Caro Alessandro, hai ragionissima: ho faticato non poco a rendere il mio pezzo “blindato”! Un motivo c’è, e te lo spiego subito. All’inizio, l’articolo non era scritto così come lo hai visto: il dubbio lo mettevo, eccome. Non c’è nulla di male in sé a dire che «i premi sono indirizzati, a volte anche ‘comprati’?».
Ma mentre scrivevo il pezzo, mi sono presa una bella denuncia che mi è costata, tra l’altro, anche molta apprensione per le sorti finali. Non sto a spiegartene il motivo, ma ho capito, non che non lo sapessi già, che occorre molta diplomazia, meglio dire le cose ma non dirle mai fino in fondo.
Almeno per il mio carattere: non sono mai stata una pasionaria e, credimi, non ho voglia di prendermi altre denunce. Sono, in realtà, una quieta signora di provincia, consapevole di non volere “grane”, perché ho appena pagato le conseguenze di un atto di “buona cittadinanza”.
Per tornare ai premi, mi piacerebbe che si spiegasse pubblicamente e con chiarezza il motivo della scelta del vincitore o della selezione dei libri proposti. Spiegare il perché “vero”, che può anche essere semplicemente «signori giurati, fate vincere questo libro perché non ne abbiamo di migliori»; oppure, «perché lo scrittore ha scritto più di 300 pagine ed abbiamo speso tanto per la carta»; «perché altrimenti falliremo se non vendiamo un libro»; «perché …».
Anche essere troppo imparziali è un limite; ma non voglio sperimentare sulla mia pelle le conseguenze di possibili reazioni al mio dire che la stampa è imbavagliata, che i premi sono “indirizzati”, che la comunicazione è “stretta” e troppo spesso “di parte”: posso dire che “sì”, senza prendermi una denuncia!? Ciao, grazie comunque per la parte buona della tua lettera.