L’auto elettrica non cancellerà quella a benzina in Europa, almeno per ora. Lo stop dal 2035 alle vetture a combustione sostituite da quelle elettriche non è più così scontato. Bruxelles è al lavoro «per trovare una soluzione» per garantire comunque una tutela dell’ambiente dall’inquinamento.
La presidenza svedese rinvia il voto decisivo del Consiglio europeo in attesa di una possibile, difficile intesa. La svolta ecologica del motore solo elettrico sancita a febbraio da un voto del Parlamento europeo ha scatenato forti contrasti. Da tempo l’industria automobilistica e i sindacati dei metalmeccanici europei contestavano la scelta con scarso successo.
Poi arriva l’affondo di Romano Prodi: cambia tutto il quadro. L’europeista Prodi smonta il mito della macchina elettrica, preferisce l’auto a benzina. Punto centrale tecnico: l’elettrico inquina di più dei motori a tecnologia avanzata a benzina e gasolio; produce «una quantità di CO2 superiore a quella di un motore a combustione interna di ultima generazione».
Il no dell’ex presidente della Commissione europea alla scommessa solo sull’auto elettrica ha anche un forte connotato politico: l’Europarlamento così si è «schierato in favore dell’unica scelta produttiva nella quale Cina e Stati Uniti si trovano fortemente in vantaggio rispetto all’Europa» per le tecnologie e le materie prime. L’industria europea dell’automobile rischia grosso. Sono in pericolo fabbriche e occupazione soprattutto in Italia poco presente nei motori elettrici.
Per la transizione ecologica, secondo i critici del tutto elettrico, ci sono varie soluzioni alternative applicabili alle autovetture a benzina e a gasolio: i motori termici euro 7, i carburanti sintetici, l’idrogeno. Flavio Briatore la pensa come Prodi. L’imprenditore svela: «La F1 sta sviluppando una benzina pulita a zero emissioni che sarà pronta nel 2026».
Il governo italiano va sulla scia di Prodi: si schiera per puntare anche sui motori termici puliti. Giorgia Meloni rivendica il diritto di percorrere la strada «più efficace e sostenibile». La presidente del Consiglio italiana chiede di non escludere a priori «il percorso verso tecnologie pulite diverse dall’elettrico».
Cambiano i rapporti di forza emersi nel voto al Parlamento europeo. Salgono le nazioni contrarie o scettiche. Italia e Polonia si oppongono. Dubbi arrivano da Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Finlandia, Slovacchia, Portogallo, Romania, Slovenia, Bulgaria, Ungheria. Ma pesano soprattutto le riserve della Germania.
La contestazione verso l’Unione europea cresce. L’auto elettrica non è più un dogma indiscusso.