Tutti amano le città antiche, nelle quali sono fortemente percepibili e comprensibili le testimonianze della loro origine e del loro scopo, e nelle quali le attività e la vita quotidiana si svolgono in modo unico e originale. Questi ambienti hanno un sempre un potere evocativo, gli abitanti vivono la bellezza dei luoghi come bene comune, ne riportano un senso di appartenenza, di fierezza e di identificazione. Anche i turisti e i visitatori non restano estranei a queste sensazioni e non possono sottrarsi allo stesso fascino. Hanno forme fisicamente chiare, nate come risposta a pressioni semplici, arricchite da edifici preziosi, nati da pressioni di tipo politico, culturale o religioso, che segnano il ritmo dei punti di riferimento. Il lento progresso tecnologico permetteva metodi di progettazione e di costruzione basati su adattamenti progressivi, con margini di errore limitati. Ogni città quindi si costruiva e cresceva sulle spinte di esigenze uniche.
Ricordiamo ad esempio Amsterdam, una risposta alle esigenze del commercio, dove le vie d’acqua permettevano alle navi da carico di raggiungere le case dei mercanti, o Pechino costruita principalmente per conformarsi alle necessità rituali e cerimoniali nei confronti dell’Imperatore e dall’importanza di stabilire i gradi di vicinanza con la Sua persona. O Aosta, col suo impianto a croce che semplificava l’amministrazione migliorando il controllo interno e l’esigenza di presidio dei territori conquistati. Oggi le tante e diverse pressioni sociali, culturali ed economiche costituiscono una rete che influisce sulla forma delle città includendo conflitti di priorità che producono situazioni molto contraddittorie. L’uso dell’automobile ad esempio costituisce una pressione dominante.
La viabilità nei centri antichi risulta inadeguata e le città nuove devono subordinarsi alle esigenze dell’automobile, la struttura delle strade deve adeguarsi, i servizi commerciali vanno posizionati in luoghi decentralizzati, il cuore urbano risulta sfuocato e senza riferimenti e si assiste al decentramento dei servizi degli uffici amministrativi. Con la pressione di esigenze dispersive e contraddittorie l’organizzazione dell’ambiente urbano perde di chiarezza e di leggibilità, unica guida divengono le indicazioni stradali. Le linee artistiche, i toni e i tessuti delle città classiche lasciano il posto ai grattacieli, alle organizzazioni verticali, alle variabili insegne luminose e alle luci del traffico. Distruggendo la struttura centrale e scomponendo l’ambiente urbano disordinatamente si perde anche il rapporto armonico con il paesaggio circostante che le città antiche mantenevano in sapiente equilibrio. I confini delle nuove città sono imprecisi, sfrangiati, la campagna spesso diventa un deposito di rifiuti. Uno scenario poco edificante che spesso chiamiamo “Regione metropolitana”. Forse dovremmo ancora riflettere sulle parole di Isac Ware che nel 1756 recitava: “L’Arte del costruire non può essere grandiosa più di quanto sia utile, né la sua imponenza può avere maggior merito della sua convenienza”.
Foto di apertura dell’autrice