Il prossimo 4 dicembre a San Donato Milanese, L’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani concluderà la “Maratona Mattei per sempre” dedicata ad Enrico Mattei, fondatore dell’Eni scomparso il 27 ottobre del 1962. Mattei morì in un incidente aereo a Bascapé poco prima di atterrare all’aeroporto di Milano Linate con un bireattore di proprietà dell’Eni. L’aereo esplose in cielo all’apertura del carrello che era stato collegato ad una carica di esplosivo. Una morte ancora oggi avvolta nel mistero. La maratona organizzata dall’Associazione di cui Mattei fu Presidente, è stata articolata in tre incontri con quello conclusivo a San Donato Milanese. Ma non è che una delle tante commemorazione in ricordo di un uomo che ha fatto la storia dell’energia (e non solo) in Italia. La sua tragica fine – insieme al pilota Irnerio Bertuzzi ed al giornalista americano William McHale- ha ispirato film, libri, documentari, reportage, oltre ad inchieste giudiziarie che non hanno mai accertato fino in fondo le cause e i mandanti di quella morte. 60 anni dopo, il nome di Mattei è echeggiato anche alla Camera dei Deputati nel discorso di insediamento della premier Giorgia Meloni. “ Un grande italiano che fu tra gli artefici della ricostruzione post bellica, capace di stringere accordi di reciproca convenienza con nazioni di tutto il mondo” ha detto. Non basta, ovviamente, un articolo qui per ripercorrere le tappe di un’esistenza giocata sul filo dell’intraprendenza, della voglia di riscatto italiano, della disinvoltura politica, della rete di amicizie e di molte trame. Ne sono stati scritti a centinaia di articoli e noi ne parliamo per l’embrione da riconoscere a Mattei, di un Paese meno squilibrato in quanto ad energia, consumi, relazioni diplomatiche. Era un’Italia molto diversa da quella di oggi.
Per le stranezze della storia, però, in questo 2022 di crisi energetica, più di uno nel mondo della politica e dell’industria si è lasciato scappare: ” per l’Italia ci vorrebbe un nuovo Mattei ”. Si, Enrico Mattei -nato ad Acqualagna in Provincia di Pesaro nel 1906- sapeva il fatto suo. Aveva fatto accordi e alleanze strategiche con i Paesi produttori di idrocarburi. Voleva dare all’Italia quell’autonomia energetica che il Paese poteva aspirare ad avere in una fase di rinascita. Chissà, forse vedeva nel futuro dell’Italia una sostenibilità energetica, ambientale e sociale che negli anni ‘50 e ’60 veniva declinata con altri vocaboli. Da ex partigiano e militante della Democrazia Cristiana (fu anche deputato dal 1948 al 1953) Mattei iniziò la carriera come Commissario liquidatore dell’Agip per conto del governo. Ma non chiuse l’azienda. Al contrario, ne seppe cogliere le potenzialità di crescita e nel 1953 con la riorganizzazione ormai alle spalle fondo l’Ente Nazionale Idrocarburi( Eni). Le grandi compagnie petrolifere – le cosiddette sette sorelle- con l’oligopolio del mercato energetico mondiale non apprezzarono quella scelta. Per due motivi, soprattutto. Primo: per la scaltrezza di Mattei che all’idea di autonomia e innovazione del settore energetico italiano affiancava doti di abile politico e sottile stratega. Secondo: perché l’Italia, Paese uscito dalla guerra grazie alle grandi potenze, non poteva imboccare una strada che l’avrebbe condotta all’indipendenza petrolifera. Era quel concetto di dipendenza che Mattei voleva eliminare spezzando l’oligopolio di Exxon, Mobil, Texaco, Standard oil of California (Socal), Gulf , Shell e British Petroleum. Nei suoi pensieri c’era anche l’Europa -non quella di oggi- che poteva essere “italianizzata ” in quanto a gas e petrolio. Mattei trattò direttamente con i Paesi produttori di idrocarburi – Persia, Libia, Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria – scontando sulle importazioni prezzi migliori di quelli offerti dalle big oil. Ai Paesi proprietari dei giacimenti, l’Eni avrebbe riconosciuto il 75% dei profitti per lo sfruttamento dei pozzi.
Fu anche il primo italiano a firmare un accordo con l’Unione Sovietica per forniture di greggio in cambio di assistenza e vendita di materiali per i gasdotti. A suo modo si aprì varchi in molti campi: fondò un giornale (Il Giorno), finanziò il movimento di indipendenza dell’Algeria dalla Francia, usò i partiti politici come taxi (“salgo, pago la corsa e scendo”), creò i primi fondi neri ( non personali) con i proventi del metano, favorì lo sviluppo del nucleare con la prima centrale a Latina, scoprì giacimenti di gas e petrolio in Lombardia, Sicilia, Basilicata, voleva rilanciare il Sud con nuova occupazione, ebbe rapporti personali con i maggiori capi di Stato e di governo, si circondò di buoni collaboratori e di anonimi detective .
La sua personalità si proiettò sull’Italia del boom economico e fino al 1962 si identificò con quella del cane a sei zampe del logo Eni. Di nemici o falsi amici, insomma, ne aveva accumulati molti:dentro e fuori dell’Italia. Tra questi non si è mai saputo con certezza chi mise la carica di esplosivo sul bireattore che lo riportava a Milano dall’aeroporto di Catania. La lista dei sospetti e delle ricostruzioni è lunga. Sta di fatto che la speranza di dare all’Italia autonomia in un settore vitale per la crescita, fu spezzata bruscamente. Chi commise quell’assassinio certamente tradì l’Italia. I Paesi con i quali Mattei aveva stretto accordi si trovarono di colpo senza l’interlocutore che – con i suoi metodi – li stava portando fuori dal cartello delle grandi compagnie. “Le nazioni detentrici dei giacimenti energetici trovarono in lui e nei suoi collaboratori gli ideatori di un regime contrattuale che sconfisse la concorrenza dell’oligopolio internazionale” dice lo storico Giulio Sapelli. In quel modo l’Eni nella ricostruzione post bellica offrì alle imprese energia a prezzi inferiori a quelli fissati dall’oligopolio. Tra i motivi di questo modus agendi c’era un metodo diverso nel fare trattative e investimenti. Era abile Mattei e sebbene temesse contraccolpi di ogni tipo, agli americani disse direttamente : “D ‘ora in poi in Italia stabiliremo noi quello che c’è da fare”. Pensava all’Africa, evidentemente, alle estrazioni e alle importazioni dirette. Senza mediatori, spie, affaristi, lobby finanziarie, di cui conosceva metodi e trucchi. Non credo immaginasse di essere ucciso come avvenne quel 27 ottobre 1962. Ma sapeva di non essere gradito a tutti e per questo si circondava di buone guardie del copro. Il giorno della morte sul piccolo aereo era solo con il pilota e il giornalista americano. Si muoveva su uno scacchiere internazionale come “un governante senza governo”, si disse. “Così facendo – aggiunge Sapelli – si instaurò con quelle economie e quelle società una relazione virtuosa che oggi si direbbe sostenibile”. E sostenibile è un Paese che sa valutare il peso dell’energia e degli interessi che vi girano intorno. Mattei lo aveva capito prima di ogni altro guadagnandosi la stima in primis dei suoi dipendenti per i quali fece costruire case, parchi, infrastrutture per il tempo libero a San Donato Milanese (Metanopoli) come a Gela. Il mondo politico non lo ricambiò sempre allo stesso modo dei suoi dipendenti.60 anni dopo la morte i Paesi che non hanno autonomia energetica restano appesi alle decisioni di chi l’energia decide di venderla o non venderla in base alle convenienze del momento. La guerra in Ucraina di questo 2022 ne è solo l’ultimo esempio.