospaziale e l’industria degli armamenti, ma allo stesso modo è un gigante finanziario e militare che espande la propria influenza strategica nel mondo intero, dall’Occidente sviluppato ai Paesi terzi, dei quali costituisce spesso il partner ritenuto più affidabile. Regime autoritario, ha anche una concezione del tutto originale dei diritti umani, che limita ai diritti sociali e politici ottenuti attraverso la crescita economica degli ultimi anni.
Un famoso discorso del 2015 dello stratega Qiao Liang, generale docente all’Università della Difesa a Pechino, traccia la geopolitica del Paese asiatico nel momento in cui gli Stati Uniti, con Obama, danno inizio al contenimento della Cina riproiettando la loro influenza in Estremo Oriente e nel Pacifico.
Secondo questa lucida analisi la strategia americana dagli anni 40 del XX secolo ha poggiato su tre sistemi globali: politico, l’ONU, commerciale, il Gatt (che diverrà poi WTO), monetario e finanziario, il sistema di Bretton Woods, quest’ultimo sostituito nel 1971 con un nuovo sistema che sanciva l’abbandono del gold standard agganciando il dollaro non più all’oro ma al petrolio.
Per Qiao gli USA sono sempre riusciti – anche dopo le guerre di Corea e del Vietnam – a trarre vantaggio dalle crisi regionali attraverso ciò che egli definisce il ciclo del dollaro: uno scientifico intervallo monetario della durata di sedici anni, dieci anni di debolezza e sei di forza della moneta, periodo di rafforzamento che coincide puntualmente con il deflagrare di una crisi regionale e la distruzione dell’economia delle nazioni interessate.
La Cina dovrà quindi costruire un sistema alternativo, rivolgendo la propria attenzione verso Occidente, Asia Centrale ed Europa, la «via della seta», e internazionalizzando la propria moneta, in una realtà globale dove la finanza conta più delle armi e nella quale internet, innovazione tecnologica e valuta digitale riequilibreranno la forza un tempo incontrastata del dollaro.
Nel 1999 lo stesso Qiao Liang e Wang Xiangsui, altro esperto militare, avevano pubblicato il saggio Guerra senza limiti, enunciazione teorica della guerra non convenzionale, combattuta cioè con le armi di un terrorismo nuovo, creativo e temibile, non solo quindi con i più cruenti esplosivi, ma anche informatico, ecologico e biologico, prefigurando l’attacco alle Torri Gemelle di due anni più tardi e, forse, domanda legittima e inquietante, le pandemie future, con «mezzi che trascendono le nazioni, le regioni e le regole», in uno scenario dove, visti i continui capovolgimenti di fronte, diventa spesso difficile distinguere gli amici dai nemici. Nemmeno la finanza veniva trascurata in questa analisi, nella quale si parla apertamente, citando come esempio George Soros, di terrorismo finanziario.
La strada verso l’Occidente è stata così tracciata nell’ultimo decennio da molteplici accordi tra Cina, Russia e diversi Paesi europei. D’altra parte, con il disimpegno di Trump dalla TPP (Trans-Pacific Partnership) di Obama, la Cina non ha perso l’occasione, promuovendo nel 2020 la RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) tra ASEAN (Association of South-East Asian Nations), Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, accordo di libero scambio che rappresenta quasi un terzo del Pil mondiale. Ma le tensioni sullo scacchiere del Pacifico sono proseguite ugualmente sia con la presidenza Trump sia con il successore Biden. Anche il cosiddetto BRICS, struttura di coordinamento tra Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, che somma il 42% della popolazione mondiale e il 22% dell’economia globale, e la penetrazione in Africa e Sudamerica, dimostrano come la Cina abbia evidenti ambizioni planetarie.
Celebrando il 1° luglio 2021 il centenario del Partito Comunista Cinese – tristemente nella piazza Tienanmen -, Xi Jinping ha annunciato con enfasi che la Cina, raggiunto l’obiettivo di una «società moderatamente prospera» mira a diventare «un Paese forte, democratico, civile, armonioso e moderno» entro il 2049, l’anno del secondo centenario, quello della Repubblica Popolare. Si illuderebbe – ha detto Xi – chi tentasse di fermare l’avanzata della Cina verso il progresso economico e sociale, che come abbiamo accennato necessita di due tasselli fondamentali, la crescita finanziaria e la modernizzazione militare del Paese. Una lezione per l’Occidente, definito un sistema in stagnazione, che dovrebbe abbandonare la propria volontà egemonica e accettare l’esistenza di un sistema multipolare.
«Grande è la confusione sotto il cielo», affermava Mao Zedong riferendosi alla Cina pre-rivoluzionaria, «quindi la situazione è eccellente!». Ma è difficile dire se due sistemi come il social-capitalismo e il liberal-capitalismo, entrambi dominati da sovrastrutture ideologiche che confliggono spesso con la libertà anche quando la affermano, possano essere funzionali a un cambiamento reale della società. La Cina è arrivata, ma forse in qualche modo era già qui quando, mezzo secolo fa, ne veniva evocato il fantasma.
Immagine di apertura: La Grande Muraglia, foto di Max van den Oetelaar, Unsplash