Da ex assistente parlamentare a Bruxelles (ormai più di una trentina di anni fa…) confesso che la prima cosa che ho pensato nel dicembre scorso, quando è scoppiato lo scandalo che giornalisticamente porta il nome di Qatargate, è che finalmente qualcuno si era accorto di quanto potessero essere importanti gli assistenti parlamentari!
E naturalmente non solo gli assistenti, ma di quanto potesse valere soprattutto il cosiddetto “soft power”, cioè il potere di influenza politica e mediatica del Parlamento europeo che molti tra gli stessi europei stentano ancora oggi a riconoscere. Infatti non se ne sono accorti né i media, né i politici o la magistratura che conosciamo, ma pare che se ne fossero invece accorti alcuni meno noti esponenti governativi di paesi importanti, facoltosi e sovrani, che avrebbero investito molto concretissimo denaro per cercare di influenzare questo “soffice potere”.
Perché ad oggi, fatta salva la presunzione di innocenza per i singoli, gli aspetti politici e geopolitici che emergono, sono gli unici sui quali si possa ragionare nell’ambito di questo scandalo che rischia di avere riflessi molto concreti sull’immagine delle istituzioni europee e molto probabilmente sulle prossime elezioni per il Parlamento europeo previste già nel prossimo anno.
Vale la pena ricordare che le indagini dei servizi segreti belgi all’origine di questa vicenda hanno dapprima riguardato le presunte influenze ed eventuali ingerenze di paesi stranieri sulla politica belga e di conseguenza europea per poi trasferire le carte nelle mani della magistratura, attraverso gli organismi di controllo belgi, per reati che a questo punto dell’inchiesta sembrerebbero soprattutto di carattere fiscale.
Naturalmente bisognerà seguire l’evoluzione delle indagini che saranno presumibilmente lunghe se gli inquirenti dovranno analizzare, come pare stiano facendo, i contenuti di tutti i computer, cellulari e altro materiale che è stato sequestrato nel corso delle prime perquisizioni sia nelle case private che nella sede stessa del Parlamento europeo dove alcuni uffici restano ancora sotto sequestro.
E saranno indagini sempre più complicate se, come ipotizzano alcuni media, lo scandalo si dovesse allargare ad altri paesi come il Marocco o l’Algeria e ad altri europarlamentari di diversi orientamenti politici oltre che a funzionari ed esponenti di altre istituzioni come la Commissione europea e il suo “ministero degli esteri”, il Servizio di azione esterna, che in effetti, a ben vedere, hanno un potere molto più reale e concreto del Parlamento europeo nelle vicende cha riguardano i rapporti di ogni tipo con i paesi terzi.
Per questo fin da ora è necessario essere cauti e pazienti, e non azzardare paragoni senza fondamento con l’americano watergate o con la nostrana tangentopoli visto che questa vicenda è per molti aspetti una vicenda squisitamente europea con tutte le problematiche che questo comporta, una fra tutte l’aspetto linguistico e transfrontaliero.
In effetti alcuni metodi di pressione della magistratura belga in particolare per quanto riguarda il ruolo di giovane madre di Eva Kaili, possono far tornare alla mente le vicende italiane ma la differenza del modus operanti rispetto alla magistratura italiana è evidente soprattutto per quanto riguarda i contatti con la stampa che in Belgio sarebbero addirittura vagliati da comitati ufficiali. Il timore che circola in ambienti brussellesi è comunque del tutto comprensibile e giustificato, e anche per questo il tentativo del Parlamento europeo di autoriformarsi da solo, proponendo di dotarsi di regole più stringenti in materia di lobbismo, che per altro non sono ancora state adottate, sembra comunque inadeguato. Soprattutto nel caso in cui le presunte malefatte confermassero l’atmosfera di impunità che regnava nei palazzi del potere europeo e in particolare nel Parlamento sotto l’oscura guida amministrativa del meno noto segretario generale, Klaus Welle, che avrebbe perfino sostenuto le attività dell’associazione dell’ex parlamentare Panzeri senza mai farsi venire l’ombra di un dubbio.
Volendo fare della facile ironia si potrebbe anche chiosare sul nome “fight impunity”, combattere l’impunità, scelto per l’organizzazione che sembrerebbe essere al centro di questo scandalo e che più probabilmente veniva usata come paravento per azioni illecite.
Ma, come sappiamo bene anche in Italia, i politici passano e i funzionari restano e se questo scandalo di cui ancora sappiamo così poco ha già portato per esempio alle dimissioni della Presidente della Commissione parlamentare per i diritti umani ed ex Ministro belga (di origini italiane) Maria Arena è legittimo chiedersi quali regole si debbano metter in atto per impedire possibili influenze indebite da parte di attori perfino più danarosi come certe multinazionali dell’energia o della chimica o di altri paesi ancora più grandi e potenzialmente pericolosi.
Infatti se per quanto riguarda la debolezza della natura umana non ci sono ricette, questo scandalo di corruzione, per ora presunta, ma di qualunque ampiezza si possa rivelare, potrebbe addirittura servire a rafforzare le istituzioni comunitarie attraverso una nuova consapevolezza dei propri poteri e nuove regole per proteggerli.
Ma il prezzo più alto lo pagherà comunque la politica, sia in generale per il distacco che appare evidente tra le parole e la realtà mostrato da alcuni dei suoi esponenti, oltre che, al netto di futuri sviluppi, la politica dei partiti più associabili alla difesa dei diritti dei lavoratori e anche dei diritti umani quali i partiti di sinistra.
Questo potrebbe essere un ulteriore regalo ai partiti più estremisti o cosiddetti populisti e in ogni caso è già ipotizzabile che ci sarà un impatto sugli equilibri politici all’interno del Parlamento europeo dopo le prossime elezioni.
Non a caso alcuni lo hanno letto nel recente incontro tra il capogruppo del PPE Manfred Weber in visita a Roma e il gruppo capeggiato dal nostro Primo Ministro Giorgia Meloni, presidente del gruppo ECR, Conservatori e riformisti, al Parlamento europeo.
Per ora si tratta solo di ipotesi, che nel caso specifico dovrebbero per realizzarsi superare in particolare le opposizioni delle incompatibili componenti polacche, ma in ogni caso testimonia di tentativi di sostituire con altre alleanze lo storico equilibrio tra popolari e socialisti che da decenni domina il Parlamento europeo e che potrebbe essere messo in discussione dalle prossime elezioni europee.
C’è da augurarsi che questo scandalo, per quanto odioso, serva almeno a riavvicinare la politica europea ai suoi elettori e a farla sembrare meno lontana, meno incomprensibile e soprattutto intangibile, a condizione di non generalizzare, di guardare ai problemi con lucidità e non trarre conclusioni affrettate.
Per questi motivi, per coloro come me ai quali è cara la democrazia europea, ci si può appellare alle parole della Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola secondo cui “è la democrazia europea che è sotto attacco” ma ben sapendo che l’attacco viene dall’interno ed è da quello che suo malgrado dobbiamo difenderla.
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