Non solo gli uomini della sinistra, ma anche molti intellettuali e sinceri democratici si sono stracciati le vesti per l’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato e di Lorenzo Fontana a quella della Camera dei Deputati.
Li capisco, se La Russa ha un passato di ammiratore del fascismo, conserva ancora a casa sua molti cimeli del ventennio e cerca di giustificare il saluto romano. Lorenzo Fontana è un membro attivo dei circoli cattolici più reazionari e tradizionalisti e strilla nelle piazze che la famiglia è soltanto quella composta da un uomo, una donna e i bambini.
Ma, anche se le convinzioni di questi due personaggi fossero quelle, bisogna chiedersi se il presidente del Senato pensa ad una marcia su Roma, a dare l’olio di ricino o addirittura eliminare gli oppositori, imbavagliare la stampa o strizzare l’occhio ai dittatori come Putin. Fontana mi suscita ancor più compassione. Che cos’è oggi la famiglia tradizionale? Le coppie non si sposano più, e fanno sempre meno figli, perché mancano gli asili nido, oppure perché la società è profondamente cambiata? Pensa che in Italia si possa abolire l’aborto o discriminare, magari incarcerare, il vastissimo popolo degli LGBT+ italiani che fanno parte del corpo elettorale? La Russia discrimina pesantemente questi diversi, ma Ciajkovskij era un omosessuale: fa parte del Pantheon di quel paese o devono cancellarlo? Io sono un ammiratore di Paola Egonu, la nostra campionessa di pallavolo: ma è nera oltre che lesbica. Vogliamo cadere nel ridicolo del caso Ciajkovskij? Fontana crede veramente che l’Islam voglia invadere il nostro paese e l’Europa? Forse non sa però che l’Islam sarebbe un suo grandissimo alleato nel difendere la famiglia tradizionale. Tutti questi uomini della destra se la prendono con i migranti. Però in Italia sono loro che reggono l’agricoltura, sono loro a raccogliere i pomodori e le mele che mangiamo. La Russa e Fontana non mi sembrano i portatori di pericolosi cambiamenti, ma i nostalgici di un mondo che non c’è più.
Spesso nella storia ci sono state lotte di retroguardia, uomini che, impauriti dal futuro, hanno sognato di ritornare all’aureo mondo antico, alle verdi valli del passato. Non ci sono mai riusciti, perché, che lo volessero o no, il mondo era andato avanti, nel bene e nel male. Napoleone fu certamente un autocrate, ma non assomigliò in nulla al regno di Luigi XVI.
E infine c’è la potenza delle istituzioni.
“L’assassinio nella cattedrale”, la formidabile pièce teatrale di Thomas Eliot, rappresenta ancora un grande testo di riflessione. Il Re Edoardo II d’Inghilterra, nomina arcivescovo di Canterbury il suo amico Thomas Becket, perché così spera di controllare la chiesa del suo paese. Lui però gli spiega che, diventando arcivescovo, ha assunto il compito di difendere quella Chiesa proprio dal potere del sovrano. E il Re fu costretto ad ucciderlo, dimostrando non la sua forza, ma la sua debolezza.
La forza della nostra costituzione, della nostra democrazia imporranno ai nuovi leader politici la responsabilità delle istituzioni, facendola prevalere sui vecchi vestiti delle ideologie del ‘900? Ci affezioniamo ai vecchi vestiti perché li conosciamo, sono comodi, e cambiare ci fa sempre un po’ paura. In un paese democratico come il nostro, che, con tutti suoi difetti, ha comunque garantito diritti e libertà, la destra riuscirà a fare qualcosa di destra? E quali sono oggi le cose di destra? Nessuno può darci risposte adesso. Però anche le opposizioni dovrebbero lasciare i vecchi vestiti per contribuire al cambiamento, buttandosi le vecchie ideologie dietro le spalle, per cominciare a giudicare dai fatti, oltre al passato dei nuovi leader e alle loro chiacchiere al bar o sulle piazze. Questo non significa che non occorrerà sorvegliare costantemente il rispetto dei diritti di tutti e i valori della democrazia. Sarò un ottimista, o forse un illuso, ma spero che la stretta di mano tra Liliana Segre e Ignazio La Russa sia stata sincera.
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