«Dov’è Dio?» si chiedeva un uomo, sfilando davanti al corpo di un bambino agonizzante, impiccato nel campo di concentramento di Buna, con la lingua ancora rossa e gli occhi non ancora spenti. «Dov’è?» – rispose Elie Wiesel, l’autore del libro “La notte”. «Eccolo lì, Dio: appeso a quella forca…».
Nella Via Crucis dei giovani, organizzata dalla Diocesi di Padova, il Vescovo Claudio Cipolla ha ricordato come Gesù sia sempre presente lì dove si soffre, a fianco dell’uomo che porta la sua croce quotidiana. A fianco di quel bambino impiccato. “Verbum caro factum est et habitavit in nobis” (Vangelo di Giovanni): nella casa di Nazareth a Loreto, dove l’Angelo annunciò alla Vergine Maria la sua maternità, è scolpita questa frase, che dà il senso e il momento dell’Incarnazione. Dio è sceso sulla terra attraverso una donna per farsi uomo e salendo sulla sua croce, ha salvato l’umanità: come? Assumendo su di sé tutti i peccati umani? Perdonando i suoi carnefici? Soffrendo nella carne come tutti gli uomini? Credo che la risposta l’abbia data Wiesel, in quella frase del libro “Dio è lì, appeso a quella forca”: ad intendere che Dio nulla può fare per salvare l’uomo, ch
e è libero. Se Dio salvasse l’uomo dalla sofferenza e dal male, si comporterebbe come un padrone che fa quello che vuole con il suo servo. Invece, anche se è difficile da accettare, l’uomo è libero. Le azioni umane dipendono dall’uomo stesso. Ma Dio c’è. Bisogna saperlo vedere! E sentire!
Davanti ai crimini feroci che vengono perpetrati contro il popolo ucraino, non si può restare impassibili, non farsi domande. Papa Francesco, denunciando la guerra e tutto il male che l’uomo fa contro i suoi simili, ha deciso di far portare la croce, nella Via Crucis pasquale, a due donne, una ucraina e una russa. Che segno dirompente, che denuncia pacifica, che sfregio al perbenismo! Ma molti cuori resteranno chiusi, critici, ostili.
Guardare alla bellezza come cura, come lenimento dal dolore: è possibile, quando le ferite sanguinano di meno, quando il cuore batte più quieto, quando la testa non martella incessante. Il male sconvolge il mondo, in tante forme: esiste una “cattiveria innata”, un’attitudine a fare del male? “Homo homini lupus” scriveva Plauto.
Dopo secoli, si continua. Perché la guerra? Per difendersi o per conquistare altre terre? Albert Einstein diceva che la guerra non è mai un mezzo valido per sanare i conflitti umani; non è mai giustificabile. L’Italia ripudia la guerra perché non è la giusta soluzione. La guerra è un’infamia, oggi più che mai. L’Occidente guarda sbigottito quello che sta succedendo e risponde con una generosità che non ha più limiti. L’Europa si è messa a disposizione della popolazione ucraina e l’Italia apre le sue braccia alla gente che scappa. Lo fa anche con tante iniziative culturali: eccone una, per esempio. L’azienda italiana Skylab Studios “salva” il patrimonio artistico dei musei ucraini, allestendo uno spazio virtuale che custodisce ed espone alcune delle opere più preziose del National Museum Ukraine of Kiev, del Museum Western and Oriental Art di Odessa, del National Gallery of Art in Lviv e della M. Korshitsky Lviv Art Gallery. Il visitatore può così facilmente ammirarne i capolavori, ora custoditi in segreti caveau e vivere un’esperienza emozionante: collegandosi al sito, è possibile, gratuitamente, entrare nel museo virtuale che espone alle “pareti” i quadri principali dei vari musei ucraini e avvicinarsi, attraverso l’arte e la bellezza, al popolo ucraino, condividendo le sue opere d’arte. In una parte della sala, sono inserite fotografie e un video che mostra in diretta la realtà che si vive in Ucraina. Drammatica. Il pubblico lo farà seduto sul divano? Sì ma sarà lì, dove si soffre. Come Dio, appeso alla croce di un bambino. Vicino a lui.