Sul piano della democrazia e dei diritti, l’Europa non può tornare indietro. Ha parlato chiaro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: lo ha fatto all’Università di Parigi, la Sorbona, durante la visita ufficiale in Francia nei primi giorni di luglio, e lo ha ripetuto in diverse occasioni. Un crescendo d’interventi, tutti caratterizzati da un forte segno politico, e da una chiara impronta europeista.
Nella sua lectio alla Sorbona, Sergio Mattarella ha ricordato che «nella società europea contemporanea, la persona è posta al centro di una fitta rete di diritti e di tutele che garantiscono il suo libero esprimersi, il suo svilupparsi come singolo e come comunità».
Il rispetto della persona e dei suoi diritti è dunque «la base fondante» della nostra Europa.
Non è una considerazione astratta. Mattarella interviene nel pieno della polemica che coinvolge Ungheria e Polonia, per i provvedimenti discriminatori adottati in base all’orientamento sessuale delle persone; e ancora l’Ungheria, per leggi che limitano di fatto la libertà di stampa e di espressione.
«Occorre chiarezza» scandisce il capo dello Stato. E dal podio della Sorbona piazza la sua stoccata: «Le solenni decisioni assunte da ciascun popolo al momento dell’adesione al progetto europeo, non possono essere contraddette, se non al prezzo della drastica decisione dell’abbandono».
È un affondo senza precedenti. Per la carica che ricopre, il presidente della Repubblica non può entrare nel merito della polemica politica, né interferire con l’attività di altri governi. Ma pur senza far nomi e citare casi specifici, il suo messaggio è trasparente: chi non rispetta i principi fondamentali della nostra Unione, se ne vada pure. In questo il presidente italiano dà il suo pieno sostegno alla linea dura nei confronti di Orban adottata dalla Commissione di Ursula Von der Leyen e dal capogruppo del PPE a Strasburgo Manfred Weber.
È l’effetto della Brexit. Fino allo scorso anno il cammino dell’Europa unita non aveva conosciuto passi indietro. Battute d’arresto sì, e più d’una. Lunghi momenti di stasi per colpa di soci riottosi, (la sedia vuota di De Gaulle, la signora Thatcher del Want my Money back) senza però mettere mai in discussione il teorema dell’ampliamento ad libitum dell’Unione: più siamo, meglio stiamo, più contiamo.
Ora che invece la Gran Bretagna se n’è andata, senza grandi contraccolpi, e che invece la pandemia ha stravolto la nostra vita e le nostre economie, ci si rende conto che più della quantità conta la qualità dello stare insieme. E che oltre alle ragioni del mercato, c’è un patrimonio d’idee da difendere e valorizzare. Quello che Mattarella definisce il demos europeo. Divertendosi quasi a sbeffeggiare quei Paesi che – con l’etichetta di “frugali” o di “gruppo di Visegrad” – remano contro l’unità europea e le sue politiche di solidarietà.
«È cresciuta una nuova consapevolezza – osserva il capo dello Stato, di fronte alla novità positiva del Next generation EU – che supera e azzera improvvidi e modesti diversivi di contrapposizioni all’interno dell’Unione fra gruppi di Paesi, talvolta indicati con appellativi davvero fantasiosi».
«La dialettica politica tipica di ciascuna comunità organizzata in Stato – prosegue ancora Mattarella – non può essere motivo o pretesto per indebolire o per porre in discussione i caratteri fondanti dell’Unione. Si tratta di elementi inscindibili». E in terra di Francia il presidente italiano ricorda l’antico motto “Liberté, egalité, fraternité”. «Non vi può essere democrazia senza libertà, libertà senza democrazia, libertà e democrazia senza giustizia sociale, che consente il perseguimento della prosperità».
È il salto di qualità che l’Europa attende. Mattarella ne ha parlato con Macron. Più volte a Parigi ha fatto riferimento a quella bozza di “Trattato del Quirinale” che dovrebbe fare del tandem Francia-Italia il motore della costruzione europea. Anche se per evitare impegnativi paragoni con il “Trattato dell’Eliseo” che firmarono De Gaulle e Adenauer, il nome corretto di questo progetto è “Trattato bilaterale sulla cooperazione rafforzata”.
Un tandem non per isolarsi dagli altri ma per favorire e guidare la crescita. Accanto a quella Conferenza per il futuro dell’Europa che vede di giorno in giorno aumentare il numero dei partecipanti, e che potrebbe concludersi l’anno prossimo proprio nel semestre di presidenza francese.
Nel brindisi con Macron all’Eliseo, il 5 luglio, Mattarella aveva indicato lo strumento di una «relazione bilaterale forte», per aiutare a «fare squadra», là dove la solidarietà finora è mancata (per esempio nelle politiche dell’immigrazione).
Un tema che a metà settembre Mattarella riprenderà con altri Capi di Stato europei, ospitati al Quirinale per l’annuale vertice del cosiddetto “Gruppo di Arraiolos”.
Ci saranno anche i presidenti di Ungheria e Polonia, e a loro Mattarella ripeterà quel che ha scritto l’8 agosto, nel messaggio per ricordare i morti della miniera di Marcinelle: «Da tragici eventi come quello, l’Europa ha appreso l’importante lezione di dover porre diritti e tutele al centro del processo d’integrazione continentale».
C’è un fil rouge che unisce passato, presente e futuro. Anche oggi, sottolinea Mattarella «in una fase nuova di ripresa e ripartenza, l’Unione europea, edificata sulla base di valori condivisi, e di norme e istituzioni comuni, ha saputo trovare in sé energie per aiutare i popoli degli Stati membri nel difficoltoso cammino di uscita dalla pandemia».
L’Europa degli ideali, in cui credevano i padri fondatori. Il 29 agosto il capo dello Stato è atteso all’iniziativa dei Federalisti, a 80 anni dal manifesto di Ventotene. Con lo stesso spirito, il 16 luglio, è andato a Trento per ricordare Antonio Megalizzi, il giovane giornalista italiano assassinato a Strasburgo. E lì Mattarella ha parlato dello storico processo, che è in corso, «e che sta realizzando in Europa una condizione unica al mondo di pace, di collaborazione, di tutela dei diritti della democrazia, che è la base, l’anima dell’Unione europea».
«Lavoriamo insieme con determinazione» aveva chiesto Mattarella già a Parigi, per «un’Unione in sintonia con i suoi cittadini, con le sue sensibilità, con le loro necessità e i loro sogni».
Chi si riconosce in quest’orizzonte, in questo sistema di valori – sembra voler dire il presidente italiano – è il benvenuto. Ma nessuno deve restare controvoglia, a mettere i bastoni tra le ruote. Nessuno può, in nome di un malinteso senso di sovranità, attuare politiche nazionali che siano in aperto contrasto con i principi ispiratori dell’Europa. Chi ci sta, bene. Chi non ci sta – Brexit docet – arrivederci, e grazie lo stesso.