Chi ha frequentato l’università a volte ricorda, anche a distanza di molti anni, una singola ora di lezione che, per qualche ragione o circostanza, ha rivestito un particolare significato. La forza emotiva di una lezione può avere un impatto molto diverso tra chi l’ascolta, e il valore di una lezione, o di un intero corso di lezioni, ha in genere una forte componente soggettiva.

Vi sono poi alcune lezioni che hanno una rilevanza collettiva, in qualche caso storica. P. es. tra i matematici è ben nota l’importanza della lezione di abilitazione tenuta da Bernhard Riemann il 10 giugno 1854 all’Università di Gottinga. In essa furono aperti nuovi orizzonti per la geometria dell’Ottocento e di conseguenza dei secoli successivi.

La morte del Papa Emerito Benedetto XVI sembra oggi avere riaperto lo spazio ad una rilettura del testo di quella che avrebbe dovuto essere una sua lezione, programmata all’Università Sapienza di Roma per il 17 gennaio 2008, ma di fatto mai tenuta. A tale vicenda ho già accennato in un mio precedente contributo su questo sito, ma vorrei ora approfondire in qualche misura il contenuto del testo scritto dal Papa, che mi pare risulti essere, a distanza di diversi anni, quanto mai attuale.

Incontro tra Papa Francesco e Papa Benedetto XVI
by Mondarte CC BY-SA 4.0

La lezione di Benedetto XVI era stata programmata su invito dell’allora Rettore della Sapienza Renato Guarini per l’inaugurazione dell’anno accademico 2007-08, successivamente rinviata appunto al gennaio 2008. Ma visita e lezione saranno poi annullate dallo stesso Papa, in conseguenza di un crescente clima di tensione, progressivamente diffusosi nell’Ateneo. La polemica iniziò con due lettere al Rettore che esprimevano la perplessità di due autorevoli docenti di fisica. Ad esse fece seguito una lettera collettiva, con le firme di 67 docenti, tra cui alcuni illustri rappresentanti del Dipartimento di Fisica. In essa si sosteneva l’inopportunità di invitare un’autorità religiosa all’inaugurazione dell’anno accademico, facendo anche riferimento ad una citazione, risalente a diciotto anni prima, da parte dell’allora Cardinale e Professore Joseph Ratzinger ad un passo del filosofo austriaco Paul Feyerabend e relativo all’atteggiamento della Chiesa nel processo a Galileo. In realtà i 67 firmatari erano ben pochi rispetto ai circa 4.500 docenti dell’Ateneo, ma sufficienti per iniziare ad alimentare una tensione, cui contribuirono poi assemblee e manifestazioni studentesche. A due giorni dalla programmata visita, Papa Benedetto XVI comunicò che, mancando le auspicabili condizioni di serenità, riteneva più opportuno soprassedere alla visita, inviando tuttavia un testo della sua lezione. Il testo fu letto, in assenza del Papa, nell’aula magna dell’Ateneo, all’inaugurazione dell’anno accademico.

Non molti giorni dopo, l’8 febbraio 2008, l’Osservatore Romano segnalò brevemente che la lettera dei 67 docenti della Sapienza era viziata da più di una inesattezza, in particolare riguardo la citazione di Joseph Ratzinger a Paul Feyerabend e al processo a Galileo, e che le inesattezze erano verosimilmente dovute ad un copia e incolla di informazioni trovate su una non accurata pagina di Wikipedia. Un ampio racconto e i principali documenti dell’intera vicenda furono raccolti alcuni anni dopo nel libretto di Renato Guarini “Sapienza e Libertà. Come e perché Papa Ratzinger non parlò all’Università di Roma”, ed. Donzelli 2014, contenente anche un’introduzione di Walter Veltroni, Sindaco di Roma all’epoca dei fatti.

Il testo della mancata allocuzione del Papa all’Università di Roma è tuttora disponibile in sette diverse lingue su una pagina web della Città del Vaticano.  Una rilettura commentata dello stesso testo è apparsa pochi giorni fa, il 4 gennaio 2023, a firma di don Andrea Lonardo, direttore del Servizio per la Cultura e l’Università della Diocesi di Roma, sul sito del Centro culturale “Gli scritti”.

La recente morte di Benedetto XVI è stata occasione di vasta e profonda riflessione, sulla sua figura di eminente teologo, sul suo magistero nella Chiesa della seconda metà del XX secolo e oltre, fino al suo Pontificato negli anni 2005-2013 e al suo ruolo di Papa Emerito negli anni a seguire. È stato ricordato in particolare il valore che Benedetto XVI attribuiva al silenzio, come mezzo di comunicazione, di ascolto, di insegnamento, di ricerca della verità.

Chi ha partecipato alla giornata del 17 gennaio 2008 alla Sapienza di Roma ricorda la presenza del silenzio. Il silenzio della voce del Papa, le cui parole furono lette da altri nell’aula magna. Il silenzio nella Cappella Universitaria, attorno ad una sedia rimasta vuota ma pienissima di significato, con il previsto momento di preghiera subito dopo l’evento accademico programmato.

Rileggendo il testo della lezione di Papa Benedetto, colpiscono in primo luogo alcune esplicite e naturalissime domande: “Che cosa può e deve dire il Papa nell’incontro con l’Università della sua città? Qual è la natura e la missione del papato? E qual è la natura e la missione dell’Università?”. E poi ancora “Che cos’è la verità? E come la si riconosce?”

La Sapienza di Roma, by Giuseppesavo, CC BY-NC-ND 2.0

Le riflessioni di Papa Benedetto attorno a queste domande attraversano la storia della civiltà occidentale. Dall’interrogarsi di Socrate come impulso ideale da cui è in qualche modo scaturita l’idea di università. Poi l’intrecciarsi nel medioevo di filosofia e teologia, paragonate a una coppia di gemelli nella quale nessuno dei due può essere distaccato completamente dall’altro, ma dove ognuno deve conservare il proprio compito e individualità. Quindi, a partire dall’età moderna, le nuove dimensioni del sapere, nei due grandi ambiti delle scienze naturali e delle scienze storiche e umanistiche, entrambi valorizzati in modo crescente nelle università. In questo sviluppo” scrive Papa Benedetto “si è aperta all’umanità non solo una misura immensa di sapere e di potere; sono cresciuti la conoscenza e il riconoscimento dei diritti e della dignità dell’uomo. Ma il cammino dell’uomo non può mai dirsi completato e il pericolo della caduta nella disumanità non è mai scongiurato”. Un pericolo ben presente nell’umanità contemporanea, nonostante l’ampiezza del suo sapere e del suo potere, e la sua sempre incompiuta ricerca di verità. È necessario, dice il Papa alla comunità accademica, “mantenere desta la sensibilità per la verità, invitare sempre la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio”.

 Il richiamo alla necessaria ricerca della verità è il messaggio di Papa Benedetto per l’Università contemporanea. Anche oggi, nel 2023, vediamo non essere poche le realtà del mondo, e penso in particolare a quelle dei regimi totalitari, in cui il potere viene accompagnato dalla manipolazione, se non dalla negazione e dall’uccisione, della verità e della sua ricerca.

E anche all’interno della Chiesa, a pochi giorni dalla morte di Papa Benedetto XVI – per usare qui sia un termine assai eloquente di Papa Francesco sia le parole della lezione di Benedetto XVI – c’è da chiedersi se un certo “chiacchiericcio” non si ponga decisamente fuori dalla “ricerca del vero, del bene, di Dio”.

 

Immagine di copertina “Papa Benedetto XVI a Pavia – 22 aprile 2007” by Unipavia, CC BY-NC-SA 2.0