Da tempo attendevo l’uscita del libro di Denise, che parla di un mondo che ho conosciuto. Un bellissimo libro, che mi ha fatto tornare indietro nel tempo.
Quando ero ancora un ragazzino, d’estate trascorrevo due settimane con mia nonna, quasi sempre in Svizzera, dove le piaceva andare perché non amava il caldo. Avevo quattordici anni l’anno in cui questa vacanza si svolse a Lucerna. Quando misi per la prima volta piede nell’hotel Palace, mi sentii perso: come avrei potuto trascorrere 15 giorni in mezzo a tutti quei vecchi, in quelle grandi sale con pesanti tende color bordeaux e tavoli da pranzo con un incredibile numero di forchette, coltelli e bicchieri.
Già la prima sera la nonna parlava con tutti: una coppia di ebrei austriaci, Franz e Clara, che erano riusciti a fuggire in Svizzera all’arrivo dei nazisti, una soprano inglese rimasta recentemente vedova, una coppia di francesi, lui banchiere e lei giornalista e infine Giovanni, il pianista italiano, che dopo aver suonato per noi durante la cena, veniva a sedersi per parlare di musica con gli ospiti dell’albergo. C’erano molti altri anziani signori, ma tutti parlavano con me, che ero il più giovane, e non ho mai dimenticato le storie che mi raccontava Clara dai romanzi della letteratura austriaca e ungherese.
Si parlava in francese, anche se mia nonna scambiava spesso qualche parola in tedesco con i due austriaci. Volevo molto bene a nonna Luisa, alla quale devo il francese e l’inglese, ma soprattutto avermi trasmesso un grande amore per la pittura, la letteratura e la musica.
Suonava bene il pianoforte: ricordo alcuni notturni di Chopin e i leads di Schumann, che cantava dolcemente, accompagnandosi al pianoforte. Se non avessi trascorso quei giorni in quell’albergo, accanto a quelle persone, non avrei mai potuto capire gli ultimi bagliori del tramonto della borghesia degli imperi del novecento. Oggi so che avevo conosciuto gli ultimi rappresentanti di una società internazionale che condivideva una grande cultura, prima che l’avvento dei nazionalismi separasse definitivamente il mondo di Jane Austen, di Agatha Christie e del ballo sul Titanic.
Nonna mi diceva spesso “ne te fie pas de l’éclat” e solo più tardi ho capito che l’eleganza, lo stile e il lusso non si devono vedere.
È il fascino di questo mondo che Denise Pardo fa rivivere straordinariamente nel suo libro, la storia della sua famiglia nel Cairo della prima metà del novecento. Una città che aveva saputo essere una patria capace di accogliere ebrei, musulmani e cristiani appartenenti al crogiolo dell’impero asburgico e di quello ottomano. Famiglie che avevano diversissime origini e storie, educazione, cultura e stili di vita. Una società di diversi che si cambiava di abito per la cena, ma sapeva rispettare tutte le tradizioni, festeggiare le varie ricorrenze religiose nel rispetto e nell’affetto per coloro che lavoravano per loro e nell’amore per la gente, i colori e gli odori di una città che era stata una delle più importanti di un grande impero. Un mondo dove raffinatezza e lusso non oscuravano l’umanità e la cultura.
Bobe, la nonna di Denise, moglie di un ebreo di Odessa, si era portata dietro il suo yiddish, ma anche la paura della prima fuga dai pogrom del tremendo inizio delle identità nazionali che continuano a perseguitarci.
Un mondo di donne, la famiglia di Denise, dove le regole di un ruolo antico non nascondevano la forza delle loro vite. Senza mai scivolare in una prospettiva storica, senza mai allontanarsi dalla semplicità del racconto, Denise ci offre l’amore e la travolgente passione tra Mohammed, egiziano, e Kate, inglese, violato dai mostri di un nazionalismo che riesce ad uccidere anche i più profondi sentimenti umani. Una famiglia in fuga, non dalla fame e dalla miseria, ma unita nella nostalgia di una vita perduta, di amici, di colori e sapori lasciati lontano.
Il libro è magicamente pervaso da una dolcezza discreta che per Denise è il più profondo senso di una famiglia, di una vita e di una storia.
Il libro sa darci una testimonianza della storia del nostro mondo attraverso gli occhi di Sam e Fanny, i genitori di Denise, e delle sue sorelle Raimonde e Jocelyne: un racconto di vite strappate da un mondo perduto.