In Europa viviamo da più di 77 anni in un sistema democratico e certamente la qualità della vita è nel nostro continente la più alta del pianeta. Fare una connessione tra sistema democratico e qualità della vita è del tutto evidente.
Ma quale è lo stato di salute della democrazia nel mondo? Purtroppo, quello della democrazia è un tema ancora molto fragile e se usciamo dai confini nazionali e guardiamo il mondo, le democrazie liberali sono diminuite nell’ultimo decennio da 41 a 32 Paesi, solo il 14 per cento della popolazione mondiale vive in queste fortunate nazioni.
Purtroppo vediamo un forte aumento delle cosiddette autocrazie se è vero, come cita il Democrazy report del 2021, che il 68% della popolazione mondiale vive in questo sistema mentre cala la democratizzazione del mondo.
È superfluo qui fare una lista di fatti concreti che hanno minato la democrazia non solo come sistema istituzionale ma anche sul fronte dei diritti civili. Secondo il Centre for Economics and Business Research l’economia mondiale supererà per la prima volta i 100.000 miliardi di dollari nel 2022, con due anni di anticipo rispetto alle previsioni. La Cina strapperà agli Stati Uniti lo scettro di prima economia al mondo nel 2030, con 24 mesi di ritardo sui calcoli precedenti.
Se poi sommiamo le economie del sud est asiatico alla Cina e alla Russia è evidente che la percentuale di ricchezza prodotta da paesi non democratici è al primo posto con un largo margine.
Questa schematica fotografia ci deve indurre a qualche riflessione.
Molta parte della popolazione mondiale, in parte Italia compresa, ha perso il senso profondo del valore della democrazia e lo ha sostituito con il benessere economico. Molti cinesi aspirano a una posizione economica di rilievo ma non sono altrettanto attenti al valore della democrazia. L’Europa e gli USA sono i soli due continenti che possiamo definire democratici mentre si pensava all’indomani della Seconda guerra mondiale che la democrazia avrebbe vinto contro sistemi autoritari e ancora di più lo abbiamo pensato con la caduta del Muro ma non così è stato. Di qui l’importanza di un rafforzamento deciso della UE. In Europa l’aumento della percentuale di astenuti nelle elezioni nazionali è un segno certamente negativo che non va trascurato.
In questo quadro non bisogna nascondersi che le democrazie occidentali sono in pericolo e c’è bisogno di una attenta riflessione su quali strumenti poter contare per invertire la rotta e riportare la democrazia al centro del mondo.
Ci sono segni di quanti danni può portare una avanzata di populismo e alcune iniziative legislative portano il segno negativo nell’ottica di minare il sistema istituzionale e allontanarlo dalla tradizione democratica.
Faccio un solo esempio, la diminuzione del numero dei parlamentari, che, al di là di facili argomentazioni di basso livello, renderà più difficile il lavoro del Parlamento, aumenterà il distacco tra eletti ed elettori, favorirà la competizione elettorale a chi dispone di maggiori risorse economiche.
Certo, la democrazia è faticosa, ha tempi di realizzazione degli interventi più lunghi ma nonostante ciò rende la vita degli individui migliore.
Un altro tema importante che dovrebbe essere risolto nel mondo democratico è quello del rapporto tra povertà e ricchezza che segna il limite dello sviluppo delle democrazie.
La Banca Mondiale stima che 2,5 miliardi di persone vivano oggi sotto la soglia di povertà, ossia con un reddito inferiore a 2 dollari al giorno. Di queste, più di 1 miliardo vive con meno di 1 dollaro al giorno, in condizioni di povertà estrema: circa 600 milioni sono bambini. I dati del FMI (Fondo Monetario Internazionale) per il 2011 dicono che il Prodotto interno lordo pro capite – cioè il PIL diviso per il numero di abitanti – dei Paesi più ricchi in Europa, America Settentrionale, Giappone e Australia è compreso grosso modo tra i 19.000 euro del Portogallo e gli oltre 68.000 del Lussemburgo. Lo stesso dato scende a 2700 euro per l’India e precipita a 390 euro per lo Zimbabwe.
Il decimo più ricco della popolazione mondiale dispone di più della metà del reddito totale, mentre i nove decimi residui si spartiscono il resto. Le 500 persone più ricche del mondo “guadagnano” più o meno quanto i 500 milioni di persone della fascia più povera.
I dati più recenti sulla distribuzione della ricchezza e della povertà nel nostro Paese, presentano dei numeri poco rassicuranti. Secondo i dati Istat esistono in Italia circa cinque milioni di persone in stato di povertà, pari a 1,8 milioni di famiglie. Una realtà che il reddito di cittadinanza ha toccato solo in parte, dal momento che ha riguardato circa 900 mila famiglie con un contributo medio di 484 euro.
Influisce anche il problema demografico in un paese sempre più vecchio e che non fa figli, non investe cioè sul futuro e la spesa per l’assistenza aumenta.
Insomma molti sono i temi che hanno influito sulla mancata democratizzazione del mondo e alcuni riguardano anche l’Italia; da ciò ne consegue che la politica, nel suo insieme, dovrebbe mettere al centro della sua agenda il tema della democrazia.
E l’Europa dovrebbe prendere atto che il sistema democratico non è il più diffuso nel mondo non solo come sistema politico ma anche dal punto di vista culturale.
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