“Un pessimo affare: il delitto Borsellino e le stragi di mafia tra misteri e depistaggi”. Una strage mafiosa avvenuta trent’anni fa che ha cambiato la storia del nostro Paese per l’impatto che ha avuto sia sulla mafia, sia sulle istituzioni sia sull’opinione pubblica: le indagini, le inchieste, le testimonianze, i contesti e i due processi, di cui l’ultimo annulla le conclusioni del precedente.
Lo scrittore e giornalista Giovanni Bianconi nel suo libro “Un pessimo affare” edito da Solferino ripercorre tutto questo, esaminando quella strage alla luce di quanto era già accaduto prima di quella data. I precedenti delitti, i contesti politici di cui Paolo Borsellino, magistrato coraggioso indaga e cerca di comprendere non sottraendosi ai suoi doveri essendo comunque consapevole dei rischi cui va incontro. La solitudine di un uomo di legge che lavora in un ambiente che non lo favorisce, le sue riflessioni su quanto potesse essere differente la lotta alla mafia da quella al terrorismo. Le molte persone che incontra con le sue inchieste, la sua collaborazione con Giovanni Falcone che lo precede di poco nello scomparire in maniera violenta.
Ma Giovanni Bianconi va oltre questo, riportando i testi dei verbali, gli appunti e i discorsi, conduce il lettore a rivivere un lungo periodo della storia repubblicana. Il libro nonostante l’argomento scabroso si legge in un soffio, grazie alla molta documentazione riportata che coinvolge e stimola l’attenzione e induce alla riflessione.
L’indagine finale, in cui è emerso un depistaggio, lascia spazio ad alcune considerazioni. Il depistaggio fu voluto e accolto inconsapevolmente per trovare in fretta dei colpevoli di cui sia lo stato sia l’opinione pubblica avevano bisogno oppure fu ideato per nascondere i veri motivi della strage?! Qualunque di queste soluzioni conducono ad una amara considerazione: tutto sarebbe potuto essere diverso se solo si fosse fatta più attenzione ai dettagli e si fosse lavorato con maggiore coerenza.
I protagonisti della storia sono a volte in competizione tra loro e non collaborano tra loro né nella cattiva né nella buona condotta. Emerge una umanità mediocre che è molto presa dal proprio tornaconto e dai propri interessi. La ricerca della verità appare lontana, anche se dopo trent’anni qualcosa è cambiato e le nuove generazioni hanno una diversa consapevolezza, sono state sensibilizzate e possono contribuire a quel cambiamento della società, tanto auspicato dal giudice Borsellino.
Foto di apertura da https://www.solferinolibri.it