Fra pochi giorni sarà il 25 Aprile, celebrato e festeggiato come l’anniversario della Liberazione dell’Italia, una festa nazionale della nostra Repubblica Italiana, che si celebra in questo giorno per ricordare e commemorare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, quindi la fine dell’occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista.
Per tutti noi italiani è una data fondamentale, ovvero per la nostra storia è il giorno in cui si ricorda quel lungo periodo dall’8 settembre 1943, data della firma dell’armistizio con gli alleati, ma inizio di un periodo lunghissimo, buio e doloroso della nostra storia, vissuto dai nostri nonni, madri e padri, sotto l’incubo degli ultimi sussulti del regime nazifascista.
Il 25 Aprile va vissuto come data emblematica della Resistenza, cioè della lotta condotta dai partigiani, e non dimentichiamo da oltre trentacinquemila donne partigiane, fino al 2 maggio che con la resa di Caserta, firmata il 29 aprile 1945, sancì veramente la fine delle ostilità. Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi il 22 aprile 1946 venne emanato un decreto legislativo che fissava tale data come festa nazionale, anche se solo nel 1949 sarà in maniera definitiva decisa come giorno festivo con la festa nazionale italiana del 2 giugno.
Quei due anni circa, dal 1943 al 1945, furono anni di battaglie in tutta Italia, soprattutto nel nord e centro, nel mentre le truppe alleate risalivano lentamente la penisola, con tante difficoltà e tragedie, si ricordi Cassino e non solo. Altre tragedie colpirono la popolazione inerme e lasciata a se stessa, con il re e l’alto comando fuggiti al sud, dalla razzia nel quartiere ebraico del 16 ottobre 1943 con deportazione nei campi di concentramento all’eccidio delle Fosse Ardeatine del marzo 1944, passando per il bombardamento di Roma nel luglio 1943, la strage di Marzabotto…e tanto altro ancora. Sin da subito, dopo l’8 settembre, spontaneamente si crearono gruppi di donne e uomini, brigate di estrazione socialista, cattolica, che presero le armi, quelle che trovarono e salirono sui monti, sui colli, dovunque per combattere contro l’invasore nazista e i repubblichini di Salò, per tagliare linee di rifornimento, impedire per quanto possibile la risalita verso il nord dei nazifascisti e combattere per liberare l’Italia.
Il 25 aprile 1945 va anche ricordato perché il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – con sede a Milano e vedeva tra i principali esponenti il nostro grande, indimenticato Presidente della Repubblica Sandro Pertini comandò tramite un comunicato radio una ribellione generale, una insurrezione, lo sciopero generale su tutto il territorio italiano per liberarlo dalle truppe tedesche e dai presidi fascisti: «Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.».
In effetti Bologna era libera dal 21 aprile, Genova dal 23 e Venezia il 28 aprile, ma Milano restava un caso a sé, era il simbolo dell’occupazione, essendo la sede del comando nazifascista e la sua caduta rappresentava la sconfitta di quel potere, la fine dell’occupazione, conclusa poi nel sangue e nel dolore di migliaia di cittadini inermi.
E allora ricordiamo un uomo, un partigiano, un medico: “U Megu”, «il medico», in genovese, che era il nome di battaglia di Felice Cascione, nato a Porto Maurizio (oggi provincia di Imperia) nel 1918 e morto in uno scontro con i fascisti sulle montagne del cuneese nel 1944. Quest’ uomo scrisse pochi giorni prima di essere ucciso una canzone, ovvero “Fischia il vento”, un simbolo della lotta e di forza e ardimento per tutte le formazioni partigiane in lotta, sull’armonia musicale di un canto popolare russo “Katiuscia”, una canzone dell’esercito sovietico scritta nel 1938 dal poeta Michail Isakowski e trasmessa agli altri dai nostri reduci dopo la campagna di Russia. Si diffuse subito, dalla alta Valle di Albenga, dove era accampata la brigata partigiana comandata dal giovane medico ligure Felice Cascione in tutto il centro Italia, in quanto, per darsi coraggio si cantavano vecchi canti socialisti e comunisti, come l’Internazionale o Bandiera rossa. Questo canto va considerato il vero canto della Resistenza, come la canzone più nota e più importante nella lotta italiana di Liberazione. Verrà poi interpretata da tanti cantanti, come Milva, I Gufi, Duo di Piadena, Maria Carta, Modena City Ramblers.
L’altra, la splendida “Bella ciao” da varie testimonianze non fu mai cantata dai partigiani, ma avrà il suo successo e conoscenza nel dopoguerra, nei cortei, nelle lotte operaie e studentesche della fine degli anni 60 in poi. In effetti include, più che la disperazione della guerra come nel testo di Cascione, vari aspetti della Resistenza stessa e non solo, come la guerra civile contro sì il fascismo e il tedesco invasore, ma in effetti contro tutti gli invasori, oltre anche aspetti di lotta di classe rivolta all’emancipazione sociale, accompagnata da un motivo obiettivamente più allegro, più orecchiabile e ritmata dal battito delle mani. Inoltre è un testo più trasversale, meno “politico” (un canto assolutamente comunista, con una musica che riportava direttamente all’Unione Sovietica) anche per unire i vari aspetti dell’antifascismo, cattolici, libertari, anarchici che avevano lottato contro il nazifascismo, così diversi tra loro negli ideali eppure uniti nella lotta comune per la libertà.
E allora cantiamo, col pensiero rivolto a tutte le guerre di liberazione che ancora purtroppo insanguinano oggi il nostro mondo:
«Fischia il vento e infuria la bufera,
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell’avvenir.
A conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell’avvenir.
Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle,
forte il cuor e il braccio nel colpir.
Nella notte lo guidano le stelle
forte il cuore e il braccio nel colpir.
Se ci coglie la crudele morte,
dura vendetta verrà dal partigian;
ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile e traditor.
Ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile traditor.
Cessa il vento, calma è la bufera,
torna a casa il fiero partigian,
sventolando la rossa sua bandiera;
vittoriosi, al fin liberi siam!
Sventolando la rossa sua bandiera,
vittoriosi al fin liberi siam!»
Foto di apertura: Formazione partigiana in movimento durante la Resistenza – Foto pubblico dominio da wikipedia.org