A partire dal mese di febbraio 2020, a seguito del diffondersi dell’epidemia da COVID-19, sono stati emanati una serie di provvedimenti destinati a trovare applicazione fino al termine di cessazione dello stato di emergenza e volti a semplificare l’accesso al lavoro agile (c.d. smart working), anche in considerazione delle disposizioni contenute nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro” che, infatti, raccomanda il massimo utilizzo, da parte delle imprese, del lavoro agile al fine di arginare il rischio di contagio.
Considerato che ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 1/2018 (c.d. “Codice della protezione civile”) “la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi” e che lo stato di emergenza è stato dichiarato la prima volta a partire dal 31 gennaio 2020, stando alla lettura della norma, non potrebbe essere prorogato oltre il 30 gennaio 2022.
Tuttavia, ci sono stati casi di deroga al suddetto limite. In particolare, l’art. 15 del D.L. n. 162/2019 “Proroga di termini relativi a interventi emergenziali” ha disposto che lo stato di emergenza, correlato agli eventi verificatisi il 14 agosto 2018 con il crollo del Ponte Morandi, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 15 agosto 2018, e prorogato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2019, potesse essere prorogato fino ad una durata complessiva di tre anni.
Ed invero, in considerazione del rischio sanitario connesso al protrarsi della diffusione degli agenti virali da COVID-19, lo scorso 14 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge che prevede la proroga dello stato di emergenza nazionale e delle misure per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 fino al 31 marzo 2022 e, quindi, oltre il termine massimo dei ventiquattro mesi ex art. 24 D.Lgs. n. 1/2018.
Pertanto, in vista della prossima proroga dello stato di emergenza, si rende quanto mai opportuno riassumere brevemente gli aspetti peculiari della disciplina sul lavoro agile introdotta dalla legislazione emergenziale, anch’essa oggetto di proroga (cfr. art. 8 ed allegato A della bozza del D.L.).
In particolare, l’art. 90, comma 4, del D.L. n. 34/2020 ha disposto che la modalità di lavoro agile può essere applicata dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato nel rispetto della normativa di cui alla L. n. 81/2017 anche in assenza degli accordi individuali (c.d. procedura semplificata) fermo restando che, in ogni caso, i datori di lavoro sono tenuti a comunicare al Ministero del Lavoro, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.
Giova rammentare che, allo stato, non esiste un diritto del lavoratore ad usufruire della modalità di lavoro agile né, tantomeno, il ricorso a tale modalità di lavoro può essere una modalità per eludere l’obbligo della certificazione verde.
Diversamente, tale diritto sussiste, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19, nei confronti dei lavoratori dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione (art. 39, D.L. n. 18/2020), come confermato dalla recente ordinanza n. 5961 del 21 ottobre 2021 emessa dal Tribunale di Roma.
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 39 del D.L. n. 18/2020, inoltre, ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile.
Quanto sopra, poi, si estende anche ai lavoratori immunodepressi e ai familiari conviventi di persone immunodepresse.
Del pari, i lavoratori fragili ai sensi dell’art. 26, comma 2-bis, D.L. n. 18/2020 (quest’ultimo parimenti prorogato fino al 31 marzo 2022) svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento.
Ciò posto, terminato lo stato di emergenza, riprenderà a trovare applicazione la normativa di cui alla L. n. 81/2017 cui si aggiungerà il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, sottoscritto in data 7 dicembre 2021 tra le Parti Sociali ed il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, volto ad individuare delle linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale, nel rispetto della disciplina introdotta dalla sopracitata L. n. 81/2017 e degli accordi collettivi in essere, per la corretta applicazione del lavoro agile nel settore privato.
In particolare, il Protocollo conferma la disciplina già prevista dalla L. n. 81/2017 (i.e. accordo individuale, tempi di potere di controllo e disciplinare, salute e sicurezza, formazione ed informazione, assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali) introducendo, nel contempo, talune novità.
Con specifico riferimento al luogo di lavoro, l’art. 4 del Protocollo chiarisce che il lavoratore è libero di individuare il luogo ove svolgere la prestazione in modalità agile purchè lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione in condizioni di sicurezza e riservatezza, anche con specifico riferimento al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali nonché alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali, fermo restando che la contrattazione collettiva può individuare i luoghi inidonei (per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati) allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile.
Viene precisato all’art. 3 che la prestazione di lavoro agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione potendo, quest’ultima, essere articolata in fasce orarie, purchè sia garantita e rispettata, in ogni caso, la fascia di disconnessione durante la quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa.
La prestazione lavorativa non è erogata, inoltre, nei casi di assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.) in cui il lavoratore può legittimamente disattivare i dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della ripresa dell’attività lavorativa.
Infine, sempre all’art. 3, è espressamente previsto che, durante le giornate in cui la prestazione viene svolta in modalità agile, non possono essere richieste prestazioni di lavoro straordinario, salvo esplicita previsione dei contratti collettivi nazionali, territoriali e/o aziendali.
Inoltre, in base all’art. 14, le medesime Parti Sociali hanno convenuto la necessità di istituire un Osservatorio Nazionale bilaterale in materia di lavoro agile, al fine di monitorare in particolare lo sviluppo della contrattazione collettiva nonché l’andamento delle linee di indirizzo contenute nel Protocollo in esame.
Infine, le Parti sociali hanno convenuto, all’art. 15, sulla necessità di incentivare l’utilizzo corretto del lavoro agile anche tramite un incentivo pubblico destinato alle aziende che regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello, in attuazione del Protocollo e dell’eventuale contratto di livello nazionale, stipulati ai sensi dell’art. 51 del Dlgs. n. 81/2015, che ne prevedano un utilizzo equilibrato tra lavoratrici e lavoratori e favorendo un’ottica di sostenibilità ambientale e sociale.
In definitiva, qualora venga confermata la proroga dello stato di emergenza al 31 marzo 2022 (o oltre) continuerà a trovare applicazione la normativa emergenziale e, al termine della cessazione dello stato di emergenza, tornerà a trovare applicazione la disciplina ordinaria (L. n. 81/2017).