Tra i più celebri discorsi di insediamento dei Presidenti degli Stati Uniti vi è certamente quello pronunciato da Franklin Roosevelt il 4 marzo 1933, all’apertura del primo dei suoi quattro mandati presidenziali. Particolarmente celebre è il punto di partenza del discorso di Roosevelt: “Desidero sostenere la mia ferma convinzione che l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”.
L’elezione del democratico Roosevelt, dopo una sequenza di tre presidenze repubblicane, avvenne dopo l’inarrestabile sviluppo economico dei ruggenti anni ‘20, la sua catastrofica conclusione con il crollo di Wall Street nell’ottobre 1929, e l’inizio della Grande Depressione. I tentativi del precedente Presidente, il liberista ortodosso Herbert Hoover, di arginare la crisi sostenendo i gruppi finanziari e le banche superstiti, e di convincere il paese delle possibilità di ripresa, risultarono del tutto inefficaci.
Il New Deal di Roosevelt incluse una serie di innovativi interventi del governo federale nell’economia, come l’abbandono della parità aurea e la stampa di banconote per miliardi di dollari, l’abolizione del proibizionismo, i primi tasselli per un welfare e un sistema di protezione sociale, l’avvio di numerose opere pubbliche e infrastrutture. Gran parte dei provvedimenti furono suggeriti dal brain trust, ampio gruppo di consulenza formato da docenti delle Università Columbia e di Harvard, e da autorevoli avvocati e giornalisti, e naturalmente il New Deal rappresenta una delle più coraggiose rotture con il passato attuate nel XX secolo.
Ricordando oggi queste vicende americane di quasi novant’anni fa, e in particolare il riferimento di Roosevelt alla paura come principale pericolo da temere, è difficile non riconoscere più di un’analogia con la situazione di emergenza sanitaria e economica che ormai da due anni sta vivendo il mondo.
Nel saggio Paura Liquida, ed. Laterza 2009, il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman scrive “Paura è il nome che diamo alla nostra incertezza: alla nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che c’è da fare”. E gli psicanalisti Miguel Benesayag e Gérard Schmit, ne L’epoca delle passioni tristi, ed. Feltrinelli 2003, aggiungono: “Viviamo in un’epoca dominata da quelle che Spinoza chiamava le ‘passioni tristi’. Constatiamo il progresso delle scienze e, contemporaneamente, dobbiamo fare i conti con la perdita di fiducia e con la delusione nei confronti delle stesse scienze”.
Ancor più ci avvicina alle paure di oggi il saggio Chi ha paura dei vaccini?, ed. Codice 2016, dello storico della medicina Andrea Grignolio, scritto in tempi non sospetti riguardo ai vaccini Covid-19. In esso si prende in esame il fenomeno della resistenza sociale che induce alcuni genitori a non vaccinare i bambini contro malattie potenzialmente letali, e di tale fenomeno si fornisce la storia della sua genesi e un’interessante lettura.
E dunque torniamo all’analogia con le coraggiose scelte del New Deal di Roosevelt, e alla sua consapevolezza di dover affrontare le molte e più che legittime paure. Anche limitandoci alla situazione attuale del nostro paese, come non riconoscere che il brain trust di supporto alla scelte del governo di Roosevelt ha come corrispettivo le nostre task force, cui è demandata la consulenza sulle scelte tempestive da attuare in materia sanitaria e economica? E come non riconoscere che gli interventi pubblici promossi dal New Deal a sostegno dell’economia, pur con notevole incremento delle spese federali, hanno non pochi punti di contatto con il nostro Pnrr?
E la paura? I dati recenti sulla diffusione del virus, sul diverso rischio di gravità della malattia per vaccinati e non vaccinati, sui potenziali pericoli per la ripresa dell’economia, testimoniano che, proprio come nel 1933, la paura rappresenta ancora uno dei principali pericoli da temere.
Poche settimane fa è apparso l’originale e gradevole racconto Sì vax, dialogo tra un pragmatico e un non so, di Tito Boeri e Antonio Spilimbergo, ed. Einaudi 2021. L’immaginaria conversazione su un treno tra la pragmatica Piera e il ‘non so’ Riccardo è un confronto, improntato al rispetto reciproco, su vari temi legati ai vaccini. Un passaggio centrale riguarda la consapevolezza di entrambi gli interlocutori sul ruolo giocato dalla paura, capace a sua tutela delle più complesse costruzioni razionali. La pragmatica Piera ricorda a Riccardo la rapidissima elaborazione della paura nel personaggio letterario che meglio la incarna: “Don Abbondio vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò, si stupì, s’infuriò, pensò, prese una risoluzione …”, e Piera aggiunge: “A me ha sempre colpito quanto veloce (un millisecondo) sia stato il passaggio da una reazione irrazionale (la paura) al pensare”.
Il New Deal di Roosevelt ci ha insegnato che per affrontare la paura occorrono grandi sforzi e competenze ed efficaci strategie. La percentuale di vaccinati in Italia, sensibilmente più alta di quella di quasi tutti gli altri paesi europei, i dati relativamente più bassi dei contagi e delle forme gravi, nonché la recente ripresa dei vaccini stessi, sono un’indicazione che le misure da noi attuate vanno nella direzione giusta.