È risaputo che l’emigrazione è stata un elemento base e straniante della storia italiana. Cominciata pochi anni dopo l’Unità, intorno al 1880, è continuata fino a dopo la metà del ’900, coinvolgendo milioni di persone di tutta Italia ed è stata quanto mai diversificata per la molteplicità dei paesi di destinazione.
Nella prima fase dell’emigrazione, tra il 1876 e il 1900, cosiddetta “grande emigrazione”, e aggiungendo anche la seconda, dopo il 1945 e fino agli anni settanta, dovute a una pesante crisi agraria, ma del lavoro in generale tra cui fabbriche e industrie distrutte o al collasso, più di diciotto milioni di persone, provenienti principalmente dal nord Italia all’inizio, ma poi da tutta Italia, emigrarono verso altri paesi nord-europei e Australia e America Latina. La prima emigrazione riguardò essenzialmente l’Italia settentrionale, con tre regioni che costituirono quasi la metà della popolazione emigrante, ovvero il Piemonte, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia. Nel periodo successivo il fenomeno vide prevalere regioni del sud Italia, quali Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. E arriviamo al titolo: due italiani, emigrati negli Stai Uniti, uno Bartolomeo Vanzetti, nato nel 1888 a Villafalletto, provincia di Cuneo e l’altro Ferdinando Nicola Sacco nato nel 1891 a Torremaggiore, provincia di Foggia. Insomma uno del nord e uno del sud. La fame e la miseria, come altri milioni, li avevano spinti ad emigrare, con un bagaglio di odio verso le classi dominanti, le ingiustizie e la disuguaglianza. Si trovarono a vivere miseramente, intorno a loro c’era pregiudizio e diffidenza. Erano italiani, non parlavano o poco la lingua…nemmeno cittadini, diciamo abitanti di serie B. Sacco trovò lavoro in una fabbrica di calzature nel Connecticut, si sposò ed ebbe due figli, lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Vanzetti fece molti lavori, accettando tutto ciò che gli capitava, in una cava, in una fabbrica di cordami, contro la cui proprietà nel 1916 partecipò attivamente ad uno sciopero e così perse il lavoro. Dopo quasi tre anni acquistò un carretto da un connazionale e si mise a fare il pescivendolo ambulante. I due non si conoscevano, ma nel 1916 Sacco e Vanzetti si incontrarono ed aderirono a un gruppo anarchico di italoamericani, anche se già avevano partecipato a manifestazioni per richiedere salari più giusti e migliori condizioni di lavoro. Allo scoppio della Prima Guerra mondiale tutto il gruppo scappò in Messico per evitare la chiamata alle armi, anche perché per un anarchico non esisteva uccidere o morire per uno Stato. Al termine della guerra tornarono nel Massachusetts, senza sapere però di essere stati inseriti in una lista di sovversivi redatta dal Ministero di Giustizia, così come di essere stati pedinati da agenti segreti statunitensi. Insomma due anarchici italiani, emigrati come tanti negli Stati Uniti, impegnati fortemente nella lotta per conquistare migliori condizioni di vita e di lavoro e soprattutto maggiore dignità umana. Si trovarono di fronte il potere intollerante e razzista degli USA e a cominciare dal 1920 al centro di un caso di persecuzione giudiziaria, a causa di un attentato dinamitardo attribuito al movimento anarchico e mai rivendicato, furono arrestati numerosi italiani.
Sacco e Vanzetti furono accusati con l’accusa di rapina a mano armata ed omicidio per un fatto successo nel 1920. La giustizia americana, a cominciare dal Giudice, non prese in considerazione nessun appello, nessuna possibilità di dialogo. Negli USA, in quel periodo storico, soprattutto dopo la Rivoluzione russa, c’era un sorta di caccia alle streghe, che metteva sotto accusa gli stranieri, gli immigrati, i radicali ed i lavoratori stranieri in generale. Furono degli ottimi soggetti, in quel momento, per incarnare due capri espiatori destinati a pagare per tutti dalla giustizia americana, insomma il simbolo dei nemici per gli USA. Il processo, pur per assurdo dimostrando la loro innocenza, senza tener conto di testimonianze a favore e altri fattori, mostrò la ferma volontà delle autorità statunitensi di realizzare un gesto di rappresaglia politica, condannando a morte in maniera esemplare i due anarchici italiani. Ci furono in America e anche in altre parti del mondo cortei e rivolte contro la condanna, ma la giuria e il giudice furono irremovibili. Come finisce la storia è cosa nota e si concluse il 23 agosto 1927 sulla sedia elettrica, avendo contro giudici e giuria, accusati di rapina e omicidio, ma condannati essenzialmente per la loro appartenenza politica al movimento radicale e anarchico, in più italiani, con un processo farsa.
Nel 1971 uscì un film, diretto da Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla, che narrava la vicenda di Sacco e Vanzetti, con una tra le più celebri colonne sonore di Ennio Morricone. La canzone di chiusura “Here’s to You”, cantata da Joan Baez, “l’usignolo di Woodstock”, conosciuta anche come “Nicola and Bart”, due strofe ripetute otto volte, in un crescendo di strumenti musicali che si aggiungono alla sua chitarra, divenne un inno generazionale:
Here’s to you, Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph
Il testo sembra ispirato da una dichiarazione attribuita a Vanzetti, in un incontro con un giornalista in carcere e ripresa nel film: “Nella nostra intera vita non avremmo mai potuto sperare di realizzare una simile missione in favore di tolleranza, giustizia e comprensione fra gli esseri umani come adesso stiamo facendo accidentalmente. Il vero fine delle nostre esistenze, le vite di un buon calzolaio e di un povero pescivendolo, è aver fatto tutto questo! L’ultimo e definitivo istante ci appartiene, una tale agonia è il nostro trionfo!”
Dopo decenni di silenzio l’Italia comincia con convinzione a chiedere pubblicamente l’innocenza di Sacco e Vanzetti e a richiedere al governatore del Massachusetts la revisione del processo e la riabilitazione dei due anarchici. Anche le famiglie dei due si attivano, coinvolgendo opinione pubblica e organi di informazione, politici e artisti, musicisti in un crescendo di voci e di appelli.
Il 23 agosto 1977, esattamente 50 anni dopo l’esecuzione, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis finalmente emanò un proclama che assolveva i due uomini dal crimine, affermando: «Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti».
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