Se n’è andato un anno, David Sassoli è rimasto con noi: nei rimpianti e nelle celebrazioni. Gli hanno dedicato di tutto: strade, sale riunioni, borse di studio. Avrebbe sorriso, per cacciare lontano la superbia. Immagino le sue parole: “Non è un omaggio a me, ma alle istituzioni che abbiamo rappresentato, al seme che abbiamo gettato. Insieme”.
Insieme, è la parola chiave. Insieme: perché un cristiano non divide, ma condivide. Lo dice – citando Papa Francesco – Matteo Zuppi. Prima che vescovo e cardinale, compagno di viaggio di David Maria. Dagli anni del liceo Virgilio, ai campi scout, alle mense di Sant’Egidio. Tocca a lui ricordarlo, nella Chiesa del Gesù, un anno dopo. Sull’altare una rosa bianca, e una vecchia edizione delle Confessioni di Sant’Agostino, l’unico libro che il padre di David, Domenico, riportò con sé al ritorno da sette anni di guerra e di prigionia nei Balcani. L’Europa moderna nasce da lì. Da quella generazione che per prima disse “mai più”. Mai più guerre nel cuore del nostro continente. E David aveva intuito il pericolo, aveva dedicato gli ultimi mesi di vita a combattere i nazionalismi e le “democrature”, a contrastare la minaccia di Vladimir Putin.
“Se è possibile in Europa, è possibile ovunque” ripeteva. Come quel giorno d’estate, la sua ultima estate, al campo di concentramento di Fossoli, accanto a Ursula Von der Leyen. “La storia la raccontano gli occhi delle vittime, cadute per difendere la nostra libertà”.
Un’amara profezia. Il primo anno senza David Sassoli è stato un anno di guerra, feroce, terribile. Lui che aveva sempre parlato di pace, paladino rigoroso della non violenza. Come quei ragazzi che nella Germania nazista cercarono di opporsi alla follia nazista senz’armi, ma con una rosa bianca, scrivendo sui volantini “Viva la libertà. Abbasso Hitler”.
Erano giovani dallo “spirito inflessibile” e dal “cuore tenero”, per usare le parole di Jacques Maritain. E a chi li invitava a lasciar perdere, a nascondersi, a non rischiare la pelle, rispondevano: proprio perché ora la politica è confusa e malvagia, dobbiamo occuparci di politica. Dobbiamo. È quel senso del dovere e dell’impegno – di un impegno alto, esigente – che convinse David a lasciare una carriera brillante e ricca di soddisfazioni nel giornalismo per tuffarsi nella politica europea. Con quel sorriso, che nascondeva uno spirito inflessibile e un cuore tenero. Un anno dopo, fra i ricordi, gli abbracci e le mani che tornano a stringersi in segno di pace, spunta un foglio di carta: è la poesia di un altro David Maria, il poeta Turoldo, che sembrava scritta per quel ragazzo con la chitarra, che ha incarnato l’utopia di un’Europa libera, più felice e più giusta.
“Canta il sogno del mondo / Ama, saluta la gente, dona, perdona, ama ancora e saluta / Dai la mano, aiuta, comprendi, dimentica e ricorda solo il bene / E del bene degli altri godi e fai godere”.
Foto di apertura: David Sassoli presiede la seduta parlamentare che ha eletto Ursula von der Leyen Presidente della Commissione europea- Foto da wikipedia.org – CC BY 2.0