“…In Ucraina c’era un medico che era anche una figura politica. Si chiamava Medved. Anni dopo fu membro della delegazione ucraina alla fondazione delle Nazioni Unite a San Francisco… Ai miei tempi c’era una storia in Ucraina su questo Medved che illustrava le follie estreme raggiunte al culmine delle “purghe”.
Quando Medved era vicecapo del Dipartimento regionale della Sanità, a Kiev o a Kharkov, una donna si alzò durante una riunione del Partito, gli puntò il dito contro e disse: “Non conosco quest’uomo, ma posso dire dal suo sguardo che è un nemico del popolo”. Ve lo immaginate?
Fortunatamente Medved non perse il controllo. Replicò anzi immediatamente: “Non conosco questa donna, che mi ha appena denunciato, ma posso dire dal suo sguardo che è una prostituta”, anche se usò una parola più colorita. La pronta risposta di Medved gli salvò probabilmente la vita…
Questo è un estratto delle memorie di Nikita S. Krusciov (leader dell’Unione Sovietica dopo la morte di Joseph Stalin). Allora, nel 1937, un’accusa del genere era in realtà una condanna a morte. La storia racconta ciò che accadde realmente al mio bisnonno Lev Medved, che all’epoca ricopriva la carica di vice commissario per la sanità del popolo (prima del 1946 analogo del ministro) della RSS ucraina. Il suo superiore – il commissario (ministro) – era già stato arrestato con la stessa accusa di essere “nemico del popolo”. Il mio bisnonno era davvero un uomo di straordinaria vivacità mentale, e in un momento così difficile riuscì a uscire da quella situazione. Certo, fu sospeso dal lavoro e convocato per un interrogatorio, ma non fu arrestato. Però molti altri furono meno fortunati. Milioni di loro furono condannati a morte o mandati nei campi di lavoro dopo una simile denuncia, malevola o solo isterica.
“…Stalin era un uomo molto diffidente, malignamente sospettoso; lo sanno tutti coloro che hanno vissuto sotto la sua dittatura”. Poteva guardare un uomo e dire: “Perché oggi hai gli occhi così sfuggenti?” o “Perché oggi ti giri così tanto ed eviti di guardarmi direttamente negli occhi?”. Il sospetto malato creava in lui una sfiducia generale anche nei confronti di eminenti esponenti del partito, che conosceva da anni. Ovunque e in ogni cosa vedeva “nemici”, “doppiogiochisti” e “spie”… Quando Stalin diceva che uno o l’altro doveva essere arrestato, bisognava accettare, per fede che fosse un “nemico del popolo…” Questo è ciò che ha detto Nikita S. Krusciov in “Crimini dell’era Stalin”, RELAZIONE SPECIALE AL 20° CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA DELL’UNIONE SOVIETICA, sessione chiusa. 24-25 febbraio 1956, pag. 34.
Stalin diede nuovamente vita al mostruoso concetto di “nemico del popolo”, utilizzato durante la rivoluzione francese. Questo termine eliminava automaticamente qualsiasi necessità di provare gli errori ideologici della persona o delle persone accusate; permettendo di applicare subito le misure repressive più crudeli a coloro che non erano d’accordo con Stalin per qualsiasi aspetto, a coloro che erano solo sospettati di intenzioni ostili, e a coloro che avessero soltanto una cattiva reputazione. Il concetto di “nemico del popolo” escludeva infatti la possibilità di qualsiasi tipo di contrasto ideologico, anche semplicemente la manifestazione delle proprie opinioni su una particolare questione, anche di natura pratica.
Il 5 marzo di 70 anni fa moriva il sanguinario dittatore (Stalin), ma il suo spirito sembra essere ancora molto vivo e si sta “misteriosamente” materializzando di nuovo. Molti concetti sovietici sono stati “mascherati” e hanno acquisito nuovi volti, ma sostanzialmente sono rimasti gli stessi. Pochi giorni fa uno dei Paesi post-sovietici – la Georgia – è stato scosso dalle proteste popolari contro il progetto di legge sugli ‘agenti stranieri’ in stile russo. Il controverso progetto di legge – “Sulla trasparenza dell’influenza straniera” – prevedeva di etichettare come ‘agenti stranieri’ tutte le organizzazioni no-profit e le imprese che ottenessero dall’estero almeno il 20% dei loro finanziamenti. Questo provvedimento di legge avrebbe di fatto colpito l’intero gruppo dei guardiani della democrazia, dei nemici della corruzione e dei difensori dello stato di diritto, di fatto le rappresentanze locali e i partner delle organizzazioni internazionali di sviluppo e umanitarie compresi, tutti i media indipendenti. In altre parole, tutti quei watch dog che sorvegliano gli impegni democratici della nazione sarebbero stati bollati come agenti stranieri.
Leggi repressive simili il Cremlino le impone ostinatamente a tutti i Paesi vicini sui quali rivendica influenza politica. Nel gennaio 2014, una di queste leggi era contenuta in un pacchetto di cosiddette “leggi sulla dittatura” di Yanukovych proposte da Mosca e approvate fulmineamente dalla Verkhovna Rada (Parlamento ucraino). E fu questa legge a condurre all’esplosione delle massicce proteste antigovernative, note come “Euromaidan” e infine sfociate nella rivoluzione.
Il termine “agente straniero”, nell’accezione post-sovietica, indica principalmente una spia straniera e ricorda il già citato concetto di “nemico del popolo”. È solo un effetto collaterale? La mentalità malata di una persona con un passato sovietico? Proviamo a proporre una analisi.
Gli autori georgiani della legge sostengono che essa si basa sulla falsa riga delle “leggi americane” e si ispira alle “migliori pratiche di molti altri Paesi democratici”.
Per giustificarsi, il partito al potere “Sogno georgiano” fa riferimento alla legislazione statunitense degli anni ’30, e cioè il Foreign Agent Registration Act (FARA). Bisogna osservare però che ci sono importanti differenze tra il FARA e la bozza georgiana, in base alla approfondita analisi condotta dall’International Center for Not-for-Profit Law (ICNL). (Si veda il loro rapporto). In passato, l’ICNL aveva anche effettuato un’analisi comparativa del FARA e della legge russa sugli agenti stranieri, mettendo in evidenza molte delle stesse differenze e preoccupazioni che ora nutre nei confronti della bozza georgiana. Fortunatamente le proteste popolari hanno indotto il governo georgiano a ritirare la proposta di legge.
Ma cos’è accaduto i Russia?
Quando, nel 2012, è stata adottata la prima legge sugli agenti stranieri, solo le organizzazioni registrate in Russia potevano essere definite “agenti stranieri”. I successivi emendamenti hanno gradualmente esteso l’applicazione dalle organizzazioni registrate, ai media, alle associazioni senza personalità giuridica e ad altre categorie di individui (compresi blogger e giornalisti). Una persona può essere dichiarata “agente straniero” anche solo per aver condiviso pubblicazioni di media iscritti al registro.
Le modifiche introdotte dal 2020 prevedono la reclusione fino a 5 anni per gli “agenti stranieri” che non dichiarino correttamente le loro attività alle autorità. Anche i giornalisti che raccolgono informazioni relative alla “sicurezza nazionale” possono essere dichiarati “agenti stranieri”.
Nel 2021, nel suo rapporto, la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa ha raccomandato alla Federazione Russa di rivedere completamente i testi di legge riguardanti gli agenti stranieri dalla loro introduzione nel 2012.
La nuova legge è stata adottata nel 2022 (è entrata in vigore a dicembre). Essa definisce “agente straniero” qualsiasi persona fisica o giuridica che riceva sostegno finanziario dall’estero o sia sotto “influenza straniera”. All’articolo 2, paragrafo 1, l'”influenza straniera” è definita come “la fornitura di sostegno da fonte straniera a una persona o l’influenza su tale persona, anche attraverso la coercizione, la persuasione o altri mezzi” (!).
Nel giugno 2022, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha dato ragione alle ONG che avevano accusato la Russia in base alla legge sulle ONG. La Russia però sta usando il suo ritiro dal Consiglio d’Europa – nel marzo 2022 – come giustificazione per non voler prendere in considerazione la sentenza della CEDU sul caso. In realtà, da oltre un decennio le autorità russe utilizzano le leggi sugli “agenti stranieri” per diffamare e punire le voci indipendenti. La differenza più evidente con la legislazione americana è la “raison d’etre” delle versioni georgiana e russa. “L’intento e il contesto di queste due leggi è sicuramente totalmente diverso”, ha commentato Ted Jonas, avvocato d’impresa con sede a Tbilisi e critico del governo dei sogni georgiano.
Pur essendo di fatto un critico del FARA, Jonas sottolinea che la legge statunitense è nata originariamente in risposta alle minacce alla sicurezza nazionale derivanti dalle influenze naziste e sovietiche, e che la legislazione è stata raramente invocata prima della presidenza di Donald Trump. Quindi, facendo riferimento al FARA, dice, “il sogno georgiano dice che le ONG finanziate dall’Occidente sono la stessa minaccia per la Georgia che gli agenti nazisti e sovietici erano per gli Stati Uniti nel 1938”.
“Nemici del popolo”, “agente straniero”… tutto sommato Putin, proprio come Stalin, è più preoccupato dei “nemici interni” che di quelli “esterni”. L’immagine di un nemico esterno incarnato dall’Occidente, dagli Stati Uniti e dalla diabolica NATO ha sempre fatto parte esclusivamente della propaganda russa. Dopotutto, se analizziamo non le parole ma le azioni della leadership russa, diventa ovvio che non è la paura dell’espansione della NATO la ragione della politica aggressiva nel suo complesso e dell’invasione su larga scala dell’Ucraina in particolare. Dobbiamo riconoscere il fatto che prima dell’invasione l’adesione alla NATO era un’aspirazione che l’Ucraina non avrebbe mai potuto realizzare, oggi è solo una questione di tempo. Due Paesi neutrali, Svezia e Finlandia, hanno presentato domanda di adesione e, secondo Stoltenberg, saranno ammessi entro l’autunno del 2023. Uno dei due – la Finlandia, tra l’altro – ha un confine con la Federazione Russa più esteso di quello dell’Ucraina (!).
Ciò che sarebbe molto più logico supporre è che la NATO potrebbe essere così costretta ad ostacolare i piani russi per occupare altri territori e continuare a condurre la sua politica aggressiva. E sicuramente non c’è niente di più utile per mobilitare la popolazione intorno all'”ideologia di partito” e al governo, che far credere ad una minaccia esterna, soprattutto per distrarre l’opinione pubblica dai gravissimi problemi economici e sociali del Paese.
Per la società occidentale tuttavia, fin dall’epoca sovietica, i russi sembrano possedere un’incredibile forza e potenza “demoniaca”. Una visione molto diffusa fino a poco tempo fa, considerava l’esercito russo come il “secondo esercito del mondo”. Possiamo immaginare che anche Putin credesse in questa finzione, visto che i dittatori tendono a circondarsi di “yes-men”. Probabilmente quindi, ciò che Putin e i suoi generali si aspettavano era una passeggiata, che si è invece trasformata in un pantano, mostrando forze armate russe mal guidate e inefficaci. Tutti hanno visto fucili d’assalto arrugginiti, cassette di pronto soccorso scadute, razioni alimentari secche e nessuna protezione dinamica sui carri armati. Così è diventato abbastanza chiaro che l’esercito russo è solo un “libretto pubblicitario”, il cui unico attributo da riconoscere è la quantità. Ancora oggi, molte autorevoli commentatori occidentali continuano a pubblicare “storie dell’orrore” su come il grande esercito russo stia subendo perdite terribili e, e nel complesso tutti i piani per una controffensiva siano stati finora vanificati (vedi ad esempio, un recente articolo del “Washington Post”).
Naturalmente, non ho la presunzione di analizzare la situazione militare, ma anche per un dilettante come me, è palese che, mentre i comandanti militari ucraini sono presenti personalmente sul campo di battaglia (consentendo loro di prendere decisioni basate sulla situazione reale), l’esercito russo è condotto da Mosca, e quindi è “peggio visibile”. Il risultato è stato una battaglia lunga quasi un anno per conquistare il piccolo villaggio di Bakhmut. E preferisco credere che il rapporto delle perdite militari sia a favore dell’Ucraina. Vediamo però che l’Occidente passa periodicamente dalle preoccupazioni per i possibili problemi ucraini alla paura che “se l’Ucraina vincesse, sarebbe un disastro!”. Ciò è ragionevolmente causato dalla forte preoccupazione per le minacce nucleari russe.
Le recenti sciabolate nucleari di Putin, unite al ritiro della Russia dal New START all’inizio del 2023, hanno riacceso il fuoco dei timori occidentali sulle minacce nucleari. Tuttavia, anche su questo tema dovremmo rimanere ragionevoli e non emotivi.
Nel febbraio 2023, Cynthia Roberts, docente all’Hunter College di New York e grande esperta di sicurezza internazionale, ha moderato una tavola rotonda, organizzata dal Saltzman Institute for War and Peace Studies della Columbia University, che ha analizzato il mutevole panorama delle armi di distruzione di massa. Ha citato la revisione della ‘postura nucleare’ dell’amministrazione Biden, avvertendo che gli Stati Uniti stanno entrando in un’ “era senza precedenti” in cui si trovano ad affrontare due “potenziali avversari” – Russia e Cina – diversamente dalla Guerra Fredda, durante la quale Washington doveva affrontare solo l’Unione Sovietica.
I partecipanti hanno discusso a lungo dei rischi potenziali e delle possibili risposte. Uno di loro, Etel Solingen, politologo dell’Università della California, Irvine, ha affermato che “non possiamo permetterci il lusso di non fare nulla di fronte a un’aggressione. Non fare nulla a volte equivale ad aumentare il rischio di catastrofe. Questa è la lezione del 2014”. Solingen si riferiva alla tiepida risposta degli Stati Uniti e dell’Unione Europea alla conquista armata della penisola di Crimea da parte della Russia nel 2014 e ai separatisti sostenuti dal Cremlino nella regione orientale ucraina del Donbas, invasi poco dopo l’occupazione della Crimea. “È stata la percezione di Putin dell’inazione [occidentale] [nel 2014]… che potrebbe aver portato all’attacco [della Russia all’Ucraina nel] 2022”, ha detto Solingen.
Gli esperti di diritto penale sanno che non è l’inasprimento delle pene che porta a una diminuzione dei reati, ma la garanzia della loro inevitabilità. Non è necessario rendere la legislazione penale più severa, è necessario assicurare il colpevole alla giustizia.
Ma dovremmo minimizzare i rischi… Dovremmo e soprattutto potremmo??
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