La Legge Salva Mare è stata approvata in Senato il 9 novembre scorso e ora attende di finire il proprio iter, prevedibilmente in modo veloce.
Con la legge Salva Mare per la prima volta il mare e la sua salute sono stati messi al centro dell’azione politica e legislativa. Il cambio di passo non è da poco. Da troppo tempo, infatti, non veniva data una risposta concreta al problema della presenza della plastica in mare aperto, nei corsi d’acqua, nelle lagune, che viene raccolta accidentalmente dai pescatori: finora erano costretti a lasciarla in acqua per non incorrere in pesanti sanzioni per gestione illecita di rifiuti.
Con la riforma, invece, i pescatori andranno esenti da responsabilità e potranno trasportare a terra in tutta tranquillità, la plastica che raccolgono in acqua, scaricandola in apposite aree di deposito, che saranno realizzate all’interno delle zone portuali dai Comuni, a fronte di specifici accordi con le autorità portuali o marittime che hanno giurisdizione sui porti e sulle aree demaniali.
La plastica così raccolta entrerà nel ciclo di gestione comunale dei RSU, rifiuti solidi urbani: saranno, quindi, le singole amministrazioni comunali a rimuovere la plastica dalle aree di deposito e ad avviarla a recupero o smaltimento.
I Comuni, inoltre, dovranno modificare i regolamenti comunali che disciplinano la gestione dei rifiuti per stabilire i criteri di conferimento, gestione, avvio a recupero o smaltimento della nuova categoria di RSU. Dovranno anche quantificare la componente tariffaria per tale servizio, per porre l’onere della raccolta, trasporto, recupero o smaltimento a carico della cittadinanza.
La Legge Salva Mare introduce anche una nuova disciplina per le cosiddette biomasse, formate dalle alghe morte, sparse sulla battigia o accumulate sotto forma di dune. Le biomasse potranno essere riaffondate in mare in siti ritenuti idonei dalle autorità che abbiano competenza sull’area demaniale, lasciate in loco o trasferite in un’area retrodunale.
Sarà necessario sottoporre le biomasse ad una vagliatura per separare le alghe dai rifiuti di origine antropica e dalla sabbia. Questa operazione è di grande rilievo ambientale, in quanto la sabbia potrà essere riutilizzata per il ripascimento degli arenili, a meno che presenti qualche forma di contaminazione, nel qual caso dovrà essere trattata come rifiuto.
Si porrà il problema dell’impianto di vagliatura: dove collocarlo? Sarà fisso o mobile? Chi lo gestirà? E inoltre: chi farà gli accertamenti analitici sulla sabbia una volta separata dalle alghe? Sarà necessario il contraddittorio con Arpa?
Inoltre, l’applicazione pratica della Legge Salva mare andrà integrata con l’altra grande novità dello stesso 9 novembre 2021: l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 17/2021 ha stabilito che nel nostro paese le concessioni demaniali a uso turistico ricettivo, cioè le concessioni per gli stabilimenti balneari, decadranno definitivamente dal 31 dicembre 2023. Non ci sarà più alcuna possibilità di proroga.
Nel frattempo, il legislatore e le amministrazioni comunali si dovranno far trovare preparate e bandire le gare per la concessione delle aree demaniali e l’affidamento del servizio. E grande importanza rivestirà anche la questione ambientale: sarà il caso che nei bandi sia previsto anche il servizio di raccolta e vagliatura delle biomasse?
Tra l’altro, e non è un dettaglio: chi pagherà? La norma non prevede oneri per la pubblica amministrazione. Anche tale costo entrerà a far parte della tariffa comunale? O si farà carico di tali adempimenti il Comune e il relativo costo sarà “ripagato” dal canone di concessione?
In conclusione: non si può più rinviare un approccio sistematico e integrato ai problemi. Questo presuppone visione chiara e competenze diverse che collaborino tra loro e con la politica.
Un sogno?