La rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica è una buona notizia anche perché ha fatto coincidere una duplice volontà, da un lato quella dei parlamentari elettori che auspicavano di arrivare a fine mandato per tutelare i propri interessi privati e dall’altro quella di mantenere l’immagine di stabilità nei confronti dei partner e delle istituzioni europee oltre che dei mercati a favore dell’interesse nazionale.
Un sospiro di sollievo che rischia però di durare solo fino alle prossime elezioni legislative lasciando intravvedere i limiti di questa operazione se, come pensano alcuni, si è scelto di barattare un falso senso di sicurezza a breve scadenza a favore di un rischio di maggiore insicurezza più a lungo termine (come si legge su eurointelligence.com).
Tra le cose che si potrebbero fare per cercare di evitare questo scenario c’è la possibilità di imprimere una svolta nella gestione del PNRR, uno dei due compiti principi per il quale il Presidente Mattarella aveva chiamato proprio Mario Draghi alla guida del governo.
In effetti in questi giorni si è molto riparlato di PNRR ma in termini non sempre chiari e la sensazione dominante è che, al netto di cifre e numeri mirabolanti, se ne sappia veramente poco e che comunque il paese non si sia appropriato di questo grande progetto di rilancio della nostra economia.
Paradossalmente infatti anche se se ne è parlato di più in questi giorni, il fatto che si parli di aver raggiunto 50 obiettivi (e che ce ne siano altri 100 per quest’anno…) senza neanche riuscire a dare un esempio, non fa altro che aumentare la sensazione di opacità e di lontananza dei cittadini verso il governo e verso l’Europa, o peggio alimentare l’idea che si tratti di una bufala, che questi soldi non esistano e non arriveranno mai ai cittadini o alle imprese (come scrivono Gustavo Piga su osservatoriorecovery o Mario Bottarelli su ilsussidiario.net.
Infatti, mentre i politici nostrani si perdono in baruffe poco dignitose, il governo potrebbe invece operare molto concretamente perché di questo PNRR se ne parli in modo meno generico e meno opaco, lavorando ad una operazione di vera divulgazione per permettere ai cittadini di capire meglio di cosa si tratta e ai politici eventualmente di scontrarsi su temi più concreti.
Sarebbe utile, per esempio, esplicitare da parte del Governo non solo quali sono le riforme che “ci chiede l’Europa” ma anche perché ce le chiede e indicare molto pragmaticamente quali possono essere le diverse opzioni realisticamente realizzabili per permettere di ottenere quegli obiettivi.
Saranno poi i partiti a scannarsi su come vogliono o non vogliono fare queste riforme o questi investimenti, ma partendo almeno dalla chiarezza sui motivi per cui ci vengono chiesti. Lo stesso vale per gli investimenti per i quali sarebbe opportuno indicare almeno alcuni progetti faro ma concreti eventualmente finanziabili e realizzabili, senza omettere, magari per carità di patria, i rischi che corriamo se ognuno non dovesse fare la sua parte come è avvenuto in passato.
E’ noto infatti che l’Italia ha perso una parte della dotazione dei fondi strutturali per incapacità della nostra amministrazione di scrivere, presentare, realizzare e rendicontare i progetti e per questo l’esplicitazione di questi aspetti operativi deve contribuire alla completezza del messaggio del Governo.
Una vera e propria campagna di divulgazione che non si limiti al semplice sito Italia Domani ma che preveda vere e proprie azioni di comunicazione dei vertici governativi, attraverso tutti i molteplici canali di comunicazione che oggi esistono, oltre ad una miriade di azioni capillari a livello locale e ad un attento monitoraggio dei media.
Anche se potrebbe sembrare marginale bisognerebbe porre molta attenzione a certe dichiarazioni che possono fare veri danni, ad esempio quella del noto conduttore Fabio Fazio che intervistando la nuova presidente del Parlamento europeo Metzola le dice che con lei l’Europa «sarà più madre e meno matrigna»… Senza voler censurare nessuno, un grande sforzo di formazione rivolto ai media potrebbe contribuire a parare alcuni di questi autogol che invece impattano sul valore positivo di dichiarazioni come quella di Draghi quando disse che questo non è il tempo di chiedere soldi ma di darli, al contrario dell’immagine di una matrigna.
Il passo successivo sarebbe semplicemente di dire il perché oltre a che cosa bisogna fare, niente di veramente rivoluzionario ma che richiede naturalmente l’acquisizione di una strategia condivisa all’interno del governo e il dispiego di risorse oltre ad un cambio di paradigma da parte proprio di Mario Draghi. È noto infatti che il presidente del Consiglio viene da una tradizione di estrema riservatezza richiesta ai banchieri centrali, ma qualunque siano le sue mire al termine di questa legislatura, oggi si trova in un altro ruolo che giustificherebbe un nuovo approccio comunicativo, più forte ed esplicito, nella consapevolezza che forse anche questo può essere stato uno degli elementi che non gli ha giovato in questo passaggio.
Nella postura in cui si trova oggi il presidente del Consiglio potrebbe quindi aderire all’idea che anche questo nuovo linguaggio rientra nel suo nuovo ruolo di tecnico nel contesto politico e che sarebbe anche nel suo interesse, oltre che in quello del paese, comunicare più esplicitamente l’Europa da Roma.
Vale la pena ricordare infatti che le sorti del Presidente Draghi sono intimamente legate all’immagine dell’Europa stessa, che come abbiamo già scritto su questo sito, può avere successo solo quando rappresenta una speranza, a condizione che sia una speranza chiara e non nebbiosa.