Al momento ci sono due parole che spaventano di più gli italiani: riforma del catasto e patrimoniale. Il combinato disposto tra le due potrebbe indurre a un corto circuito di assoluto rigetto (è anche così che si vincono le elezioni!).
Ma entriamo nel merito. Decenni di immobilismo hanno reso l’attuale fotografia del catasto italiano un’immagine irrealistica e in bianco e nero tendente al grigio. Come quelle istantanee polaroid destinate a sbiadirsi nel corso degli anni. Case che valgono di più, case che valgono di meno rispetto all’esatta definizione immobiliare. “Cui prodest” questa falsità deformata in catasto? Spunta fuori l’italianuzzo che cura il suo “particulare” e fa di tutto perché immobilismo prevalga anche se questa distorsione ingiusta contribuisce all’emersione della diseguaglianza, di un sistema consolidato in cui il ricco (se non altro per lo sviluppo della rendita immobiliare) diventa sempre più ricco mentre il povero precipita in fondo alla piramide sociale. Pensate quanto sarebbe più legittimo e trasparente un catasto rinnovato che possa servire anche come base per la compravendita senza affidarsi a riletture fantascientifiche e strumentali, specie ad opera delle agenzie.
Oggi il mercato immobiliare è drogato e la speculazione regna sovrana. Come si può pensare che una casa nel centro di Roma valga, a parità di posizione, di piano, di metri quadri, tre volte e più una casa di Viterbo o Rieti, sottolineando, una volta di più, il lusso che ci si concede inevitabilmente vivendo nella capitale.
E cosa dire dei 250.000 alloggi tenuti sfitti per mancata coincidenza tra domanda e offerta (più che altro per l’esosità degli affittuari). Quando una camera per studenti universitari costa 400-500 euro a Roma come a Bologna, ci si chiede se questa non costituisca la principale rendita di famiglie con alloggi ereditati. Vedi alla voce “esagerato sviluppo dei bed & breakfast”. È la rendita passiva che alimenta la ricchezza e in realtà blocca l’ascensore sociale.
È così irrealistica l’applicazione di una patrimoniale sulla casa che risparmi la prima e forse la seconda o fissi il tetto di 500.000 euro di valore, a catasto rivisto, per andare a incidere sulla ricchezza di chi possiede 10, 100, 1.000 appartamenti (quest’ultimo è il caso del costruttore Armellini e dei suoi eredi)?
Una tassazione proporzionale a crescere porterebbe al rastrellamento statale di svariati miliardi che potrebbero essere destinati a un riequilibrio generale. Ma questa coalizione governativa fatta di opposizioni e compromessi non sembra avere certo la forza per imporre una trasformazione del genere, un riformismo rivoluzionario. La fiducia dell’italiano poggia sulla casa e chi avrà il coraggio di incrinarla? Non bisogna dimenticare che in Italia le case di proprietà sono il 76%. E nessuna nazione continentale tocca questo vertice.
Chi non ha la casa di proprietà si barcamena in un mercato degli affitti assolutamente precario e imprevedibile spesso destinando gran parte delle proprie risorse materiali al mantenimento di questa condizione bloccata. Per non parlare delle tagliole dei mutui a cui le banche oppongono uno sbarramento feroce in assenza di precise garanzie economiche. E senza che lo Stato intervenga.