L’Italia è senza lavoro. E meglio: in Italia non c’è lavoro. Ormai la situazione è endemica, il lavoro manca da generazioni. O se aggrada meglio le orecchie, in questo caso gli occhi di chi legge, il lavoro decente manca da generazioni. Per lavoro decente si intende un lavoro pagato il giusto prezzo rispetto all’impegno richiesto. Un lavoro premiato per merito e resa non un lavoro piatto e tiranno.
Sin dai tempi della generazione dei baby boomers che è cresciuta credendo che lo studio e le lauree servissero ad ottenere posizioni decenti e che sarebbero state un’assicurazione garante per il resto della parte della vita attiva, qui in Italia così non è mai stato. A parte qualche raro fortunato o genio il resto dei laureati si è trovato a piegarsi ad una società “piconiana“. Ora vi chiederete cosa significa società piconiana. Vi ricordate il famoso film di Lina Wertmuller “Mi manda Picone”, dove pronunciare questa frase era un magico passe-partout? Ecco là che la relazione diventa chiara. Se ci si presentava tramite “Picone” un’opportunità era garantita…
Ora Picone non funziona praticamente più ma anche posti decenti di lavoro non ci sono più. Non perché finito Picone è finita ogni chance ma perché nel nostro paese si sta andando di male in peggio.
I salari sono fermi dal 2000 e l’economia ha così tanto regredito che la situazione non è solo preoccupante ma oserei dire raccapricciante.
E se ci si pensa bene il famoso reddito di cittadinanza non è stato poi un provvedimento famigerato ma un mezzo garante e ben dovuto ai più. È vero che ci sono stati innumerevoli abusi ma non è certo una buona soluzione tagliare di netto questo provvedimento assistenziale. Invece lavorare per ridurre la disoccupazione mettendo in opera le riforme necessarie farebbe sì che il reddito di cittadinanza si estinguerebbe per inerzia.
Tagliare potere d’acquisto privando di quei pochi mezzi i disperati non è produttivo, anzi. Tagliare serve a cadere sempre più in basso togliendo dalla circolazione risorse che non sono solo utilissime ai beneficiari del fondo di sussistenza ma anche a tutta la catena economica.
In fondo la definizione di espansione economica è così tanto semplice che troppo spesso non ci si pensa. In parole infantili l’espansione avviene quando la sua catena funziona senza intoppi e cioè: se “Le Sore Lelle” hanno 10 Euro in più, vanno a comprare più generi diversi dal mercatino attiguo; il proprietario del piccolo commercio avendo 100 Euro in più va a sua volta dal commerciante di jeans e ne prende di nuovi per suo figlio; il proprietario del negozio di jeans può finalmente comprarsi una nuova utilitaria; il fabbricante di vetture comprerà un motoscafo ed il proprietario del cantiere una nuova casa; ecc. ecc. E dunque tutto ripartirebbe perché sia i negozianti, che i fabbricanti ed i cantieri assumerebbero più aiuti.
Quindi, purtroppo, visto che tanto ti puoi dipingere anche di verde ma il lavoro non lo puoi trovare, tagliare il sussidio di cittadinanza o meglio dire disoccupazione allargata anche a chi il lavoro non ha potuto mai e poi mai trovarlo, è una manovra pressoché catastrofica.
I veri e solidi progressi si dovrebbero fare con riforme e non tramite provvedimenti e contro provvedimenti. E questo è ciò che ci si dovrebbe aspettare da un sano governo.
Ormai abbiamo un’infinita esperienza della contro produttività dei provvedimenti che vorremmo non dover più venir sopra questo argomento. Abbiamo ormai tutti capito che i provvedimenti sono messi in azione solo alla pura finalità del consenso e all’acquisizione di una maggior leva politica ma allo stesso tempo in gran parte dannosi per il Paese.
Perciò noi chiediamo a gran voce una seria e solida riforma del lavoro, riforma del livellamento dei salari e non piccoli e miserabili provvedimenti.
E ne consegue che chiediamo a gran voce anche una riforma dell’artigianato e della piccola impresa.
Invece sulla famiglia, che non si può riformare per evidenti ragioni chiediamo aiuti più concreti e giusti tra cui fa parte anche il reddito di cittadinanza che è uno strumento valido sia per quest’ultima che per i giovani in cerca della loro strada, ricerca che non si può nè si deve basare sull’ottenimento del meno peggio che si trova per ragioni di urgenza ma sul meglio al quale si aspira.
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