Paura di tutto, come in una guerra. La quarta ondata del Covid esaspera tutti gli incubi. C’è chi ha paura di morire per mano del virus e chi teme i vaccini inventati come difesa. C’è chi indossa sempre mascherina, visiera e guanti per non finire in una terapia intensiva d’ospedale e chi rifiuta il green pass perché limita la libertà.
C’è chi reclama l’apertura di tutte le attività economiche e sportive perché «non vuol morire di fame» e chi spinge per richiudere. Due anni di Coronavirus pesano enormemente sul fisico, la psiche e il portafoglio degli italiani. Esattamente due anni fa, nel dicembre del 2019, furono ufficialmente scoperti a Wuhan in Cina i primi casi di Covid. All’inizio non gli fu data grande importanza: nel febbraio 2020, appena due mesi dopo, la pandemia divampò tragicamente in tutto il mondo compresa l’Italia.
Fortunatamente sono arrivati i vaccini, il virus sembrava quasi debellato ma le cosiddette varianti hanno riportato il mondo nella paura e nel caos. I nomi dell’alfabeto, come Delta e Omicron, hanno indicato le due ultime varianti del virus, molto pericolose, protagoniste funeste della quarta ondata. Mario Draghi a metà dicembre alla Camera ha lanciato l’appello «ad essere prudenti» perché i nuovi contagiati sono aumentati a oltre 20.000 al giorno e i morti a più di 100. Certo L’Italia sta meglio degli altri paesi europei (il Regno Unito è a circa 100.000 nuovi infetti al giorno) grazie «alla campagna di vaccinazione» ma in caso di peggioramento c’è il rischio di altre restrizioni.
L’Italia è quasi tornata agli anni ’70, quelli delle manifestazioni anche violente nelle strade delle città, quelli del terrorismo. Il conflitto tra libertà e sicurezza pubblica scoppiò già all’inizio del 2020 quando il governo Conte decise perfino il confinamento in casa dei cittadini per contenere la pandemia. Con la quarta ondata del virus prima ci sono state le proteste pacifiche dei lavoratori autonomi (in particolare commercianti e ristoratori) più colpite dalle chiusure delle attività decise dai governi Conte e Draghi per combattere i contagi. Poi sono seguite anche manifestazioni violente, in qualche caso infiltrate da gruppi di estrema destra e di estrema sinistra. Il caso più grave, inaccettabile, è stato l’assalto ad ottobre alla direzione nazionale della Cgil a Roma da parte di qualche centinaio di persone composto da no vax, no green pass e neofascisti. Parte di quello stesso gruppo ha anche assalito il pronto soccorso del Policlinico Umberto I nella capitale.
In quelle manifestazioni c’è chi ha parlato di “dittatura sanitaria”, al centro degli attacchi c’è stato Mario Draghi. Ma oltre al presidente del Consiglio sono finiti nel mirino dei contestatori anche molti virologi per il sostegno ai vaccini. Ultimamente le minacce a Draghi si sono moltiplicate su Internet. In Italia, come in tutto il mondo occidentale, una parte minoritaria della popolazione è no vax, è decisamente contraria ai vaccini. Nel nostro paese c’è anche chi è contro il super green pass obbligatorio per andare al lavoro, deciso a dicembre dal governo Draghi. La mobilitazione è forte e, in alcuni casi, assume anche delle connotazioni politiche. Nella quarta ondata si intravede perfino l’ombra di un futuro, possibile partito no vax.
Ai primi di dicembre a Torino si è svolto un combattivo convegno anti green pass animato da tre intellettuali: il filosofo Giorgio Agamben, il giurista Ugo Mattei e il giornalista Carlo Freccero. Ci sono stati discorsi un po’ bislacchi come quello di Nunzia Alessandra Schilirò. La vice questore di polizia ha paragonato il movimento no green pass a Gesù Cristo perseguitato: «Ricordo a tutti che Gesù è stato ucciso solo perché aveva manifestato il proprio pensiero». Mattei ha svolto un discorso critico di alternativa politica: è a favore di «una dimensione politica che porti al superamento del draghismo, della prevalenza del capitale sui diritti della persona e dei beni comuni».
Il previsto intervento di Massimo Cacciari non c’è stato. Il filosofo in precedenza aveva parlato di una iniziativa contro il «pensiero unico, che non ammette neanche l’esercizio del dubbio». Secondo l’ex sindaco di Venezia servirebbe «un gruppo di controinformazione serio».
C’è chi vede il germe di un futuro partito di no vax. Renato Mannheimer non ha escluso questa ipotesi: «Un partito dei no vax potrebbe raccogliere tutta l’insoddisfazione e la protesta. Potrebbe raccogliere la rabbia e aggrapparsi a questa bandiera». Il sondaggista ha avanzato anche dei numeri: un eventuale partito no vax «potrebbe ottenere tra il 5% e il 10% dei voti».
Quando i partiti e il sistema politico perdono di credibilità può succedere di tutto: nel 2018 il Movimento 5 stelle sbancò nelle elezioni politiche con il 32% dei voti. Il populismo di Beppe Grillo trionfò e divenne il primo partito italiano nella devastazione della società italiana creata dalla crisi economica. Certo la storia non sempre si ripete.