È vero che questo tempo, anche per effetto della comunicazione social, sta rassegnandosi alle semplificazioni, ma è certo che pare non esserci più spazio per un pensiero “medio”. La radicalizzazione delle posizioni è la regola, mentre si è perso il gusto della ragione “narrativa”, quella che perviene a conclusioni dopo l’articolazione dei differenti profili, spesso dialettici, di un argomento.
Una simile deriva, diciamo la verità, è ripugnante e certamente asfissiante. Si pensi al dibattito in corso sulla tragedia ucraina (sì, proprio così, recuperiamo il valore pregnante delle parole); basta seguire i (mediamente) scadenti talk show sui vari canali, per doversi ben presto arrendere alla logica dell’alternativa secca: invio di armi o soluzione diplomatica, resa dell’Ucraina o guerra totale, Alleanza atlantica o trattativa con Putin. E quel che è più grave, queste dicotomie non sono il riflesso di un dibattito o apparato “ideologico”, ma il risultato delle improvvisazioni di “orecchianti” o opportunisti.
Pensiamo al “campo” degli “anti atlantisti”: è l’insieme di qualche reperto archeologico, intruso di nostalgia della grande Madre sovietica, e “ragazzetti” che, proprio come è avvenuto per i vaccini, cercano (e trovano) riflettori, perché, tanto, un progetto politico oggi non si nega a nessuno. Ribadisco, difficile trovarsi a proprio agio in un’atmosfera che è l’esatto risultato della fine dei partiti, della politica “disintermediata”, del populismo da tastiera, del mito fallace della democrazia diretta! E sebbene non sia lecito, sul piano culturale, civile ed etico, dichiarare la resa innanzi ad una simile deriva, proviamo per un istante ad accettare la logica della “scelta senza ritorno” o dell’“alternativa ad ogni costo”.
Ebbene sì, fingiamo per sviluppo dialettico del pensiero, che si sia costretti ad una scelta “di campo”. Ed allora mi viene in mente il motto che anni fa mi insegnò un mio amico prete (un tempo le parrocchie erano innanzitutto “scuole di vita”): l’ottimo è nemico del bene! Qui abbiamo l’Occidente con la sua storia piena di contraddizioni, di menzogne, di angoli bui; ma anche di crescita civile ed economica, di libertà via via estese, di valori fondanti e comunque irrinunciabili.
“Lì” abbiamo le censure, le violenze di Stato, il lockdown militarizzato di queste ore a Shanghai, l’eliminazione degli avversari politici (come Navalny). Insomma, anche assecondando la prospettiva dell’“opzione esclusiva”, non si possono avere dubbi sul dato certo che nel 2022 c’è ancora una nazione, la Russia, che ha utilizzato la guerra d’invasione come strumento di egemonia politica; e che non c’è alternativa (stavolta sì) al sostegno, anche militare, alla resistenza ucraina.
Piuttosto il danno incalcolabile che stanno generando i populisti opportunisti (pseudo-leader che calibrano le dichiarazioni sui sondaggi!) è la perdita (speriamo non per sempre), appunto, del pensiero “medio”. Ed oggi soltanto l’Europa può essere la sede del pensiero “medio” e questo lo ha colto bene Draghi con la posizione espressa di recente allo stesso Biden: radici atlantiche saldamente piantate (perché non si possono nutrire dubbi e perché l’ottimo è nemico del bene) e lavoro, diplomatico, ma soprattutto politico-culturale, perché la pace sia costruita attraverso la capacità, tutta europea, di creare ponti. Non c’è altra via d’uscita ed è l’occasione per regolare i conti (speriamo definitivamente) con gli Orsini, e la varia fauna dei populisti, degli opportunisti, dei politici tutto Tweet e Instagram!
Foto di apertura di Giovanna Lanfranchi