Ogni tanto rompo le scatole ai miei amici diffondendo non solo qualche mia idea, ma anche qualche interessante articolo. Fra gli ultimi che ho diffuso ce n’è uno particolarmente allarmante comparso sul ‘The Guardian’ a firma Luis Casado (in fondo al suo articolo troverete le sue importanti qualifiche professionali). L’articolo commenta un importante rapporto di Carmen Reinhart, capo economista della Banca Mondiale, del quale naturalmente in Italia non si è sentito parlare. Non una No Vax, ma il capo economista di una delle più importanti istituzioni mondiali, ci dice, in sintesi, che l’inflazione prodotta dai giganteschi finanziamenti offerti dagli Stati e dalla UE per combattere la recessione dovuta alla pandemia producono inflazione. Questo l’avevamo capito, perché abbiamo assistito all’impennata del petrolio, del gas, delle materie prime e di alcuni componenti dell’elettronica. Però mentre le fonti ufficiali –i banchieri centrali- ci dicono che quest’inflazione sarebbe temporanea, la signora
Reinhart avanza forti dubbi perché pensa che essa durerà a lungo, considerando il fortissimo indebitamento del settore privato e l’enormità di quello sovrano e cioè dell’indebitamento degli Stati.
E allora quale è l’unica terapia possibile?
Come al solito, e come sempre, alzare le tasse perché i cittadini facciano fronte al debito.
L’articolo però pone un interrogativo delicato, ironizzando su quello che la Reinhart ‘non dice’, e cioè chi pagherà l’aumento delle tasse? E qui l’autore ricorda che nella storia le tasse sono sempre state pagate dai poveri. La rivoluzione francese non è avvenuta nel 1789, ma un anno prima, quando la nobiltà e il clero hanno deciso di spremere ancora di più i contadini già gravati da molte forme di tasse, gabelle e balzelli.
Prima dell’assalto alla Bastiglia i contadini francesi assalirono gli uffici fiscali.
A quel tempo però si capiva chiaramente chi erano i ricchi e chi erano i poveri, anche nell’Inghilterra di Dickens i ricchi erano i borghesi e gli industriali, mentre i poveri gli operai sfruttati.
Ma oggi chi sono i ricchi?
Si fa presto a dire che i ricchi sono Bill Gates, Bezos, Zuckerberg e gli altri, ma questa definizione non è certo sufficiente. La borghesia degli Stati industrializzati è estremamente diversificata. C’è chi possiede grandi investimenti in borsa, centinaia di immobili, chi una bella casa e una villa di campagna chi soltanto una piccola casa di tre vani, e chi una casa neppure ce l’ha.
Allora non solo è difficile stabilire chi sono i ricchi, ma occorrerebbe capire quali cespiti già pagano molte tasse, cioè quali vacche sono già ampiamente spremute e, nel nostro Paese, parliamo soprattutto degli immobili perché su di essi si è concentrato il risparmio degli italiani. A parte i grandi patrimoni immobiliari le migliaia di italiani che si sono comprati prima una casa per viverci, e poi una seconda, in campagna o al mare, lo hanno fatto anche per garantire una vita migliore ai loro figli.
Certo, la prima casa può essere un appartamento di sei stanze a via condotti, ma anche 30 mq in periferia. Questa è un evidente sperequazione. Per non parlare poi di chi le tasse non le paga. Quindi, a parte una vera lotta all’evasione fiscale, occorre considerare che l’IMU e le altre tasse sugli immobili già spremono ampiamente quelli che le pagano. Inoltre gli immobili sono un gigantesco volano: i proprietari li devono mantenere pagando i produttori di mobilio, elettricisti, idraulici, geometri, ecc. La tassazione ereditaria francese è così alta che se una coppia giovane eredita dai genitori si troverà spesso costretta a vendere l’immobile per far fronte ad una tassa che giunge al 40% del suo valore.
Oggi però almeno in tutte le grandi città gli immobili hanno valutazioni molto alte, e quindi molti di coloro che hanno comprato le case negli anni ’60 – a quei tempi a basso prezzo – oggi si trovano valori anche cento volte superiori. Sono diventati ricchi? E quanti sono coloro che sono diventati ricchi? E dove si colloca l’asticella della ricchezza?
Se l’inflazione cresce, essa colpisce soprattutto i redditi più bassi e si rischia quindi che questi cittadini non ce la facciano più, e siano spinti a prendere i forconi, come i contadini francesi del 1788.
Credo che moltissimi, non solo i grandi economisti come Draghi, abbiano capito che la pandemia ha causato un così grande stravolgimento dei sistemi economici da richiedere gigantesche riforme strutturali, senza contare quelle che saranno necessarie per salvare l’ambiente che ci circonda e le comunità umane che ci vivono. Quale è la sfida? La sfida è quella di non farsi condurre da affermazioni di principio dei populismi di destra e di sinistra, ma di riuscire a ripartire intelligentemente il peso delle riforme, senza ammazzare le vacche da latte e senza distruggere i risparmi che tanti genitori hanno fatto per i loro figli.
L’autore dell’articolo cita Adam Smith, il grande economista, che nel suo famoso libro ‘la ricchezza delle nazioni’ – alla fine del ‘700 – dice che le tasse si fanno pagare sempre ai poveri, ma con i rischi dell’insicurezze e delle rivolte che la storia ci ha ampiamente documentato. Ce la faranno i ricchi del mondo a capire che solo il sacrificio di tutti potrà assicurarci una comunità sicura, dove nessuno dovrà ricorrere a scorte armate e automobili blindate?