Siamo vicini al punto di rottura, la crisi del sistema partitico, figlio del down-grading delle culture dominanti nel XX secolo, ha incubato la crisi della propria forma di governo che ora si manifesta.
La crisi della Democrazia non è novità, è nella sua natura: Churchill la definì la migliore delle peggiori forme di governo. Ma la nostra democrazia, quella che l’Occidente ha faticosamente elaborato nel corso degli ultimi 300 anni, è particolarmente fragile perché poggia sull’interpretazione del principio di uguaglianza che nega l’individualità, demonizza l’ambizione, mortifica il talento.
Da questa prospettiva la lotta alla corruzione della Politica, intuita dalla Sinistra negli anni ’80 ma avviata solo dopo l’implosione dell’URSS, diviene il tentativo disperato di salvare la democrazia parlamentare nella versione di “gestione collettiva dello Stato”. Poiché però perseguita, per via giudiziaria, contro i titolari della rappresentanza politica (anziché attraverso l’adozione di strumenti adatti a mantenere sempre viva la corrispondenza tra volontà popolare e attività di governo), il tentativo si perse con i protagonisti e lasciò irrisolto il problema.
La disaffezione verso la Classe politica è ora disaffezione per la Politica, ne sono prove la crescita dell’astensionismo e il convincimento che il voto non vale nulla perché non può cambiare nulla.
Della sporcizia che fa da padrona nella Capitale da 20 anni e passa, Andreotti disse che Roma non la sporcano i piccioni, mai avrebbe ammesso che SPQR era effettivamente acronimo di “Sono Porci Questi Romani”, come lo sono Napoletani, i Palermitani ecc. ma non Milanesi, Torinesi e Bolognesi ecc.
La spiegazione storica di questa cesura civica (dominazione borbonico-papalina nel Centro-sud rispetto alla Franco-austro-ungarica nel Nord) rimane la più semplice e fondata ma la diversa sensibilità civile, in quanto legata a ragioni economiche (diverse potenzialità produttive) e culturali (principi illuministico-protestante del lavoro come riscatto e religioso della prebenda dal Sovrano paternalista e dal Dio caritatevole come diritto) non rende ragione per intero delle diverse soglie civiche in Italia.
Inoltre la democrazia occidentale versione europea, non invita a ricercare la Felicità ma a coltivare sacrificio individuale e dedizione collettiva fino alle estreme conseguenze dello Stato padrone di tutto, inclusi singoli individui, e dello Stato deificato, cui votare tutto e tutti per renderlo eterno nel tempo.
Sappiamo com’è finita e intuiamo come può finire la Democrazia multipartitico-movimentista-assemblearista-partecipazionista-egualitarista.
La Classe Politica deve prendersi la responsabilità di guidare non compiacere gli elettori.
L’età media dei politici supera i 50 anni, i 35enni sono rarità, gli under 35 si contano sulle dita di una mano. I 5 Stelle sono fioriti con i Di Maio e i Di Battista e stanno appassendo con Fico e Conte, arruolabili dal PD.
L’80% dei componenti della Classe Politica sono professionisti della politica e non hanno un lavoro gratificante da riprendere, tanto meno in grado di farli vivere come possono da rappresentanti del Popolo.
Negli anni ’50, ‘60 e ‘70 il Parlamento era zeppo di professori universitari, avvocati, ingegneri, medici imprenditori e il PCI lamentava che erano gli unici a potersi permettere di fare politica senza lavorare. Aveva ragione da vendere ma non bastò che i lavoratori eletti conservassero posto e progressione di carriera e si aggiunsero piccoli privilegi per consentire l’attivismo. Così l’attività politica da “scelta civica” è diventata scelta appetibile.
Col tempo i piccoli privilegi politici sono cresciuti e la revolving door di Montecitorio è diventata una porta che si apre solo dall’interno e l’immunità da strumento di tutela nei confronti di Magistratura e Governo (all’epoca fascisti per antonomasia) salvacondotto per guadagni sempre meno leciti dei Partiti e loro dirigenti.
A leggere alcuni passi delle lettere di Aldo Moro viene idea che fosse la denuncia del malaffare politico l’obbiettivo dell’Estrema sinistra negli anni ‘70, il che renderebbe la lotta armata e il mancato rilascio di Aldo Moro errori politici, oltre che crimini.
Non è facile entrare nel Club Montecitorio né in quelli Comune e Regione.
Un qualunque giovane che decidesse di candidarsi, per avere la speranza di farsi notare, dovrebbe passare nel tritacarne di un partito e mettersi a servizio di qualche suo politico di spicco; oppure compiere un atto eroico o investire un patrimonio per poi mettersi a servizio di un politico di spicco.
Una volta però in Parlamento, l’alternativa alla rielezione è l’oblio, con crisi da astinenza perché la Politica da dipendenza, dunque omnia licet.
Da dieci anni i Partiti si allargano e si stringono come l’accordion della fisarmonica e questo dice che il multipartitismo ha fatto il suo tempo.
Nel Regno Unito dove è nata e cresciuta, la Democrazia si afferma bipartitica per giunta sotto vigilanza di una monarchia tra le più guerriere e violente che si ricordano.
Anche negli USA nasce bipartitica e sviluppa in una versione verticistico-militare che non ha uguali: il Presidente è il Capo delle Forze Armate nel pieno senso dell’accezione.
Nel Continente invece impera il multipartitismo e in Italia impazza.
Tutto dipende dalla legge elettorale che da noi può essere cambiata a maggioranza.
Dal 1993 abbiamo votato con 4 tipi diversi di legge perché non ci bastavano le tensioni su lavoro, immigrazione ed UE, ci voleva anche la periodica riforma del sistema elettorale per far contare di più i cittadini e poi accertarne l’inutilità.
In Italia la soglia di sbarramento è “fascista” perché nega la presenza in Parlamento ai rappresentanti dei Condomini.
Per questo insisto che rimane solo la speranza, che per molti è incubo, di Mario Draghi Presidente della Repubblica, garante dei risultati delle prossime politiche, per procedere alla modifica del Titolo I della Costituzione e avere una legge elettorale a doppio turno. È tempo di storicizzare gli ispirativi della Costituzione del 1948.