a cura di

Rodolfo Ruocco

Xi Jinping si smarca a metà da Putin

La mediazione israeliana e quella turca fanno flop. Tutti i colloqui e le trattative finora non portano ad alcun risultato. La Russia continua a bombardare le città ucraine con aerei, missili ed artiglierie. Non vengono risparmiati nemmeno obiettivi civili come palazzi ed ospedali.

Negli ultimi giorni, però, i negoziati diretti tra Mosca e Kiev sembrano aprire spiragli a un cessate il fuoco. Punti centrali di una bozza di intesa sarebbero l’Ucraina fuori dalla Nato e neutrale (modello Austria e Svezia). In gran segreto la Cina starebbe premendo sulla Russia per arrivare a un accordo politico.

Pechino scende in campo formalmente con un atteggiamento ambivalente. Offre una mediazione cinese per porre fine alla guerra in Ucraina, tuttavia ancora non media. Il ministro degli Esteri Wang Yi il 7 marzo sollecita il dialogo tra Russia e Ucraina per porre fine al pericolosissimo conflitto. In una conferenza stampa annuncia: Pechino è disposta a «fare le necessarie mediazioni» e «a partecipare alla mediazione internazionale». Subito dopo Xi Jinping parla al telefono con Macron e Scholz. Annuncia di essere «disposto a coordinarsi con loro e con l’Europa sulla situazione in Ucraina».

A sorpresa il 14 marzo si incontrano in un albergo di Roma l’americano Jack Sullivan e il cinese Yang Jiechi. Il colloquio di ben 7 ore non è un successo tra il consigliere alla Sicurezza nazionale degli Stati Uniti e il capo della diplomazia del Partito comunista della Repubblica Popolare Cinese. La Casa Bianca, tramite i giornalisti, invia due messaggi. Il primo è a Pechino: la Cina «dovrà affrontare delle conseguenze» se fornirà armi al Cremlino. Il secondo messaggio è a Mosca: se la Russia userà armi chimiche o biologiche «dovrà fronteggiare severe conseguenze». Sia la Russia sia la Cina, però, smentiscono la volontà di chiedere e consegnare armi. Non solo. Wang Yi usa toni distensivi citando i grandi interessi economici cinesi: Pechino non vuole essere «colpita» dalle sanzioni occidentali.

Il 18 marzo arriva un attesissimo colloquio in videoconferenza tra Joe Biden e Xi Jinping. Il presidente americano chiede un intervento per far cessare l’azione militare russa e favorire la pace. Il presidente cinese definisce «la pace e la sicurezza» come i tesori più preziosi: «Le relazioni internazionali non possono arrivare al punto di scontro».

Il Dragone, saldo alleato di Mosca, è in allarme dal 24 febbraio, quando è scattata l’invasione. È una miccia capace perfino di far esplodere la terza guerra mondiale. Putin ha giudicato le sanzioni occidentali alla Russia «come una dichiarazione di guerra».

La Repubblica Popolare Cinese all’Onu si è astenuta, non ha votato contro la mozione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. Si è astenuta due volte: la prima al consiglio di sicurezza e la seconda all’assemblea generale delle Nazioni Unite. La mozione Onu di condanna dell’aggressione è stata approvata con 141 voti a favore (in particolare degli Stati Uniti e dei paesi occidentali), 5 contrari e 35 astensioni. Il Dragone, al contrario di molte previsioni, non ha sposato le tesi del Cremlino.

Il presidente cinese si smarca a metà. Quando Mosca ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio la musica è cambiata, è emersa una grande preoccupazione per l’allargamento del conflitto in Europa (Putin ha perfino adombrato un possibile ricorso alle armi atomiche). Il 25 febbraio, in una telefonata a Putin, ha chiesto la «risoluzione del conflitto attraverso i negoziati». La bussola, ha sostenuto il presidente cinese, «è il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi».

I bombardamenti delle città ucraine continuano ma Kiev resiste. La superpotenza asiatica è molto allarmata per un inasprimento della guerra. È molto allarmata per il possibile danneggiamento degli impianti nucleari ucraini per produrre energia elettrica. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha sollecitato «a prevenire un’ulteriore escalation, garantendo la sicurezza degli impianti nucleari».

Una catastrofe nucleare è stata sfiorata. La centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata attaccata dalle truppe russe: è scoppiato un pericolosissimo incendio, fortunatamente è stato domato senza gravi conseguenze.

Xi Jinping, preme su Putin e su Biden. Ma il presidente cinese non sembra intenzionato a spendersi in prima persona in una mediazione se non emergeranno le condizioni per una intesa. Certo è molto lontana l’intesa strategica con Mosca. L’accordo firmato a Pechino appena lo scorso 4 febbraio stabiliva un patto di ferro, una alleanza per la quale «non ci sono limiti». Forse sono archiviati i tempi dell’alleanza strategica Cina-Russia, quando Xi Jinping definiva Vladimir Putin «il mio migliore amico».

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