“Per 40 anni ho sempre votato per i repubblicani” ma se “vivessi in Arizona” voterei per i candidati democratici a governatore e Segretario di stato. Così Liz Cheney, parlamentare conservativa del Wyoming, in un recente discorso al McCain Institute in Arizona. La Cheney, figlia di Dick Cheney, vicepresidente di George W. Bush (2001-2009), ha perso le elezioni primarie del suo Stato nel mese di aprile per la rielezione a causa della sua sfida frontale a Donald Trump che lei vede come minaccia alla democrazia americana. L’ex presidente si è vendicato offrendo il suo supporto a Harriet Hageman la quale ha sonoramente sconfitto la Cheney, l’attuale e unica parlamentare del piccolo Stato del Wyoming.

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Nel suo discorso in Arizona la Cheney ha continuato avvertendo che non bisogna votare per “gente che ha promesso di non accettare i risultati elettorali”. La stragrande maggioranza dei candidati alle primarie repubblicane ha preso una strada diversa adulando Trump, e accettando la sua favola della “big lie”, la grande menzogna che Joe Biden gli ha rubato la presidenza nel 2020 mediante la frode elettorale. Un’analisi del Washington Post ci conferma che la stragrande maggioranza dei candidati repubblicani condividono questa fasulla realtà di Trump. Quasi 300 candidati alle elezioni di midterm il mese prossimo negano il risultato elettorale del 2020, ritenendo Biden un presidente illegittimo nonostante l’assenza di prove. Questi individui sono candidati in 48 dei 50 Stati e corrono per il Congresso, governatori, vice governatori, Segretari di Stato, e procuratori. Il Washington Post definisce questo negazionismo dell’elezione del 2020 con dichiarazioni dirette dei candidati, dal loro supporto per riconteggi elettorali, per la loro partecipazione in denunce per sfidare l’esito elettorale a presidente del 2020 (tutte fallite), o per avere espresso supporto agli assalitori del Campidoglio il 6 gennaio 2021 o di essere stati presenti durante quelle violenti manifestazioni.

Più di 170 di questi candidati si trovano in elezioni considerate sicure di vittoria per i repubblicani, secondo il Cook Political Report. Ciò vuol dire che si troveranno in cariche istituzionali e continueranno a destabilizzare la democrazia dall’interno. Preoccupano di più individui eletti a governatore e segretario di Stato. I primi fra questi certificano il voto popolare nell’elezione presidenziale e i secondi sono incaricati delle procedure elettorali. Possono mettere bastoni fra le ruote alla democrazia riducendo le possibilità di voto anticipato, eliminando il voto per posta e rifiutarsi di accettare esiti elettorali in cui i democratici potrebbero avere la meglio.

Inoltre questo negazionismo mette in discussione la legittimità delle elezioni, mettendo in dubbio la sicurezza dei voti, a meno che il loro partito ne esca vincitore. In effetti, rifiutano la realtà condivisa, indispensabile in un sistema democratico. Si teme che questa incapacità di accettare la realtà sfocerà in infinite denunce che la magistratura dovrà affrontare. Come si è visto il 6 gennaio persino la magistratura e le decisioni giudiziarie vanno rifiutate e attaccate ferocemente. I negazionisti accettano solo un risultato—la loro vittoria, come continua ad insistere Trump.

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Questi atteggiamenti di rifiutare la realtà rappresentano un pericolo per la democrazia come continua a ripetere la Cheney. I democratici stanno cercando di porre dei paletti agli abusi elettorali con un disegno di legge che stabilirebbe regole federali più precise anche se le elezioni rimarrebbero responsabilità degli Stati. Uno spiraglio ottimista emerge dal fatto che Mitch McConnell, senatore repubblicano del Kentucky e leader della minoranza del Gop alla Camera Alta, ha indicato il suo supporto a queste riforme. Il disegno di legge del Senato confermerebbe e chiarirebbe le procedure per contare e certificare gli elettori nelle elezioni presidenziali. Reitererebbe il ruolo cerimoniale del vice presidente di contare i voti elettorali mettendo in chiaro che non può ribaltare l’esito come Trump aveva pregato e poi minacciato Mike Pence nel 2020-21. Imporrebbe agli Stati di presentare solo una lista di voti elettorali per evitare che alcune legislature statali, sotto la scusa di frode, potrebbero inviare una lista di elettori fasulli che non riflettono il voto popolare. Il disegno di legge del Senato dovrebbe riconciliarsi con un altro un po’ diverso già approvato dalla Camera, ma sarebbe un passo provvidenziale a consolidare gli esiti elettorali per presidente.

Trump è arrabbiatissimo con McConnell poiché il senatore non è entrato completamente nel ruolo di negazionista ordinato dall’ex presidente ai membri del Partito Repubblicano. Alcuni recenti insulti dell’ex presidente hanno anche suggerito il pericolo alla sicurezza di McConnell poiché includevano in lettere maiuscole il suggerimento che il leader del Senato avesse un DESIDERIO DI MORTE. Alcuni hanno interpretato questo linguaggio come possibile incoraggiamento ai suoi sostenitori di attaccare McConnell.

A differenza di Liz Cheney, McConnell non ha resistito frontalmente Trump e si è persino rifiutato di commentare insulti odiosi e razzisti espressi dall’ex presidente verso sua moglie. Questo linguaggio incendiario fa parte del clima del partito di cui l’ex presidente rimane il quasi padre padrone. I candidati negazionisti lo condividono con i loro atteggiamenti di cospirazione facendo pensare che in caso di sconfitta alle urne la violenza potrebbe essere una possibile strada da intraprendere.

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Nelle elezioni di midterm il partito del presidente in carica tradizionalmente perde terreno alla Camera e al Senato. Lo ha capito molto bene Hung Cao, candidato repubblicano nel decimo distretto del Virginia. Rispondendo alla domanda su chi ha vinto l’elezione presidenziale del 2020, Cao ha preso una strada diversa dai 300 candidati negazionisti. Ha risposto dicendo che “Joe Biden è il presidente degli Stati Uniti”. Per coloro che non lo credono, Cao ha consigliato di andare “a fare il pieno in una stazione di servizio o di andare in un supermercato, e ciò vi darà la risposta”. Cao ha accettato implicitamente l’esito elettorale ma ha spostato la discussione sull’operato dell’attuale presidente, indicando il percorso più sicuro alla sua vittoria e quelle dei suoi colleghi. Fare quadrato intorno al negazionismo del 2020 conduce a una sconfitta repubblicana per Cao. Lui non è preoccupato dalle primarie ma dall’elezione generale l’8 novembre. Il negazionismo repubblicano potrebbe condurre al suicidio politico. È proprio quello che sperano i democratici.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.